Black Mirror – Approfondimento Stagione 3 Episodio 3 – Shut up and Dance

E veniamo all’analisi di uno degli episodi di Black Mirror che più mi ha colpito in termini di capacità narrativa.

Black Mirror, come diverse volte ho affermato, per me ha dietro un lavoro eccezionale di regia e sceneggiatura. Questo vale per tutti gli episodi, anche se con risultati di diverso livello, ma per Shut up and Dance era essenziale una narrazione perfetta per ottenere la sgradevole sorpresa finale e direi che la cosa è riuscita molto bene.

Questa è una di quelle puntate che a rivederla non dà la stessa sensazione che dà la prima volta. E, come per White Bear, anche qui lo spettatore alla fine è portato a chiedersi: ma per chi ho fatto il tifo fino ad ora, per la persona sbagliata? Cos’ho provato fino ad ora, tutte emozioni al contrario?

Ed è proprio questo l’aspetto impagabile di una prima visione e delle impressioni a caldo. Il motivo per cui gli spoilers a volte possono rovinare TUTTO. A sapere prima il finale di questo episodio di Black Mirror, tutto ciò che succede dall’inizio alla fine farebbe fare spallucce.

Per ricordarvi brevemente l’episodio: Kenny scarica un programma che apparentemente è un antivirus, ma che si rivela essere il sistema di uno sconosciuto per hackerare il suo laptop ed attivare la telecamera. Lo sconosciuto riprende Kenny mentre si masturba e subito dopo inizia a ricattarlo intimandogli di fare ciò che dice o il video farà il giro di tutti i suoi contatti. Kenny passerà la giornata successiva a correre a perdifiato da una commissione all’altra in un’escalation di compiti sempre più pericolosi, fino ad arrivare ad una lotta all’ultimo sangue con un’altra persona anch’essa ricattata dallo stesso hacker.

E la cosa spettacolare di questo episodio è che per tutto il tempo ci si chiede perché questo ragazzo reputi più importante che un suo video dove si masturba non trapeli e preferisca rischiare di essere arrestato mentre fa una rapina in banca, piuttosto. Nel corso dell’episodio ad un certo punto gridi al ragazzo che non si può arrivare a quel punto per il timore che un video del genere venga visto. Insomma, la colpa è di chi ti ha ripreso, non tua, quello che hai fatto non è nulla di sbagliato, sei innocente…

Ma no, c’è un motivo per cui rapinare una banca è meglio, rispetto alla possibilità che quel video faccia il giro delle persone che Kenny conosce. Perché Kenny guardava foto di bambini mentre faceva quello che faceva. E se vogliamo non è poi così originale questa spiegazione finale, eppure dopo ciò che succede arriva a mettere tutto al suo posto. Tutto ciò che prima non tornava, alla fine torna.


Alla prima visione di questo episodio di Black Mirror, subito all’inizio, ho avuto una sgradevolissima impressione quando Kenny ha restituito il giocattolo alla bambina; come se quella scena fosse sbagliata. Ma la bravura dell’attore ha mascherato bene il motivo, tanto che per tutto il resto dell’episodio io ho scordato la brutta sensazione provata, l’ho scordata completamente.

Questa per me è anche bravura in racconto e montaggio. Kenny guarda la bambina, ma tu pensi che stia guardando solo il giocattolo dimenticato sul tavolo. Quando lo prende e lo restituisce non ti torna tanto quella sua affabilità nei confronti di una bambina. Lui è un ragazzo per tutto il resto del tempo molto introverso, è giovane e ha pure una sorellina a casa, quindi non dovrebbe avere in grande simpatia i bambini. Così lo spettatore ci casca e lascia correre. Il grande sorriso con cui Kenny si rivolge alla bambina passa sotto al naso. Ma la verità è proprio lì, te la dicono fin dall’inizio; non ci fai tanto caso, però, non è mica così strano e impossibile che Kenny sia gentile con una bimba.

Ma io la sensazione sgradevole l’ho avuta, cavoli. Perciò bravi, bravissimi. Adoro questo modo di raccontare così subdolo. Per me è il massimo dell’intrattenimento. Ci può essere abilità anche negli “spiegoni”, nelle grandi rivelazioni finali raccontate per filo e per segno, ma quando ci sono solo accenni, brevi momenti che devi cogliere, sensazioni che provi e poi scordi… Quello non ha paragoni.


