Monster Boy and the Cursed Kingdom – Recensione – PS4, Xbox One, Switch

Monster Boy and the Cursed Kingdom – recensione di Pietro OnlyApples (versione testata PS4)

Esce oggi, per tutte le console dell’attuale generazione, dopo essere già stato pubblicato su PC, Monster Boy and the Cursed Kingdom, il nuovo indie di FDG Entertainment.

Il gioco sbarca in un mercato ormai bulimico di metroidvania e questo, unito alla sua natura di erede spirituale di Wonder Boy, espone il prodotto al classico rischio della folla adirata ed armata di forconi che urla allo snaturamento della formula di gioco del suo antenato ed all’inseguimento delle mode solo per piazzare qualche copia in più… Come sarà andata a finire?

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Monster Boy and the Cursed Kingdom – Il peso dell’eredità

Nato come un fan-project su Kickstarter ormai diversi anni fa, Monster Boy and the Cursed Kingdom ha vissuto, al netto anche di alcune virate della direzione artistica a causa di alcuni problemi di copyright con Sega, un processo di sviluppo lungo e travagliato, per poi presentarsi contro ogni pronostico in splendida forma all’E3 dello scorso giugno, accompagnato da un accattivante trailer in salsa anime giapponese e da un gameplay all’apparenza solido.

La risonanza della fiera losangelina, insieme al successo dell’ottimo remake di Wonder Boy III uscito nemmeno un anno prima, hanno riacceso gli animi sia degli aficionados della saga originariamente uscita su Master System e Game Gear, sia di coloro che erano attratti dalla promessa di un nuovo metroidvania colorato e particolare, in cui è possibile mutare la propria forma corporea in quella di diversi animali (con abilità uniche annesse), delineato da questo stile morbido e “mangoso” che a tratti ricorda il mitico Tombi, magari neanche troppo per caso.

Monster Boy non è l’opera prima di FDG Entertainment: lo studio si fa le ossa sul mercato mobile ormai già da qualche anno, oltre ad aver già partorito Blossom Tales, un altro buon videogioco derivativo, questa volta dalla saga di Zelda.

I ragazzi di FDG Entertainmentent sanno quindi fare bene i loro compiti a casa: Monster Boy, tra easter egg e richiami più o meno diretti all’universo narrativo del Monster World (universo in cui sia Monster Boy che Wonder Boy sono ambientati: sì lo sappiamo, comincia a diventare confusionario!), trasuda amore da ogni singolo pixel, ma è anche un’opera in cui il rispetto verso l’originale è accompagnato di pari passo da una quantità identica di novità.

Monster Boy and the Cursed Kingdom – “Se ne facessero un anime lo guarderei…”

…è ciò che un po’ tutti penseranno dopo aver guardato il fantastico filmato introduttivo che precede il menù iniziale, affidato dai ragazzi di FDG Entertainment ad uno studio di animazione giapponese, e vi sfidiamo a dire il contrario.

Potente come un treno in corsa, racchiude in un minuto e trenta tutta la filosofia del gioco e da esso è addirittura possibile intuire alcune delle sue meccaniche.

Riprende infatti lo stile di cui è pervaso il gioco stesso nella sua interezza, con questi disegni in pieno stile shonen moderno, dai bordi marcati e dai tratti morbidi e dal contrasto dei colori altissimo, che rende cartoonesca anche l’ambientazione più cupa del gioco.

Il lavoro sotto questo aspetto non può che essere definito eccellente: le animazioni degli sprite del protagonista (o meglio, di tutti gli animali protagonisti!) e dei suoi comprimari sono curatissime, così come quelle del largo pantheon di nemici che incontreremo durante la nostra avventura. Lo stesso discorso vale per i background, dalla vegetazione alle murature, passando all’acqua ed agli oggetti rompibili dello scenario, tutto animato sublimemente e dettagliato con minuzia, disegnato con coerenza reciproca.

La sensazione di stare giocando ad una specie di reinterpretazione in salsa giapponese di una qualche fiaba, che inevitabilmente prende pian piano una deriva epica-fantasy, è forte, e per quanto inizialmente straniante, sorprendentemente piacevole.

Le musiche poi ci faranno sentire subito a casa, riuscendo in qualche modo a riarrangiare nello stesso stile pomposo e pittoresco le musiche tradizionali della saga.

L’immersione è totale, e l’avanzamento tecnologico rispetto alla saga di Wonder Boy è sì un mezzo un po’ ingiusto per fare un paragone, ma bisogna anche saperlo sfruttare. Ed è proprio questo il caso.

