Recensione Drifting Lands – PC Windows, Mac OS X

Drifting Lands, quando lo shot’em up sposa l’RPG…

Lo sparatutto tradizionale è un genere che ho sempre adorato, soprattutto nella sua evoluzione hardcore denominata bullet hell. Ma mettiamo un attimo da parte lo score attack arcade e andiamo a vedere un interessante progetto realizzato dai cugini francesi della Alkemi.

Gli sviluppatori hanno avuto la geniale idea di prendere uno shot’em up a scrolling orizzontale e farcirlo di elementi RPG ottenendo un ottimo risultato.

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Ma quindi lo sbirro sapeva che il governo gli aveva teso una trappola!

Un bel giorno sul nostro amatissimo pianeta, ormai prosciugato delle proprie risorse, avviene un cataclisma così violento da frantumarlo come una palla di vetro.

Ma la Terra si fa beffe di questo evento distruttivo fregandosene altamente delle leggi della fisica, e pur sprovvisto di un centro, mantiene la sua attrazione gravitazionale, mantenendo l’atmosfera e lasciando fluttuanti in aria rimasugli di rocce e colli e montagne.

I pochi superstiti di un’umanità ormai decimata, costretta a fare i conti con risorse scarse e gravi sconvolgimenti climatici, è riunita in delle corporazioni dal regime totalitario (per la gioia di quei pochi hippie rimasti).

Dopo questa introduzione la comprensione della storia comincia a venir meno a causa anche del brusco inizio che ha il protagonista. Se scegliamo di seguire il tutorial, potremo assistere al preambolo degli avvenimenti in cui il protagonista viene liberato da una specie di quarantena da un tizio di nome Thor. Sprovvisto di martello e senza perdersi in futili spiegazioni, questo barbuto scandinavo vi sbatterà dentro un’astronave a combattere per il bene dell’umanità, rompendo le uova nel paniere alla Redemption, una corporazione la cui avidità sta andando a minacciare il flebile equilibrio del pianeta.

Finite le prime missioni inizierete a far conoscenza di tutti i personaggi che vi saranno di supporto per le vostre battaglie e comincerete ad acquisire familiarità coi pochi insediamenti umani.

Non proseguirò oltre, onde inciampare in vari spoiler, ma onestamente mi aspettavo un filo narrativo più chiaro nonostante i toni siano forti il giusto. Allo stesso modo, mi aspettavo una caratterizzazione meno piatta dei personaggi, dato che alla fine stiamo pur sempre parlando di un gioco con elementi da RPG.

Purtroppo quelli della Alkemi non hanno saputo giocare bene la carta dell’ambientazione post-apocalittica dando poco spessore alla trama e alla tridimensionalità dei personaggi, ma questo sacrificio nella narrazione va per fortuna tutto a vantaggio del gameplay.

A che serve quel pulsante?

Prima di imbarcarci in questo viaggio dobbiamo operare un paio di scelte.

Possiamo selezionare il livello di difficoltà base tra: Normal ,in cui morire o fallire una missione comporta delle perdite permanenti di carico trasportato o addirittura della stessa astronave, oppure con la Forgiving, esente dalle punizioni descritte.

Il passo successivo è scegliere il velivolo con cui iniziare l’avventura e qui la scelta varia dall’Interceptor (fragile, ma agile e potente), il Sentinel (meno potente ma corazzato) e il Marauder (una via di mezzo dei due).

Abbiamo però un numero limitato di slot per il salvataggio, non che ne servano molti in realtà considerando com’è strutturato il gioco. La scelta dell’astronave per esempio non preclude l’utilizzo delle altre che sono acquistabili già dalla prima missione in cambio di un migliaio di crediti.

Da qui in poi si cammina sui binari, dalla schermata iniziale, che dipinge una sala di attesa, possiamo controllare le ultime news sugli aggiornamenti del gioco, oppure nelle varie sezioni che comprendono mappa del mondo, hangar, mercante e leaderboard.

Sulla mappa del mondo troveremo delle icone con dei punti che rappresentano i quest giver e l’avanzamento di storia e side quest, e dei simboli con dei numeri che oltre a rappresentare le aree di combattimento indicano anche il livello di difficoltà dell’area.