Alla prima visione della puntata mi sono ritrovata subito dalla parte di Kenny e neanche per un istante mi è passato per la mente che potesse essere in torto. Erano stati bravi a farmi credere al ragazzo giovane che teme l’imbarazzo che può derivare da un video del genere che viene visto da tutte le persone che conosce, dai colleghi di lavoro, dagli amici. Mi è venuta perfino rabbia nei suoi confronti, perché cedeva così facilmente al ricatto squallido di una persona che giocava proprio sul suo imbarazzo per fargli fare ciò che voleva. Ribellati, Kenny, non hai fatto nulla di male, sono le persone dall’altra parte dello schermo ad essere nel torto, non tu.

Viene spontaneo pensarlo in quest’epoca patetica dove si sente che foto e video compromettenti vengono usati come vendetta quando si viene lasciati; ragazze che si tolgono la vita perché trapela un video in cui facevano sesso, che si prendono sulle spalle la colpa del reato commesso da un’altra persona. Perché il mondo fa schifo, è tutto al contrario, e la ragazza che viene ripresa mentre fa sesso deve vergognarsi, non lo schifoso che per vendicarsi non custodisce il segreto come un essere umano decente farebbe.

È stato facile farmi parteggiare subito per Kenny; non ho avuto difficoltà a bermi la genuinità del suo imbarazzo così grande da preferire una rapina in banca piuttosto che la diffusione del video.


L’averlo poi messo a paragone con l’adulto che, dal canto suo, lottava perché la moglie non venisse a sapere dei suoi incontri in albergo con amanti a pagamento è stato geniale. Perché anche lì si ha la sensazione che ciò che ha fatto Kenny sia infinitamente meno grave, perfino l’adulto stesso glielo dice, eppure Kenny si dispera.

E ci si casca, perché è possibile. È possibile provare quel grado di imbarazzo, è possibile cascare in un ricatto terribile pur di non essere sottoposti a QUEL tipo di imbarazzo. La società ci ha indottrinati bene, fin da piccoli ci inculca cos’è giusto e cosa è sbagliato e cavoli se la masturbazione è tutt’oggi in pole position tra le cose che ti fanno finire dritto all’inferno.

Ed è ciò su cui gioca questa puntata di Black Mirror. Ci caschi e stai dalla parte di Kenny, perché ti fa infuriare quello che gli sta succedendo. E quando alla fine ti rivelano chi è Kenny davvero, ti senti pure in colpa per tutta la simpatia che hai provato per lui. Così è stato per me, almeno. E anche dirsi che tra intenzione e azione c’è una bella differenza non serve a molto, perché Kenny il contatto coi bambini già lo cerca, te l’hanno fatto vedere all’inizio; quindi non gli dai il beneficio del dubbio, non ci riesci.

Ancora più geniale è la rivelazione finale che chi ha architettato tutto non aveva alcuna intenzione di lasciare andare impuniti tutti i colpevoli. Ognuno dei ricattati viene esposto anche se ha fatto tutto ciò che gli è stato chiesto di fare e a nulla servono gli sforzi perché i segreti rimangano nascosti. Non solo, le persone dietro al ricatto si sono assicurate che i due più pericolosi, Kenny e l’altro uomo che si autodenuncia come pedofilo, finissero nella peggiore delle situazioni. Li fanno combattere all’ultimo sangue e questo comporta che uno dei due perde la vita, mentre l’altro di certo finirà in prigione per omicidio.


Nel rivedere questa puntata una seconda volta mi sono accorta che il terrore di Kenny destava il mio profondo disgusto; era più terrore di essere scoperto che terrore di essere messo di fronte a ciò che lui è veramente. Nel secondo caso avrebbe colto l’occasione del ricatto per cercare aiuto per smettere di fare ciò che faceva, ammesso che esista la possibilità di essere aiutati, mentre accettare di fare qualunque cosa pur di mantenere il segreto non lo mette sotto una buona luce.

C’è da dire che qui il giudizio è piuttosto spietato perché siamo di fronte ad una tipologia di persona che si condanna senza appello e che, se fosse possibile, in tanti vorrebbero poter fermare prima che possa fare danni seri a bambini veri. Kenny qui guarda solo foto, è vero, ma è un potenziale distruttore di vite come ce ne sono pochi altri al mondo e quando ti rendi conto di quello diventa difficile provare simpatia per le sue lacrime, per il suo farsi la pipì addosso al colmo della paura, e perfino per il suo tentativo di suicidio finale.

Quelli che all’inizio apparivano come hacker criminali senza scrupoli, diventano quasi degli eroi che con il loro operato tengono lontani dalla società individui pericolosi.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.