Monster Boy and the Cursed Kingdom – Zio Nabu, raccontaci una storia

L’incipit narrativo è dei più semplici, il che va più che bene per un’avventura che si tiene sempre sui classici temi del salvare il mondo da una maledizione… Particolarmente fastidiosa: tutta l’umanità sta pian piano trasformandosi nelle più disparate razze di animali conosciute: capre, gatti, cani, conigli e chi più ne ha più ne metta, e a quanto pare il portatore di suddetta maledizione è proprio Nabu, lo zio del ragazzo dai capelli blu che andremo ad impersonare, Jin, e di Zeke, suo fratellino piccolo, che incontreremo solo quando ormai si sarà trasformato in un tenero draghetto verde.

Lo zio Nabu però, che nel frattempo continua a maledire gli esseri umani attraverso l’uso di una bacchetta magica, non si era mai comportato così prima, e sembra assuefatto da una sostanza contenuta nel barile su cui egli siede e che, per qualche arcano motivo, si libra in cielo e gli permette quindi di volare.

FDG Entertainment, vogliamo il numero del vostro spacciatore. Una volta arrivati al villaggio di Lupia, saremo quindi incaricati dal Mistigatto, consigliere personale di Re Leonidas, di indagare a fondo nella questione, spinti anche dall’affetto per il nostro zietto e la nostra voglia di salvarlo da possibili pene capitali.

E fidatevi, qui non c’è nessuno spoiler, i picchi di follia sono ben altri.

Insomma, se per quanto riguarda la trama non viene raggiunto chissà quale apice qualitativo, la narrazione scanzonata ed autoironica si sposa benissimo con la scelta di sottoporre al giocatore un intreccio narrativo poco intricato da seguire e di concentrarsi piuttosto su altri aspetti della produzione.


Monster Boy and the Cursed Kingdom – Meno “Metroid”…

Monster Boy è un metroidvania e, in quanto tale, presenta un classico mondo a zone interconnesse tra loro attraverso i classici portali di teletrasporto e delle scorciatoie utili per tornare al villaggio di Lupia o accedere a nuove zone della mappa, scorciatoie il cui utilizzo nelle fasi iniziali ci sarà impedito causa la mancanza degli upgrade necessari.

Ad esempio, una porta sbarrata per via di un generatore ormai da tempo scarico richiederà l’utilizzo di una magia elementale elettrica o magari un blocco di marmo potrà essere demolito solo grazie alle classiche bombe a forma di palla di cannone. Una struttura da metroidvania classica quindi, forse fin troppo.

Grazie al recente sviluppo di questo genere abbiamo assistito ad un innalzamento della qualità delle mappe, con titoli come Ori and the Blind Forest e soprattutto il superbo Hollow Knight abbiamo attraversato veri e propri labirinti che collegavano senza soluzione di continuità anche tre o quattro zone della mappa, con un continuo senso di stupore del giocatore come diretta conseguenza.

In Monster Boy l’interconnessione tra le mappe è invece minimale e presenta a volte veri e propri gruppi di porte che ci porteranno un po’ ovunque nel Cursed Kingdom e che nasconderanno ben poco la natura a “compartimenti stagni” delle varie zone, e rendendo l’esplorazione del mondo di gioco meno “à la Metroid” e meno cervellotica del solito. Sebbene possiamo immaginare che questa scelta sia stata effettuata anche per ottenere uno stile un po’ retro (tipo “ecco, questo è il livello dei pirati, quest’altro è la casa infestata”, ecc), ci aspettavamo forse di più da questo punto di vista, soprattutto perché sotto ogni altro aspetto il level design risulta eccellente.

Il backtracking obbligatorio è quasi assente se non nelle fasi finali del gioco, gli shop e i punti d’interesse come gli shop e gli npc si trovano tutti al villaggio di Lupia, il che rende la ri-esplorazione del mondo di gioco utile solo al farming delle monete (quasi mai necessario) ed ai completisti che vogliono trovare tutti i collezionabili.

A salvare baracca e burattini ci pensano infatti le varie forme animalesche che il ragazzo dai capelli blu potrà assumere, che sono in totale cinque: maiale, serpente, rana, leone e drago.

Era importante gestire bene questo aspetto del gioco, meccanica principale anche dei vecchi Wonder Boy (tranne il primo), ed i ragazzi di FDG Entertainment hanno resuscitato questo sistema incastonandolo alla perfezione nel’anima metroidvanica del titolo.

Gli enigmi ambientali sono progressivamente sempre più brilanti, costringendoci a pensare fuori dagli schemi e dando vita a sezioni in cui muteremo la nostra forma animalesca più volte durante la risoluzione dello stesso puzzle.

