Detroit Become Human – recensione di Akemimas
Rilasciato il 26 Maggio 2018, Detroit Become Human nasce da un tech demo del 2012 pubblicata da Quantic Dream ed oggi è diventato un progetto a sé stante realizzato in esclusiva per i sistemi Playstation 4. A distanza di qualche mese dall’uscita, con la mente lucida e qualche run alle spalle siamo pronti a dare il nostro verdetto sulla nuova opera di David Cage!
Detroit Become Human – Le rivoluzione delle macchine
Anno 2038. La società ha fatto passi da gigante nel settore tecnologico fino a giungere alla creazione ed integrazione degli androidi, macchine simili agli esseri umani per quanto riguarda l’aspetto fisico e le interazioni sociali.
Essi ricoprono ruoli di vario tipo, lavorando affianco di persone disabili, svolgendo il ruolo di governanti nelle case, occupandosi di commissioni di vario genere e via dicendo.
Ciò che ovviamente nessuno può prevedere è però il livello di umanità presente in questi “dispositivi”, che nel gioco assume una nota decisiva per la linea di eventi che ci porteranno a vestire i panni di Connor, Kara e Marcus nei loro rispettivi viaggi, esteriori ed interiori, alla ricerca della comprensione di sè stessi.
Quantic Dream esplora attraverso i tre personaggi delle sfere completamente diverse dell’emotività: Connor è il più pragmatico, incline alla sua natura di androide-investigatore ed il più esitante ad uscire dalla dimensione che la fabbrica ha ideato per lui; Marcus è invece il rivoluzionario della nostra storia, colui che per primo abbatte i limiti del suo essere un androide e ricerca per sè e per coloro simili a lui una vita che sia in tutto e per tutto uguale a quella umana; infine abbiamo Kara, lo spezzone narrativo senz’altro più intimo e sentimentale, dove la ricerca delle emozioni e la loro comprensione la fa da padrona. I tre vengono alternati sapientemente durante il susseguirsi delle ore di gioco e le tre storie si intrecciano e si separano con naturalezza e senza forzature.
Tuttavia, nonostante l’ottima costruzione dei personaggi e la narrazione fluida, ho riscontrato in Detroit Become Human due problematiche rilevanti per quanto riguarda la trama: la prima, senz’altro quella più prevedibile fin dal lancio, è la tematica sulla quale l’opera s’incentra, ovvero gli androidi stessi.
Per anni abbiamo letto libri, visionato film e giocato videogiochi che avevano come tema comune proprio queste macchine-umanoidi che ricercano una propria indipendenza e per quanto Cage abbia affrontato il tutto cercando di evitare cliché e ripetizioni narrative, è inevetabile il senso di dejavù di alcuni concetti.
La seconda problematica è invece quella inerente alla campagna di Marcus, che ho trovato troppo prevedibile, troppo stereotipata e lui senz’altro un personaggio più “debole” e con minor carisma rispetto agli altri due.
Nonostante questo, l’incredibile varietà di scelte che realmente influenzano la storia e la presenza di comprimari ben studiati, ha fatto sii che Detroit Become Human fosse un titolo eccellente narrativamente, anche se privo del fascino di alcune delle opere precedentemente sviluppate dal team.
Detroit Become Human – Tra indagini ed inseguimenti
Come accennato in precedenza, Detroit Become Human si basa su un sistema di scelte molto ben implementato: non ci si limita infatti solo alle opzioni di dialogo possibili tra un personaggio e l’altro, ma hanno un forte impatto sulla narrativa anche le azioni svolte, quelle non svolte e le conseguenze di entrambe.
Un quick-time event errato in una sezione molto coincitata potrebbe portare alla morte di un personaggio, una prova non trovata durante un’investigazione comporterà la perdita di spezzoni di trama importanti per l’intreccio delle storie tra i prostagonisti e il lasciare un oggetto in un posto piuttosto che in un altro potrebbe far scoprire a qualcuno qualcosa che avremmo dovuto lasciare celato.
Insomma le opzioni di trama sbloccabili sono tante e alcune potremo visionarle solo ripetendo il capitolo o addirittura ricominciando l’intera campagna. Alla fine di ogni sessione dedicata ad un singolo personaggio è infatti possibile vedere le scelte effettuate e quante ne rimangono tra le disponibili del capitolo in questione: la voglia di scoprire cosa sarebbe successo se avessimo fatto qualcosa in modo differente diventa irrefrenabile.
Ma il gameplay non si limita a questo: ognuno dei nostri androidi ha infatti degli elementi caratteristici che contraddistinguono le loro rispettive campagne.
Kara è senz’altro la meno action fra tutti e le sua esperienza di gioco si incentra su analisi ambientali e sezioni stealth; Connor è il nostro investigatore e quindi con lui dovremo spesso e volentieri trovare prove, ricostruire i fatti e lanciarci all’inseguimento di qualcuno; Marcus è senz’altro quello più dinamico dei tre, con scalate, esplorazione di luoghi angusti e poco rassicuranti e sessioni action niente male, soprattutto grazie ad un sistema di programmazione dell’azione che ci farà vedere le conseguenze di un salto o di uno scatto.
Insomma la varietà non manca ed il giocatore trascorre le ore nel migliore dei modi, sentendo sempre il grande peso delle decisioni effettuate e al tempo stesso venendo coinvolto in situazioni al cardiopalma.
Detroit Become Human – Bello da vedere, bello da giocare
Per quanto riguardo il lato tecnico, Detroit Become Human è un titolo praticamente perfetto: la grafica è pulita, il lavoro svolto sui visi dei personaggi è qualcosa di meraviglioso da vedere e le espressioni riusciranno a farci credere di avere di fronte qualcuno di reale.
Anche le movenze sono ben realizzate, sebbene in alcuni momenti ci si ritrovi con un personaggio forse più legnoso di quanto ci saremmo aspettati. Infine, l’assenza di bug, cali di frame-rate e qualsivoglia tipo di magagna tecnica, rende il gioco godibilissimo anche per quanto riguarda il lato puramente visivo.
Il doppiaggio in italiano è stato realizzato in modo ottimale, azzeccando perfettamente le voci associate ad ogni personaggio; la colonna sonora regala delle ottime tracce di sottofondo nelle situazioni concitate e anche nei momenti di maggiore calma c’è spazio per dei brani che, nonostante non siano i migliori mai ascoltati in campo videoludico, sapranno senz’altro restarvi impressi.
Detroit Become Human – Una scommessa finita bene
Possiamo affermare con certezza che Detroit Become Human sia il lavoro più completo di Quantic Dream: la software house ha raggiunto un buon livello di equilibrio tra tutti i fattori principali del genere, se così possiamo dire, da loro creato; la storia si snoda bene nelle circa 15-20 ore che impiegherete nel portarla a termine, intervallando fasi di maggiore azione a situazioni più riflessive e votate a scelte decisive. Il gioco vale quindi la candela e i 70 euro del dayone sono una spesa più che giustificata per l’eccellente prodotto tecnico-narrativo che ci troviamo di fronte!
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