Se l’area in questione è più o meno pericolosa per il nostro pilota, possiamo capirlo grazie al grade. Qualora l’area si riveli inappropriata in base al grade col quale stiamo giocando, l’icona apparirà sbiadità e passandoci sopra il cursore apparirà un messaggio con le istruzioni da eseguire per portare affrontare quel livello nel migliore dei modi. Avrei di sicuro preferito una dicitura molto più chiara e lampante, ma vale il detto paese che vai, usanza che trovi, o tutti gli RPG sarebbero davvero troppo simili tra di loro.

L’astronave possiede statistiche primarie quali scudi, salute, energia e focus, tutti parametri autoesplicativi che tra l’altro è possibile modificare tramite l’installazione di componenti come motori, propulsori, chip, ecc. Una volta completata una missione quindi, via di corsa nell’hangar a svuotare il carico e vedere cosa siamo riusciti a sciacallare dai relitti nemici.

Assieme a componenti installabili, se abbiamo fortuna, potremo anche trovare dei progetti grazie ai quali costruire presso un mercante dei nuovi componenti per bilanciare un po’ la sfortuna di non aver droppato ciò di cui avevamo bisogno.

Al posto dei punti esperienza dovremo investire il vil danaro per acquistare delle abilità base, avanzate o automatiche (attiva o passive) che aggiungono nuovi armamenti o potenziamenti all’astronave. In quanto membri di una corporazione però al pilota è dovuto solo il 10% del valore del carico farmato e chi se ne frega se abbiamo anche rischiato di vedere le verdi praterie!

Oltre a nuove abilità possiamo potenziare le tre statistiche principali quali strutture, navigazione e potenza, che andranno a modificare le performance di volo e di fuoco dell’astronave oltre che consentire l’equipaggiamento di particolari componenti che richiedono appunto un certo valore di questi parametri. Insomma preparatevi a un bel gioco farmoso che vuole seguire la scia di giochi come Diablo, ma che si rivelerà molto meno noioso dato che presenta le meccaniche di uno sparatutto che vi istiga più altro a volerla vinta a tutti i costi.

Se mi dai uno scafo oggi te lo pago martedì

Il pilota sarebbe di fatto il protagonista della storia mentre è l’astronave il personaggio principale del gioco, ma in che modo e mondo allora dovranno interagire? Consideriamo questi due elementi una cosa sola e immergiamoli in una classica struttura da RPG con un sistema di quest attivabili tramite l’apposito giver e, data l’assenza di un log per aiutarci nella comprensione, le aree avranno la medesima dicitura della missione.

Un sistema non troppo chiaro per un neofita del genere che potrebbe ritrovarsi ad essere un agnellino impaurito in mezzo ad un branco di lupi.

Sembra quasi che il gioco dia per scontata l’esperienza e la conoscenza delle meccaniche da RPG quando invece avrebbe potuto curare maggiormente questi dettagli facendo chiarezza con un log o dei marker più chiari su mappa.

Quanto meno la differenza tra main e side quest è rappresentata dalla presenza o meno del bordo frastagliato dell’icona dotata di puntini sospensivi e qualche volta troveremo delle piccole diciture colorate (in arancione per esempio) se l’area di missione rappresenta dei particolari rischi o nemici particolarmente potenti come i superboss.

Sulla carta sono presenti 100 livelli, ma molti di questi sono a loro volta suddivisi in due o più aree, ma non in tutti sono presenti mini-boss o boss. Una buona scelta considerando che i livelli più alti rappresentano di per sé un “boss” grazie alla loro difficoltà nonostante non esista troppa varietà nel parco mezzi nemici, ma si sa: nei giochi di ruolo spesso basta cambiare colore a un nemico per evidenziarlo come “più cattivo di quelli incontrati finora”.

Ma basta con numeri e mappe, siamo qui per combattere ed è proprio il combattimento la parte più interessante del gioco, gli armamenti hanno varie tipologie di fuoco come laser a fascio continuo o intermittente, cannoni che sparano a cadenza flak, gatling dal fuoco rapido a uno o più flussi e tante altre varianti che non sto qui a elencare.

