Miss Violence – Recensione – Alexandros Avranas

Una famiglia, all’apparenza normale, nasconde in realtà dei segreti non adatti ai deboli. Scopri quali sono con la recensione in 60 secondi di Miss Violence, diretto da Alexandros Avranas.

Home, sweet home

L’evento catalizzatore della storia è il suicidio di una ragazza nel giorno del suo undicesimo compleanno, durante la festa con i genitori e le sorelle in casa. Quale ragione potrà aver portato la giovane donna a gettarsi dal terrazzo, lanciando un’occhiata verso di noi in camera prima del salto? Ovviamente lascio a voi il (dis)piacere della scoperta.

Miss Violence è un trattato sulla violenza domestica, la dimostrazione che l’essere umano è in grado di subire e, soprattutto di produrre, un quantitativo inimmaginabile di malvagità. Tutto ciò celato dietro le apparenze di una normalità talmente potente da poterla riconoscere nella nostro quotidiano.

Il regista greco Alexandros Avranas dirige questo macabro viaggio all’interno dei meccanismi di questa bizzarra famiglia e, tramite una scrittura metodica e strutturata, riesce nell’intento di svelare lembo dopo lembo le contorte abitudini dei suoi membri. Tutto ciò che appare in realtà non è, tutto ciò che noi diamo per scontato, scopriamo non esserlo e forse questa è la lezione più importante che il lungometraggio vuole insegnarci.

La regia e fotografia sono asettiche, quasi ciniche. Inquadrature fisse che mostrano senza indugiare mai, quasi a volerci forzare tenendo il nostro sguardo fisso sulla scena. Composizioni che giocano con colori desaturati e pochi elementi in campo. I tratti Lanthimosiani sono palesi e si respira aria di Dogtooth da tutti i pori, ma questo non è necessariamente un difetto. Di certo Miss Violence raggiunge picchi di violenza, psicologica in primis, che il film di Lanthimos ha solo scalfito puntando ad altro, per cui la regia molto simile, se non citazionistica, risulta comunque essere funzionale al racconto di questa storia.

Artista di Schrödinger. Fotografo e Videomaker freelance, ossia disoccupato perenne tra un progetto e l'altro. Tra cinema, videogiochi e cartoni animati, cerca la gnosi spirituale per poter sopportare chi segue il mainstream più del proprio cuore. Fincher, Lynch, Noè e Lanthimos i suoi punti di riferimento, che lo guidano in un turbinio di cinico romanticismo. In 60 secondi consiglia film, riuscendo a infilare qualche tecnicismo e qualche insulto. La sua filosofia si traduce in "Non sono misantropo, è che mi disegnano così."