Assassinio sul Nilo (2022) – Recensione – Kenneth Branagh

Assassinio sul Nilo – Recensione

Assassinio sul Nilo, diciamolo chiaro e tondo, è meno bello dell’Assassinio sull’Oriente Express, ma è comunque un film godibilissimo, nonostante i suoi limiti. Che bel modo di iniziare una recensione, non trovate?

Specie perché dietro questo cast stellare e questa regia a tratti “epicizzante”, vi sono due mostri che hanno ben compreso le regole del mercato e che sanno come riempire la sala del cinema. Si sta parlando di un mostro dalle fattezze spaventose, che tutto compera e di tutto si appropria, e di un mostro del cinema, mortale, ma uno dei pochissimi della sua florida generazione di registi statunitensi ad aver compreso cosa voglia il pubblico odierno: le due ampie perifrasi si riferivano alla Disney e a Ridley Scott.

E in una velocissima parentesi – poi torno alla mia imperfetta recensione – Ridley Scott è ancora in grado di trainare persone al cinema. Forse col suo House of Gucci non è andato agli Oscar (e le ragioni sono innumerevoli), ma Steven Spielberg, con West Side Story, seppur sia stato felicemente condotto in trionfo tra i candidati e, chissà, forse porterà un paio di statuette a casa, non solo non ha spinto gente ad andare al cinema, ma ha fatto un remake solo formale, senza attualizzare davvero un’opera che avrebbe ancora qualcosa da dirci. Ridley Scott risulta assai più intelligente nel comprendere cosa davvero voglia il pubblico di oggi. E, infatti, le sale di Assassinio sul Nilo sono piene. Sulla Disney niente da dire. Sta colonizzando il mercato e figuriamoci se non ha mancato di notare le opportunità di guadagno legate a questo franchising.

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Al di là di questo aspetto prettamente economico, il film è meno bello del primo: regia meno brillante, perché stavolta c’era una grande varietà di luoghi, nonostante sia veramente interessante l’intro del film, sulla scia di Orizzonti di gloria, con un bel piano sequenza attraverso le trincee, realizzato in soggettiva. Ma al di là di questo aspetto, Kenneth Branagh ha fatto di meglio nel suo primo capitolo, sebbene le scene girate in Egitto, con il lusso esagerato dei personaggi in contrasto con la povertà dilagante degli abitanti del Nilo, siano davvero interessanti.

A questo si aggiunge qualche problemino nel cast. Da un punto di vista recitativo, uno dei personaggi più importanti – ma non specificherò chi – rivela quasi subito chi potrebbe essere la mente dietro gli omicidi. Il che non è il massimo in un giallo, sebbene ben scandito nei ritmi come questo. A questo si aggiunge qualche problema anagrafico: il personaggio di Gal Gadot (che ha 36 anni) e dovrebbe essere coetaneo a Emma Mackey (che ha 26 anni). La differenza non solo si nota, ma fa un attimo ridere.

Una delle prime scene del film

A questi difetti, accostiamo i pregi: un Poirot melanconico, meglio analizzato che nel presente, quasi messo in ombra dalle vicende; una bella attualizzazione della storia di Agatha Christie, nella quale non erano presenti alcuni elementi di novità, che oggigiorno è importante inserire, perché possa trovare rappresentazione sul grande schermo ogni diversità o, meglio, unicità. A questo si aggiunge Gal Gadot che recita il celebre monologo shakespeariano dell’Antonio e Cleopatra, mentre è in intima compagnia.

Insomma, vale la pena spendere 10 euro di biglietto per andare a vedere questo film di Kennet Branagh al cinema, tratto da Agatha Christie, prodotto da Ridley Scott e la Disney? Vale sempre la pena, specie in questo caso. Il cinema è sempre un’ottima ragione per consumare una bella banconota da 10 euro. Ne perdete in denaro, ne guadagnate in salute.

Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...