A prescindere dalla potenza bisogna anche capire con che geometria di fuoco si voglia operare; se ci si trova a proprio agio con una linea dritta che falcia egoisticamente i nemici, oppure seminando proiettili un po’ ovunque nella speranza di colpire qualcosa.

I primi livelli si riveleranno noiosi per la facilità disarmante e la scelta di un’arma appropriata verterà magari sul gusto estetico, ma progressivamente vi renderete conto che sarete costretti a scegliere una determinata modalità di fuoco, associate a un appropriato skill set che bilanci difesa e copra i cosiddetti point-blank.

Con le missioni successive il numero di proiettili sullo schermo aumenterà e sarà necessario padroneggiare le tecniche classiche degli sparatutto di ultima generazione. Insomma il punto di forza del gioco è proprio la personalizzazione dell’astronave e il pilota,  oltre a disporre di un grandissimo numero di equipaggiamenti farmabili in oltre cento livelli, può salire di grado e acquistare una diversa versione del velivolo di cui dispone.

May Day, May Day

L’astronave possiede un’area di collisione delimitata da un cerchietto le cui dimensioni sono correlate alla tipologia del velivolo. Per chi non fosse pratico del genere, negli sparatutto moderni l’astronave non riceve danni/viene abbattuta se un proiettile nemico collide con un qualsiasi punto dello sprite che la rappresenta, ma è necessario che questi vada a centrare la hitbox, solitamente delimitata da un piccolo cerchio di pochi pixel.

Nei bullet hell, un genere a mio parere dominato dalla Cave, la difficoltà è proprio rappresentata dal dover spostare questo cerchietto in una marea di proiettili, memorizzando i pattern dei nemici e giocando di anticipo con gli spostamenti dell’astronave e indirizzando così il loro fuoco in una geometria che consenta dei passaggi in cui poter volare indenni.

Questa particolare meccanica non è presente nei primi livelli che si limiteranno solo a presentare formazioni e coreografie varie di mezzi nemici, ma lo sarà più avanti, anche se molto grossolanamente, soprattutto ai livelli più alti in cui sarà necessario addirittura armare il mezzo con fuoco frontale e posteriore.

Quello che non mi ha convinto molto è però la durata della storia che non ci accompagna per tutta la sequela di grade che possiamo notare nella mappa del mondo. Pare che abbiano voluto dare un taglio netto agli eventi intenzionalmente per lasciare più spazio ad altre modalità di sfida come score-attack, speed-run e al raggiungimento di grade e livelli alti che richiedono per forza di cose ore di farm.

Una volta avviato il gioco consiglierà l’utilizzo di un pad per affrontare meglio il gioco ma non mi trovo d’accordo al 100% con questo consiglio e il problema risiede proprio nell’impugnatura. Utilizzando un pad avremo il fuoco primario bindato sul secondo trigger, i tasti principali fanno da eco alla disposizione romboidale delle abilità di supporto e lo spostamento è associato alla levetta analogica sinistra. Se stiamo pilotando un mezzo veloce come l’Interceptor però potremo avere qualche problema nello spostamento di precisione quando si tratterà di schivare i proiettili a causa dell’impugnatura del pad, l’utilizzo del pollice e la corsa lunga della levetta analogica. Dalla nostra potrebbe intervenire la croce direzionale ma purtroppo il gioco non rende utilizzabili entrambi allo stesso tempo, ma siamo obbligati a dover scegliere tra analogico e digitale.

Come sempre, spunta un gioco che sembra geniale, ma poi i programmatori si perdono in cose che, in questo caso, possono apparire delle sciocchezze ma non lo sono. Utilizzando un pad Xbox però, avere i tasti di fuoco notevolmente sfalsati rispetto quelli di manovra potrebbe richiedere un po’ di tempo per adattarsi e in questo caso consiglierei l’utilizzo di un pad da picchiaduro (anche PS3 o PS4, sono assolutamente compatibili oggi su piattaforma Steam) o meglio ancora una cloche arcade.