Lo stesso vale per le fasi platform: sebbene, come dicevamo, il backtracking sia quasi sempre fine a se stesso per il completamento al 100%, sarà un piacere ri-esplorare le mappe precedenti e vedere quanto più velocemente saremo in grado di percorrerle ora che avremo sbloccato, ad esempio, il triplo salto. Raggiungere luoghi che prima sembrava impossibile anche solo avvicinare demanderà comunque un livello di abilità non indifferente, richiedendo tempismo non solo nei salti, nella pressione dei tasti e nell’uccisione dei nemici ma anche nel cambio della forma animale al momento giusto.

Ogni forma ha infatti le sue abilità uniche, ad esempio la rana può usare la sua lunga lingua per premere dei bottoni altrimenti irraggiungibili, e magari la pressione di questo bottone aprirà un minuscolo buco nel terreno, attraversabile solo sotto forma di serpente, un buco che, magari, si richiuderà dopo poco tempo e che non faremo in tempo a raggiungere se non usando lo sprint della forma del leone. Gli sviluppatori sono quindi riusciti ad evitare l’obsolescenza delle varie forme animalesche: ad esempio la forma suina rimarrà comunque utile per tutta l’avventura in quanto è l’unica forma in grado di usare bombe e magie.

La qualità del platforming è indiscutibilmente alta, ma soffre anche di alcune piccole incertezze, riguardanti il design di alcune zone. A volte sarà difficile, per esempio, capire se una stanza è interclusa o se magari potremo accedere a nuove zone muovendoci verso il bordo sinistro o destro. In generale, la qualità del level design iniziale non è indicativo dell’intera produzione, aumentando di molto nelle fasi avanzate e che potrebbe tradire la percezione di un videogiocatore poco paziente.

Monster Boy and the Cursed Kingdom – …più Vania!

Ad aggiungere profondità alle meccaniche di gioco ci pensa la semplice quanto efficace natura da gdr, tramandata anch’essa dagli originali Wonder Boy II e III, una qualità spesso poco approfondita o totalmente assente nei metroidvania moderni.

Non siamo ai livelli di profondità che un vero e proprio Castlevania può offrire, chiaramente, ma il modo in cui questo sistema è stato realizzato è brillante: l’equipaggiamento ha sì delle statistiche di danno per le armi, di difesa per le armature e di velocità per gli stivali (anch’esse molto basilari, con dei pallini, da 1 a 3, ad indicarne la potenza), ma è soprattutto un modo furbo e velato di aggiungere nuove meccaniche per la risoluzione degli enigmi. Ad esempio, la spada di ghiaccio può solidificare delle cascate che ci spingerebbero altresì prepotentemente verso il basso, o gli stivali celesti, magari meno veloci, permettono a Jin di camminare sulle nuvole altrimenti immateriali.

Inoltre i vari tipi di nemici presentano debolezze e resistenze elementali alla quale prestare attenzione, che se non calcolate vi porteranno a dover colpire il nemico anche due o tre volte in più.

Studiare il sistema di respawn dei nemici, vedere la loro barra della vita calare più o meno velocemente in base all’arma utilizzata e raccogliere il loro loot è un vero piacere sebbene, ce ne rendiamo conto, sia solo un feticcio, anche perché sono assenti delle vere e proprie build personalizzabili e super-complesse nel gioco.

Sebbene ci sia anche un sistema di upgrade di armi ed armature, potenziabili trovando gemme adatte nel mondo di gioco e portandole poi dal fabbro di fiducia, ogni nemico o situazione equivale ad una specifica arma con cui destreggiarsi e la possibilità di cambiare equipaggiamento in ogni momento di permetterà di scoprire quale esso sia senza troppa frustrazione.

Il combat system, infatti, si esprime al massimo delle proprie potenzialità nelle bossfight, quando il livello di sfida si alza, che risultano ottime ma non perfette, alcune migliori di altre con anche diverse fasi, da quelle bullet hell a quelle da shooter a scorrimento, ecc.ecc.

I picchi di difficoltà arrivano infatti con gli enigmi ambientali (alcuni davvero cervellotici, e nella parte finale del gioco anche un po’ eccessivi) e con le fasi di platforming avanzate, che richiederanno un buon livello di pazienza data la loro natura alle volte trial and error.

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Il suo vero nome è Pietro, è del '94 ed è appassionato di videogiochi e di altre forme di intrattenimento, come film e libri, soprattutto a tema fantascientifico. Insomma, il classico nerd ma senza il QI sopra la media. Si nutre di mele pixellose quasi ogni giorno, che di certo non gli levano il medico di torno.