GdR – Dawn of Pripyat – Sopravvivere un’altra alba

GdR – Dawn of Pripyat – Sopravvivere un’altra alba

Il Collettivo Antracite ci porta negli anni ’90 e ci racconta una storia diversa da quella che conosciamo, un’ucronia dove i giocatori si troveranno a sopravvivere tra luoghi disabitati, inquietanti misteri e folli mutanti.

Quando ho intervistato Sergio Trenna, membro del Collettivo Antracite, non ho potuto evitare di fargli una domanda: in “Dawn of Pripyat” siamo negli anni ’90 e l’Unione Sovietica non è caduta, ma anzi ha vinto la guerra fredda grazie ad importanti scoperte scientifiche; il disastro di Chernobyl è dovuto alla caduta dell’asteroide Eridu, che ha portato sulla terra l’Eridite, una lega metallica aliena che ha cambiato il mondo che si conosceva.

Con questa premessa, nel difficile periodo storico in cui viviamo, un progetto simile può scatenare reazioni anche ostili, pertanto ho voluto subito tirar fuori la patata bollente.

L’avete fatto per provocare o è stata una sfortunata coincidenza di eventi?

Noi lavoriamo su questo gioco da circa tre anni; anche guardando la quickstart si percepisce che non era nelle nostre più lontane aspettative che avvenisse qualcosa del genere. Purtroppo è successo quel che è successo e abbiamo anche ritardato l’uscita, perché volevamo proporlo almeno 3 – 6 mesi prima, ma con il conflitto abbiamo preferito rimandare perché ci sembrava di cattivo gusto e l’ultima cosa che volevamo era qualcuno che ci dicesse “ah, avete cavalcato l’onda della guerra!”. Fortunatamente non lo ha detto nessuno e non abbiamo avuto controversie.

E con questo possiamo tranquillamente spegnere qualsiasi scintilla che questo articolo può generare, perché vale veramente la pena parlare di questo prodotto: si percepisce l’intenzione del Collettivo di presentare un gioco eccellente, che non fosse solo accattivante dal punto di vista grafico ma che soprattutto fosse coinvolgente per giocatori e master. E questo ha assolutamente pagato.

Qual è stata la risposta del pubblico in generale quando avete presentato il vostro prodotto, anche al di fuori del Kickstarter?

Abbiamo sempre avuto una risposta molto positiva e ricevuto tanti inviti per presentare il gioco, tanto che purtroppo non abbiamo potuto accettarli tutti perché questo non è il nostro effettivo mestiere e abbiamo i nostri lavori da portare avanti.

Giustamente hai fatto presente che questo non è il vostro mestiere, dunque la domanda sorge spontanea: che cosa vi ha spinto a dire “vogliamo fare questo gdr”?

Io ho cominciato più di 3 anni fa a scrivere Dawn of Pripyat, e prima di questo avevo già pubblicato un paio di giochi molto più semplici e scritto delle avventure per Coriolis e per Spire, impaginandole con un certo livello. A quel punto però sentivo che volevo fare uno step ulteriore e creare qualcosa di mio con il sistema che volevo io. E poi l’ho fatto soprattutto perché volevo giocarlo, ed è stata quella la forza trainante: se ora mi guardo indietro e vedo tutto quello che ho fatto fino a questo punto mi rendo conto che, per certi versi, è anti economico per me. L’ho fatto soprattutto per passione.

Probabilmente risultano essere parole un po’ dure, ma personalmente apprezzo molto la schiettezza di Sergio ed è un punto di vista molto importante per capire la varietà all’interno del mondo dell’editoria del gioco di ruolo. Ma ora torniamo a parlare dell’argomento dell’articolo.

Dawn of Pripyat. Cade un meteorite al cui interno vi è questa lega metallica che viene scoperta e sfruttata, creando a conti fatti una guerra d’interesse tra le varie fazioni dentro il regime in cui è ambientato il gioco. Abbiamo politici, ma anche scienziati e persino la mafia; vi è una popolazione di umani che ha subito le tremende mutazioni provocate dalle radiazioni del metallo alieno e ha deciso di combattere per impedire che venisse ulteriormente usato. Ci sono mercenari paramilitari, un’ex Ong che ora lotta per la rivoluzione e una divisione nata con l’unico scopo di distruggere i mutanti. Ma quello che personalmente mi ha colpito maggiormente è stata la presenza di una misteriosa setta religiosa, di cui però si hanno pochissime informazioni.

E’ volutamente lasciato aperto per integrare in futuro o per lasciare la possibilità a master e giocatori di “ricamarci” sopra?

Nella sezione dedicata alla Krae abbiamo inserito le informazioni inerenti alla setta: come funziona, chi sono e come si muovono. Purtroppo in un manuale di 250 pagine non puoi avere tutto, ma abbiamo chiaro tutto quello che abbiamo proposto: per esempio nell’espansione abbiamo inserito altri territori, come ad esempio la Bielorussia, ma al tempo stesso abbiamo voluto tenere un “elenco aperto” così che se ci fosse venuta qualche altre nuova idea potevamo inserirla in corso d’opera. Nel Kickstarter inoltre c’è una sezione chiamata “città e luoghi perduti” e lì stiamo spostando tutte le descrizioni e le mappe delle città che abbiamo compreso nel gdr.

