Chernobyl – Recensione – HBO

Chernobyl – Recensione – HBO

Per fare una recensione della serie Chernobyl è necessario prima dire che sono passati trentacinque anni. Da quell’aprile del 1986 sono passati ben trentacinque anni. Io ero piccola, ma ricordo perfettamente di aver provato paura e di aver sentito, seppure protetta dal mio essere bambina e dal calore della mia famiglia, che qualcosa là fuori non andava e che non sarebbe più stato tutto come prima.

Dopo la catastrofe di Chernobyl ci hanno detto di non bere il latte, di non mangiare verdure, di non stare sotto alla pioggia. E quelle erano solo minime misure di sicurezza. Chi ha vissuto quel periodo ed era più grande di me vi dirà che la netta separazione tra prima e dopo è stata chiara fin da subito, vi dirà che Chernobyl ha cambiato cose che non cambiavano da anni e che dopo quello è stato tutto un crescendo di cambiamenti. E questo nonostante a quei tempi si sapesse poco e nulla di ciò che era successo alla centrale. Il disastro immenso è stato minimizzato a livelli ridicoli, la quantità impressionante di persone che hanno perso la vita ridotta ad una trentina eppure, anche con la mancanza d’informazione dell’epoca, anche nell’oscurità e nell’insabbiamento di informazioni vitali, si era capito perfettamente di aver sfiorato l’apocalisse.

La serie della HBO, Chernobyl, è stata in parte una rivelazione per me.

L’ho rivista ormai cinque volte e non mi capacito di quanto poco sapevo, a tutt’oggi, di ciò che era accaduto in quegli anni e di quanti rischi di catastrofe nucleare totale sono stati evitati o contenuti da allora. Perché Chernobyl non è qualcosa di chiuso e archiviato, non è passato, non è sicuro. È solo contenuto, che è ben diverso. Amo questa serie perché è riuscita nella grande impresa di raccontare la verità inserendola in una storia che è romanzata, ovviamente, ma non in modo da renderla morbosa o esagerata.

La ricostruzione sia delle ambientazioni che dell’epoca storica è minuziosa, a livelli tali che quasi pare di assistere a riprese dal vivo. L’assenza di colonna sonora, a parte il costante rumore delle radiazioni rilevate dal contatore Geiger, dà ad ogni singola scena un senso di irreparabilità che si può sentire sulla pelle; non si combatte con un nemico del genere, non c’è vittoria, non c’è risoluzione si può solo mitigare i danni.

La serie fa rivivere (o sperimentare per la prima volta) in tutto e per tutto cosa ha significato il disastro nucleare di Chernobyl, quali limitazioni umane ha portato alla luce, quali orrori sociali e politici ha evidenziato. Ed è inoltre un occhio preciso su tutta quella parte della storia che per troppi anni è stata taciuta; Chernobyl è stato facilmente liquidato come l’errore di poche persone che quella sera hanno sbagliato e, sebbene questo sia vero, è solo la punta dell’iceberg. Sotto c’è molto molto di più.

Le catastrofi sono spesso annunciate, però accadono lo stesso. E Chernobyl per una serie di motivi era una catastrofe annunciata. La serie spiega molto bene come tutto è accaduto, cosa ha permesso ad un disastro del genere di verificarsi. Sono cinque episodi di una bellezza sconvolgente, nell’accezione più brutta e triste dell’espressione, da togliere il fiato, provocare rabbia, indignazione e terrorizzare perfino.

Ho apprezzato ogni momento, ogni dialogo, ogni personaggio. Ho apprezzato soprattutto la decisione di non spettacolarizzare nulla. La serie non punta su effetti speciali e agghiaccianti dettagli: non vedrete nulla esplodere, non vedrete morti orribili, anche se ci sono state davvero, non vedrete supereroi e la realtà non sarà mai stravolta a beneficio dello spettacolo. Poco sarà il tempo dedicato al vero e proprio incidente, in realtà tutta la serie sarà incentrata sulla ricerca di quella verità che si vuole a tutti i costi insabbiare. Vedrete gli uomini e le donne che in certi casi per totale ignoranza, in certi altri per vero coraggio, hanno dato vita o salute per contenere il disastro.

Vedrete una città intera passare da benessere e felicità a totale putiferio, nel giro di poche ore, gente buttata fuori dalle proprie case senza neanche il tempo di raccogliere i ricordi, edifici abbandonati che non sono mai più stati abitati, animali domestici lasciati da soli perché ormai radioattivi e pericolosi da tenere con sé. La tragedia, la vera storia da raccontare, è quella subito dopo l’esplosione. Quello che le persone lì attorno hanno subito all’inizio, ignare di quanto accaduto, ignare perfino di quale fosse il pericolo insito nel vivere accanto ad una centrale nucleare. Alcuni di loro non sapevano nemmeno cosa fosse l’energia nucleare tanto che la notte dell’esplosione sono usciti a guardare dal ponte il bel colore fosforescente che l’incendio alla centrale emetteva nel cielo.

La vera storia da raccontare è il sacrificio di giovani e meno giovani che sono dovuti andare nel centro del disastro, dove le radiazioni erano a livelli inimmaginabili, per cercare di evitare una catastrofe ancora più grande. A volte sacrifici inutili, come nel caso dei minatori chiamati a fare una lavoro estremamente pericoloso rivelatosi poi non necessario. La vera storia da raccontare è quella delle persone costrette a tacere ciò che sapevano, a mentire, a far finta che tutto andasse bene per mantenere una facciata di perfezione che è costata la vita a migliaia di persone non solo in quel momento, ma nel corso degli anni, a causa di malattie gravissime e deformazioni.

E accanto a tutto questo c’è anche tutta quella storia riguardante le poche persone coraggiose che hanno cercato di fare la cosa giusta, di scoprire e divulgare la verità. Una verità che comunque è emersa da pochissimo tempo.La parte che io preferisco di tutta la serie è il processo, momento in cui il Legasov interpretato da Harris mostra minuto per minuto cosa ha provocato l’esplosione. Non è mai facile essere avvincenti quando si spiegano dettagli tecnici, ma questa serie ci riesce e riesce anche ad essere piuttosto esaustiva perfino alle orecchie di chi, come me, non sa nulla di come funziona una centrale nucleare.

Consiglio eccome di guardare questa serie. Ma fatelo in un momento in cui vi sentite pronti ad immergervi fino al collo in un’atmosfera di orrore vero, non quello di film e videogiochi. Ahimè, si sentono le radiazioni sulla pelle, guardando Chernobyl, e si ha paura di andare a controllare quante sono ancora le centrali sparse in giro per il mondo. Considerando poi che Fukushima ha dimostrato quanto poco l’essere umano impara dal passato.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.