EDITORIALE – Realtà aumentata o perdita di contatto dalla realtà?

Young excited man in helmet experiencing virtual reality. Elements of this image are furnished by NASA

La realtà aumentata è uno dei settori tecnologici dove si stanno facendo maggiori investimenti, ma siamo sicuri che invece di “aumentare” la realtà, questa tecnologia non ci faccia perdere sempre più contatto dalla realtà stessa? Scopriamolo insieme…

Il primo grande boom della realtà aumentata è sicuramente arrivato con PokemonGO. 752 Milioni di download e quasi 1,3 Miliardi di dollari di ricavi da acquisti in app sono numeri che sicuramente hanno fatto capire che la fusione tra “reale” e “virtuale” è qualcosa in grado di generare un interesse incredibile.

Lo ha capito ad esempio Francesco Ferrazzino, CEO e Founder di Proxy42 Inc, che ha sviluppato il mobile game Father.io, un massive multiplayer first person shooter in realtà aumentata. Un video game che si gioca nella vita reale, un laser tag per smartphone, che utilizza uno speciale device creato e sviluppato per un immersive gameplay, denominato Inceptor, da utilizzare insieme allo smartphone.

Ferrazzino ha lanciato nel 2016 una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo, che ha venduto più di 11.500 device e raccolto oltre 355.000$ e da poco l’applicazione è stata lanciata sugli appstore di Google ed Apple. Vi mostriamo qui in basso l’ultimo trailer del gioco…

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Fino a questo momento, con gli esempi citati, la realtà aumentata posta al servizio dei videogiochi ha creato fenomeni che possono piacere o meno, ma che a conti fatti possono ritornare a creare aggregazione reale tra videogiocatori in carne ed ossa; cosa che, con l’avvento del multiplayer classico si stava via via perdendo sempre di più, con i giocatori muniti di cuffie e microfono chiusi ognuno a casa propria.

Appena tre giorni fa, sul canale YouTube ufficiale di Ubisoft è peró apparso un video diverso sul tema!

Un video creato da Ubisoft per dimostrare l’esito del lavoro nato dalla collaborazione tra la software house francese e la casa automobilistica Renault (anch’essa transalpina), per lo sviluppo di un’esperienza di realtà virtuale per il veicolo autonomo della casa, la concept car Symbioz.

L’idea alla base del progetto ha voluto permettere al guidatore, che ovviamente non dovrà guidare (essendo al volante di un’automobile che si guida da sola), di avere qualcosa da fare durante il viaggio.

Il tutto si otterrà indossando un visore che, visto in azione, anche avendo la consapevolezza del fatto che l’automobile si piloti da sola, scatena non poca inquietudine, in quanto toglie al guidatore il contatto con il mondo esterno reale. Ve lo mostriamo…

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Ma Ubisoft smentisce subito con un comunicato stampa: “Il pilota si tuffa in un universo coinvolgente che cambia progressivamente da una rappresentazione realistica del veicolo e del suo ambiente circostante, a un panorama futuristico e surrealista. L’esperienza di Ubisoft è connessa all’auto, che riproduce i dati di navigazione in tempo reale, comprese variazioni di velocità, cambi di corsia e veicoli circostanti, rendendo ogni corsa unica mentre migliora l’immersione e l’evasione”, ha aggiunto Ubisoft. “L’autista può lasciarsi andare, sfuggire alla pressione della strada e potenzialmente dimenticarsi che l’auto si sta guidando da sola sull’autostrada.”

Tutto questo frena le nostre preoccupazioni sul fatto che il guidatore sia totalmente privo di contatto con il mondo esterno, perchè secondo Ubisoft il guidatore avrà la percezione di tutto ciò che è presente all’esterno, ma semplicemente lo visualizzerà in maniera diversa ed edulcolorata, per distrarsi ed avere più piacere durante il tragitto, ma a questo punto però la preoccupazione è un’altra…

Si perché è un po’ come ammettere che, quando le auto in grado di pilotarsi da sole saranno in commercio, assumere LSD o altre sostanze psicotrope sarà legittimo, in quanto si trascorrerà un viaggio più piacevole, osservando pavoni infuocati che volano o mucche mutanti che ci salutano con una zampa, divertendoci durante un tragitto in un auto che non saremo noi a guidare.

C’è proprio tutto questo bisogno di edulcorare la realtà esterna per rendere piacevole un viaggio? C’è tutto questo bisogno di effetti speciali per rendere qualcosa come il mondo più speciale di quanto non lo sia già di suo? C’è davvero bisogno di indossare un visore per la realtà virtuale in una situazione dove per antonomasia bisogna stare attenti e vigili al 100%?

Il rischio di perdita di contatto con la realtà, in trovate commerciali dove questa realtà invece la si vuole “aumentare”, è dietro l’angolo e la cosa sinceramente ci spiazza.

Valerio "Raziel" Vega: Napoletano a Roma, Tecnico Ortopedico di giorno, Retrogamer compulsivo di notte. Creatore del progetto Nerdream, amante del cinema, delle serieTV, dei fumetti e di tutto ciò che è fottutissimamente NERD, sogna una vecchiaia con una dentiera solida ed il pad di un NES tra le mani. Il suo motto è “Ama il prossimo tuo come hai amato il tuo Commodore64”