System Shock Remake – Recensione – PC Steam

System Shock Remake – Recensione – PC Steam

Grazie a Plaion ho potuto mettere le mani su un grandissimo titolo del passato, rieditato per le generazioni future, che ora potranno goderselo in una salsa moderna molto interessante. Ecco a voi la recensione di System Shock Remake!

Per un quasi quarantenne amante dei videogiochi, la parola System Shock causa immediatamente l’effetto pelle d’oca, perchè il gioco del 1994, per uno smanettone cui piaceva un po’ di tutto, come avventure grafiche alla Monkey Island, fps atipici alla Descent e manageriali calcistici alla Scudetto, era una sorta di droga pesante! Al diavolo i comandi che facevano cagare… di roba simile in giro non ce n’era e l’originalità bisognava premiarla.

Il gioco era ai tempi in grado di fornire ore ed ore di gameplay, con una storia molto interessante e con menù complessi che facevano sentire all’interno di un film stile Il tagliaerbe (The Lawnmower Man) di Brett Leonard… alzi la mano chi lo ricorda.

Orbene System Shock, per chi non lo conoscesse, fu il capostipite degli immersive sim, ovvero di quei giochi in prima persona che non basano tutto solo sugli scontri a fuoco. Per darvi qualche esempio più recente toccherebbe nominare i vari Deus Ex, Bioshock (suo figlioccio a dirla tutta), Prey e similari, titoli che sicuramente devono a System Shock qualcosa, chi più chi meno.

Il remake è arrivato già da un po’, ma nelle cose bisogna buttarsi bene e non si poteva fare una recensione raffazzonata. Non c’è stata, secondo me, la giusta cassa di risonanza per il ritorno di questo Duca videoludico, ma dando uno sguardo sul web per carpire i giudizi degli addetti ai lavori e della community di Steam, ho visto che la maggior parte delle persone lo ha apprezzato (vi dico subito e senza troppi fronzoli che sono concorde con loro, e ora vi spiego pure perchè).

Bisogna innanzitutto dire che i ragazzi di Nightdive Studios avevano già provato, acquistando i diritti del gioco, a rilanciarlo nel 2015, smussando quelli che erano i difetti principali del titolo (parliamo principalmente dei comandi di gioco), ma probabilmente si sono resi conto che un semplice cambio di rotta dei controlli non era quello che serviva per appassionare le nuove leve a questo iconico gioco del passato, e allora ecco arrivare un remake vero e proprio, che non stravolge nulla e mantiene intatto lo spirito di un gioco che è invecchiato benissimo.

System Shock Remake – Recensione – La trama in breve

Nel 2072, un hacker anonimo, protagonista del gioco, cerca di accedere al complesso dati primario riguardante la Cittadella, una stazione spaziale di proprietà della TriOptimum. Tuttavia, le guardie di sicurezza della TriOptimum lo scoprono e lo conducono da Edward Diego, il CEO dell’azienda, sulla stazione spaziale.

Diego promette di liberare l’hacker se riesce a eseguire un’operazione di hacking su SHODAN, un’IA che controlla la stazione, per motivi non specificati in cambio di un impianto di interfaccia neurale. Dopo aver completato l’operazione, l’hacker riceve l’impianto e viene messo in stato di criogenia.

Sei mesi dopo, quando l’hacker si sveglia, la situazione è peggiorata: SHODAN ha preso il controllo della stazione e ha massacrato o soggiogato l’equipaggio con i robot, minacciando di attaccare la Terra. L’hacker deve cercare di risolvere la situazione a bordo della stazione, spesso ricevendo informazioni da e-mail e registrazioni lasciate da personaggi già uccisi o mutati.

System Shock Remake – Recensione – Unreal Engine con una spruzzata di pixel

Il remake ha interessato in primis il comparto tecnico. Il lavoro del team di sviluppo è notevole e si lascia apprezzare per il suo mixare sapientemente elementi “moderni” con effetti di illuminazione ben fatti, bordi smussati degli oggetti, modelli dei personaggi curati, con elementi del passato, molto più pixellosi, con texture vecchia scuola che ricordano giochi di fine anni ’90, inizio anni 2000, che conferiscono al gioco il suo marchio di fabbrica. Una scelta artistica che convince sempre di più, a mano a mano che ci si addentra nel gioco.

Le atmosfere sono bipolari, con delle situazioni dove il gioco sprizza dai suoi pori retrò della simpatia, scatenando ilarità, mentre altri momenti dove si percepisce tutt’altro… si passa dall’angoscioso, al sinistro, con un alone di mistero perenne, che accompagna dall’inizio alla fine.

Il tutto ha uno stile unico e particolare che in fin dei conti ho apprezzato molto, pur con una critica specifica che mi sento di fare agli sviluppatori: perchè non avete variegato l’aspetto dei cadaveri umani disseminati nella stazione spaziale????? Sono quasi sempre uguali gli uni agli altri, come se fossero tutti la stessa persona! La cosa dopo un po’ stucca, e toglie un pizzico di immersività al gioco stesso.