Molto infelice la scelta di dover utilizzare il cursore per la selezione tab ed equipaggiamento. A parte lo spostamento tra le sezioni principali che può avvenire tramite pressione dei trigger, saremo purtroppo costretti a effettuare il resto delle selezioni tramite un cursore di difficile gestione per una levetta analogica. In un certo senso saremo “costretti” a usare mouse e tastiera per l’aspetto manageriale del gioco e joypad per le fasi di battaglia. Insomma le impostazioni base così come le opzioni di setting dei controlli, lasciano molto a desiderare se consideriamo anche che pur aumentando al massimo la sensibilità del cursore non otterremo neanche grossi risultati di fluidità.

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Pronti per l’avventura?

Snobbata la modalità borderless window, mi chiedo sempre per quale motivo, dato che per molti non è un problema veniale. Altabbare in fullscreen per leggere qualche notifica, email o altro richiede a diversi utenti qualche secondo di blackscreen e pùo provocare qualche bug di visualizzazione o perdita di priorità di processo grazie alla perfezione di Windows, mentre per chi usa più di un monitor, magari per utilità di streaming, si rivela più semplice scorrere il mouse da un monitor all’altro per gestire altre applicazioni.

Dubito altamente comunque che il gioco possa dare problemi in questo senso dato che la veste grafica è molto leggera oltre che ben realizzata. Le cutscene sono interamente disegnate con l’impressione di stile a olio, e gli NPC scorreranno o appariranno su queste tavole realizzate a mano; medesima scelta stilistica identica anche per il background delle aree di combattimento con scrolling parallattico ed elementi di paesaggio così interessanti e dettagliati che spesso saranno la causa dei vostri schianti.

Astronavi, boss ed esplosioni invece sono realizzati in 3D mantenendosi coerenti con lo stile oltre che col framerating che non fa troppa fatica a mantenersi costante sui 60fps anche in situazioni molto caotiche. Alcuni effetti di luce in livelli a sfondo scuro li ho trovati un po’ fastidiosi per gli occhi e se soffrite di fotofobia come il sottoscritto, cominciare a pensare a una buona configurazione del monitor o l’utilizzo di un filtro.

Molto basso il carico sulla scheda video (mai oltre i 36-38 gradi su MSI GTX-980) sembra però che in alcuni livelli, l’eccesivo numero di proiettili sia causa di interferenze con l’audio che potrebbe gracchiare un po’, ma lo noterete giusto se giocate con le cuffie o comunque con volume molto alto.

Un altro difetto di non poco conto consiste nella scelta del disegno dei proiettili nemici, ossia dei minuscoli pallini neri con contorno luminescente di vari colori e alcuni scenari condividono queste associazioni di colori rendendo così invisibile il fuoco ostile.

Generalmente negli sparatutto i proiettili nemici sono ragionevolmente grandi, bordati e con colori molto accesi rispetto allo sfondo, proprio per evitare questa complicanza, fate attenzione quindi a non sforzare troppo gli occhi.

La colonna sonora ha generi misti che varia dal rock a parti strumentali realizzate con largo uso di sintetizzatori e che richiamano molto lo stile Psygnosis ai tempi dell’Amiga 500, ma stando a quanto è possibile sentire, l’autore Luis Godart non disprezza nessuno strumento e trova soluzioni gradevoli con l’impiego di archi e fiati. Insomma qualora decidiate di acquistarlo se siete cultori del sonoro, vi consiglio il pacchetto che comprende anche l’OST con una maggiorazione di pochi euro rispetto il costo base che non si rivela particolarmente elevato dato che la quasi totale assenza del parlato incide positivamente sul prezzo.

Marco "Kakashina" Alastor ha il suo primo frontale col cabinet di "Roc'n Rope" ala tenera età di cinque anni e da allora ne investito altri trenta a distruggere gran parte del suo fegato grazie all'hardcore gaming e gli MMO. Laureato in lingue straniere, quando non sta usando lo sfigmomanometro, sfoga la sua rabbia e frustrazione divertendosi a criticare pesantemente traduzioni e doppiaggi in italiano di videogiochi, serie tv, anime e manga. Se lo chiamano il "Torquemada delle traduzioni", ci sarà pure un motivo... - CANALE YOUTUBE - CANALE TWITCH - GOOGLE PLUS