You 4 (seconda parte) – Recensione – Giocando col genere horror

You 4 (seconda parte) – Recensione

E siamo giunti alla seconda parte della quarta stagione di You. Abbiamo atteso e nel mentre sofferto angosciosamente. Che ne sarà del nostro piccolo detective, del nostro Poirot americano? Bene, tanto vale mettersi comodi e scoprirlo, dopo aver riletto la recensione alla prima parte, scritta sempre dalla mia nobile persona.

C’è un interrogativo cui proprio non riesco a dare risposta: perché io in primis continuo a guardare You nonostante abbia una sceneggiatura raccapricciante? Al di là dei momenti in cui Joe fa qualcosa, tipo uccidere o stalkerare, nel resto del tempo le persone parlano, dialogano tra di loro e spesso quello che dicono mi fa salire o l’insulina o la pressione. E allora perché continuare? Perché questa serie ha in sé degli elementi che funzionano.

Prendiamo questa stagione. Se la prima parte seguiva e capovolgeva la struttura del giallo, questa seconda parte mescola più generi. Troviamo il thriller, un filone drammatico e uno romantico, con altrettante linee narrative. Il gabbiano Jonathan, alla disperata ricerca di una nuova vita, deve fare i conti col suo passato (quindi con Joe) e con una detective molto più abile di lui. La sua allieva, molto più arguta e intelligente di lui e di ogni singolo personaggio di questa serie. A questi elementi si unisce un assassino che ricatta il nostro stalker e perfino un nemico del nemico che potrebbe (oppure no) rivelarsi un amico. Guarda caso si tratta del padre di Kate (una splendida Charlotte Ritchie).

Il tutto mescolato, appunto, in una parmigiana, che puoi trovare surgelata al reparto frigo del tuo supermercato di fiducia. Ha un aspetto terribile, eppure non riesci a smettere di mangiarla. E, quasi quasi, uscendo se la ritrovassi allo stesso prezzo e nella stessa confezione, la potresti benissimo ricomprare, perché hai l’immancabile certezza che la finirai e che ne vorrai ancora.

You 4 – Dottor Jekyll e Mr. Hyde

Eppure, cosa accadrebbe se ci sbagliassimo? Se queste linee narrative, se questi generi, fossero più difficili del previsto da districare? Se Joe, stavolta, ce l’avesse fatta e ci avesse ingannati bene bene? Se, come suggerirebbe la celebre opera di Robert Luis Stevenson che si intravede in un’inquadratura del settimo episodio, in realtà Joe fosse un dottor Jekyll che non è ancora riuscito a liberarsi di Mr. Hyde, ingannando noi tutti e perfino se stesso? La cosa si farebbe decisamente interessante in questo caso. E che dire di questa strana inquadratura della casa di Jonathan, che ricorda in maniera alquanto sospetta la casa de L’esorcista, quello splendido film di William Friedkin del ’73? Un modo per dirci che, forse, dovremmo aprire gli occhi?

Questa seconda parte, oltre a giocare con il genere horror, tira in ballo molte questioni interessanti che vengono svelate solo alla fine (almeno in parte). Per tutta la durata della serie siamo vittime di un imbroglio, perché vediamo tutto dal punto di vista di Joe, attraverso la sua lente distorta. Ci fidiamo di lui al punto da non vedere le crepe della sua maschera. Per esempio, quel veloce cenno all’erotomania, un “disturbo delirante in cui il paziente ha la convinzione infondata e ossessiva che un’altra persona provi sentimenti amorosi nei suoi confronti” (cit. Wikipedia), che viene fatto proprio all’inizio di questa seconda parte, nel sesto episodio. Disturbo, tra l’altro, legato alla schizofrenia che si vede ben rappresentata in Joker di Todd Philips. Guarda caso. Ma meglio non dire altro, perché rischio di rovinarvi la sorpresa.

Con lo stile proprio delle soap opere, la serie mette in mezzo molte idee che riescono ad attirare lo spettatore, a spingerlo ad andare avanti, episodio dopo episodio, e a chiedersi se non sarà nuovamente vittima di un trucco, di una trappola tesa da quel mandrillone di Joe Goldberg. Sono armi potenti se ben sfruttate e credo che, seppur con i suoi difetti, la produzione sia riuscita a farlo al meglio. Ora non ci resta che attendere la quinta stagione, sempre su Netflix, che pare sarà l’ultima. E ammetto di non vedere l’ora.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...