Come accennato in precedenza, tra le varie fazioni abbiamo gli “Skelet”, una comunità che ha subito gli effetti dell’eridite e ora lotta per impedirle ulteriormente l’uso. Dietro la creazione di questi umani vi è l’osservazione e lo studio di quello che è successo in luoghi come Chernobyl e Pripyat, il quickstart nella sua introduzione ha un elenco di spunti da cui il Collettivo ha preso per creare questo gioco: si parla di videogiochi come Stalker, ma anche di libri, documentari e altro.

Noi eravamo partiti dall’idea di fare il gioco di ruolo del videogioco Stalker, ma ci siamo ben presto resi conto che mancava un’importante componente di background e storia, pertanto lo abbiamo preso come fonte d’ispirazione, creando un prodotto nuovo con componenti sia storiche che inventate. Per me la creazione di questo gioco è stato anche un modo per approfondire e conoscere certe tematiche di cui io non sapevo nulla, come ad esempio l’utilizzo delle maschere anti gas nelle zone radioattive: pensavo fossero per l’aria, invece ho scoperto che era per evitare di inalare la polvere che veniva sollevata. Mi ha colpito molto.

Il fascino della cultura slava, che gira anche intorno al comunismo e a Chernobyl, è una fascinazione venuta come un percorso naturale o c’era qualcosa di “costruito prima” che l’ha chiamata?

Quando ho giocato a Stalker mi è rimasto dentro qualcosa che non si è mai spento: aveva un’atmosfera unica, tanto che provai a portarla in altri titoli come Not the End. Era lì che batteva incessantemente sulla porta, e alla fine ho deciso di aprire l’uscio. A questo recentemente ho unito la curiosità e il gusto di visitare luoghi disabitati, come ad esempio la vela di Calatrava o Apice, luoghi surreali che mi affascinano e la cui atmosfera ha ispirato questo gioco. Il senso è quello del “quando non c’è più l’uomo come vanno le cose?”

Tra le varie corse nella guerra fredda c’era anche quella allo spazio; su Dawn of Pripyat è letteralmente caduto un meteorite con materiale alieno, pensate di espandervi anche a livello di viaggi nello spazio?

Onestamente non ci abbiamo pensato; abbiamo lasciato in ombra la corsa allo spazio giustificando la presenza del materiale alieno nel loro territorio con cui hanno vinto la guerra. Però potrebbe essere interessante.

Un’espansione del gioco in un futuro prossimo? Chi lo sa! Continuando a parlare dell’ambientazione del gioco, altro punto importante è chiaramente la parte inerente alle mutazioni e e agli eventi anomali, atmosferici e non.

Per quanto riguarda la parte del “sovrannaturale” in che relazione è con la storia? E’ tutto creato dal meteorite o c’è altro?

C’è una parte di sovrannaturale nei nemici: non abbiamo solo inserito i mutanti come possibili avversari, ma anche “macchie”, come quelle provocate dalla bomba di Hiroshima che sono state documentate. Noi abbiamo riutilizzato quel concetto anche per indicare che in determinati luoghi c’è qualcosa di strano, lì dove le persone avevano una loro storia oppure qualcuno e morto con un forte rancore la “macchia” formatasi può arrivare a toccare i pg; come è sempre una scelta del master. Tutto questo è stato lasciato in maniera molto velata, perché l’idea è che rimanga sempre un alone di mistero. In generale noi parliamo più di paranormale ed è appannaggio degli Skelet, questa mutazione degli umani. Si tratta di piccoli poteri come telecinesi o sensi sviluppati, con tutto quello che ne consegue perché l’utilizzo di tali poteri provoca ulteriori mutazioni.

E come sono queste mutazioni?

Sono molto labili, esteticamente possono essere a gusto del giocatore e anche i pg non Skelet sono in grado di ottenere poteri paranormali, subendo però la conseguenza della mutazioni e allontanandosi dalla loro “umanità”. Sta al giocatore riuscire a gestire questa situazione, anche perché alla terza mutazione il pg è a tutti gli effetti un mutante, si fa prendere dalla follia e perde il controllo, tanto che può arrivare a lottare contro i propri compagni.

In tutto questo c’è l’interesse del governo a questi fenomeni paranormali e il desiderio di sperimentare e conoscere sulle mutazioni, pertanto può capitare che questi essere vengano catturati e portati via. Vera e propria sopravvivenza, e a questo è stato accompagnato un sistema di gioco che ben si sposa.