Altro plauso va fatto anche alla colonna sonora, completamente modificata e modernizzata. Da un lato troviamo effetti sonori davvero ben fatti, sia per quanto riguarda i rumori e sia per quanto riguarda le voci dei nemici e degli altri personaggi. Le musiche poi sono realmente spettacolari, seppur siano totalmente state cambiate rispetto al suo capostipite e nonostante le vecchie mi piacessero, qui troviamo note da thriller e da horror, in salsa sci-fi, che aiutano a creare ulteriore atmosfera.

La trama e i dialoghi del gioco sono rimasti fedeli all’originale, e vengono raccontati attraverso un mix di registrazioni audio trovate sui cadaveri dei membri dell’equipaggio o sparsi qua e là nella stazione spaziale. Inoltre, ci sono anche i messaggi vocali di SHODAN e di altri personaggi, che sono ben recitati e trasmettono una gamma di emozioni, tra cui disperazione, orrore e occasionalmente un po’ di divertimento, che onestamente non mi sono affatto dispiaciuti.

SHODAN è il punto focale della storia, sia in termini di dialoghi e caratterizzazione, sia per il suo doppiaggio interpretato da Terri Brosius, come nell’originale. L’effetto di modulazione utilizzato per la sua voce è ancora più inquietante nel remake, contribuendo a rendere il personaggio ancora più spaventoso.

System Shock Remake – Recensione – Giocabilità ne abbiamo?

Il combat-system non è sicuramente un qualcosa di rivoluzionario, e non è quindi da considerarsi come l’arma vincente del titolo, ma il suo ruolo “secondario” fa si che l’intera produzione non ne risenta minimamente.

Le armi disponibili sono soddisfacenti da usare e capire in che modo usarle, cercando di padroneggiare anche le modalità di fuoco secondarie, e contro chi utilizzarle, gratifica notevolmente.

Ci sono poi delle sezioni dedicate alla risoluzione di puzzle ambientali, anch’esse non di certo rivoluzionarie, ma sicuramente interessanti e stimolanti, non sempre facilissime da superare (almeno a livello 2 e livello 3 di difficoltà, non ho provato a livello 1 – ndr).

E vi sono poi le “temutissime” (nel 1994 lo erano realmente) sezioni di Cyberspazio! Un vero e proprio gioco nel gioco, dove ci ritroveremo immersi in un’atmosfera stile Descent dove dovremo manovrare il nostro PG per aggirare il controllo di SHODAN sui sistemi e sbloccare nuove aree di gioco. Nel System Shock originale erano realmente da suicidio, con comandi incredibilmente macchinosi e ripetitività dilagante, mentre in questo remake sono un simpaticissimo diversivo, che spezza rispetto al gameplay principale e che si riesce ad affrontare senza troppi patemi d’animo di tipo tecnico, grazie ad una performante realizzazione della nuova mappa di comandi.

Assente quasi del tutto il tutorial. Sarete presi e sbattuti nel gioco con pochi input a spiegarvi come cimentarvi con il gioco. Se la cosa non è un problema per chi ha già giocato al suo predecessore, potrebbe spaventare i giocatori alle prime armi, quelli non ben inquadrati nel genere del gioco e quelli che amano essere dapprima guidati passo passo nell’avventura, ma se avrete un po’ di pazienza capirete che la curva di apprendimento ha una parte iniziale molto veloce e vi permetterà di destreggiarvi nel mondo di gioco in maniera chiara ed intuitiva.

Tale scelta aumenta di molto l’immersività del titolo, dando al giocatore una sensazione di solitudine che ha riportato alla mia mente le atmosfere di Dead Space.

Immutato il design dei livelli, che daranno spesso un senso di dejavù agli amanti del gioco originale. Siamo di fronte ad un vero e proprio tributo rispettoso ad un gioco che da solo ha scritto un pezzo di storia dei videogiochi.

L’assenza di indicazioni potrebbe però rivelarsi come detto, un handicap per chi si approccia al prodotto per la prima volta, in quanto spesso e volentieri mi sono ritrovato a dover girare a zonzo per un determinato livello, tornando indietro in punti già esplorati, al fine di trovare quel determinato indizio lasciato per strada che mi potesse consentire di proseguire nell’avventura. Ero sicuramente propenso a farlo perchè sapevo cosa mi aspettava, ma non so se sarebbe una cosa uguale per tutti, in quanto ci sarà sicuramente qualcuno che, non amando questo backtracking, finirà per annoiarsi e magari per droppare il gioco prima di arrivare alla fine. C’è da dire che, se ci si lascia trasportare dalla storia, questa eventualità di lasciare il gioco anticipatamente è ridotta al minimo, in quanto la trama è davvero molto interessante.

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Valerio "Raziel" Vega: Napoletano a Roma, Tecnico Ortopedico di giorno, Retrogamer compulsivo di notte. Creatore del progetto Nerdream, amante del cinema, delle serieTV, dei fumetti e di tutto ciò che è fottutissimamente NERD, sogna una vecchiaia con una dentiera solida ed il pad di un NES tra le mani. Il suo motto è “Ama il prossimo tuo come hai amato il tuo Commodore64”