Si tratta del sistema Year Zero Engine (YZE) che si basa su un pool di dadi a sei facce: si tira un numero di dadi pari al livello di abilità e al valore dell’attributo connesso all’abilità. Eventuale equipaggiamento da un Bonus, ulteriori dadi per fare la prova. L’obbiettivo è riuscire ad ottenere un sei, e ulteriori sei serviranno a migliorare la riuscita della prova.

Il sistema utilizzato è lo stesso di Coriolis, Alien e Forbidden Lands, ovviamente riadattato per le nostre esigenze. A me è sempre piaciuto Year Engine Zero e ho cercato di “cucirlo” addosso al gioco, implementando e modificando alcune caratteristiche: ad esempio nella quickstart è presente il d66 del sistema YEZ, ma ora lo abbiamo modificato mettendo un 3d6 perché non mi piaceva l’idea che un colpo poteva praticamente ucciderti ma al tempo stesso poteva non farti niente; questo nuovo sistema mette ai bordi le cose meno probabili, le migliori e le peggiori. Se ti sparano al petto ti fa male, ma non è detto che ti uccida.

Sono un nuovo giocatore che si approccia a questo gioco. E’ considerabile più al narrativo o più al lancio dei dadi? Come si bilancia?

Molto sta a come lo vuoi giocare. Diciamo che in linea generale il gioco non è da “serata a tirare dadi”: il combattimento non te lo permette, dato che dura pochi round e poi qualcuno è a terra, poi nel caso di prove di gruppo, quando si ha più del successo necessario, cerco di stimolare i giocatori a dire “ok è un ulteriore 6, cosa succede? Come può migliorare la situazione?”. Aiuta anche il sottoscritto per rinnovare e rimpolpare situazioni o personaggi già più volte esposti nelle varie occasioni di presentazione del gioco. A volte i giocatori se ne vanno da tutt’altra parte con la narrazione ed è assolutamente apprezzato.

Io sono un giocatore alle prime armi. Quanto ci mette qualcuno a spiegarmi le meccaniche di gioco?

Personalmente in fiera in un’ora e mezza spiegavo il gioco e lo facevo provare. E’ un gioco abbastanza immediato: una volta con una coppia di ragazzi abituati solo al gioco da tavolo si sono seduti per provare e una volta terminata la loro esperienza mi hanno detto “ci hai rovinato i giochi da tavola”, che mi ha fatto molto ridere e lo considero un complimento.

Quindi anche per i giocatori alle prime armi nessuna paura: il sistema, per quanto possa sembrare punitivo, si sposa bene con l’ambientazione proposta dal gioco. E’ chiaro che in un mondo come quello di “Dawn of Pripyat” si possono incontrare tematiche anche pesanti all’interno del gioco, ma per venire incontro a chi potrebbe far fatica di fronte a situazioni o argomenti, il gioco propone la X-card.

Avendo fatto diverse campagne, sia con questo gioco che con altri, mi sono reso conto che si potevano fare tante cose anche di una certa violenza, ma c’erano sempre determinati argomenti che i giocatori non se la sentivano ad affrontare; su questa esperienza ho deciso di inserire la possibilità della X-card. Quando presento il gioco chiedo sempre se ci sono argomenti delicati, e spesso si tratta di non andare troppo nel particolare di determinate cose e di rimanere più vaghi, permettendo così al giocatore di restare nella sua zona di conforto. Finché non la si menziona, l’immagine rimane vaga.

Che tipo di avventure propone il gioco? Si è sempre dentro il genere survival o si può variare in altre tematiche?

Noi abbiamo scritto due avventure che hanno questo come scopo: una è a Pripyat e l’altra a Chernobyl, tendono all’action ma una è un sabotaggio e l’altra è di scoperta. Inoltre nelle campagne di più ampio respiro siamo passati a momenti in cui bisognava recuperare documenti o fare missioni di salvataggio all’arrivare in una zona con coordinate di cui però ho pochissime informazioni e si doveva scoprire cosa succedeva. Ovviamente dipende dal master, ma noi per primi proponiamo avventure che puoi giocarti in una serata così come prendere con calma perché comunque c’è molta carne al fuoco.

Siamo alla conclusione di questo articolo, e posso dire con estrema sincerità che “Dawn of Pripyat” merita di essere provato e supportato: questa intervista, infatti, non l’ho fatta da sola, ma avevo con me i miei amici e collaboratori del canale Twitch dove cerchiamo di portare ogni sabato contenuti di GDR. Sono stati proprio i miei collaboratori a fare molte delle domande che vedete, e fin da quando gli avevo raccontato loro del gioco si erano dimostrati assolutamente interessati a conoscere Sergio e a fargli qualche domanda in più. Pertanto noi vi esortiamo a visitare la pagina del Collettivo Antracite e andare sul loro Kickstarter perché questo titolo merita assolutamente!

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Appassionata di storie in ogni loro possibile forma e appassionata nel raccontarle in ogni modo possibile, dal gioco alla scrittura. Da sempre giramondo, viene da un luogo conosciuto ma misterioso al tempo stesso, il MOLISE. La sua frase chiave? "Troppo caotica per avere una frase chiave!"