One Piece Odyssey – Recensione Xbox, PlayStation e PC

One Piece Odyssey – Recensione

Ecco a voi la recensione di One Piece Odyssey,  nuovo titolo uscito in occasione del 25esimo anniversario dell’anime. Sarà all’altezza delle aspettative?

Per decenni, le avventure di Rufy e dei Pirati di Cappello di Paglia hanno entusiasmato e incantato lettori e spettatori di tutto il mondo. Trasformare una serie di azione e avventura così amata e di lunga data in videogioco si è rivelata una vera sfida, con molti sviluppatori che negli anni passati hanno provato e riprovato a creare un videogioco che riuscisse, almeno in parte, a catturare la magia e l’essenza del manga o dell’anime, ma sempre con scarso successo. Bene, One Piece Odyssey è l’ultimo tentativo disperato di creare un videogioco basato sulle avventure di Cappello di Paglia e la sua ciurma. Sebbene riesca a fare un buon lavoro, favorendo un buon fanservice, purtroppo non è altro che un semplice (anzi semplicissimo, ma ne parleremo dopo) gioco di ruolo a turni.

Una storia inedita? Si ma no!

Ricordiamo che One Piece Odyssey riprende le avventure durante gli avvenimenti del manga o anime in un momento non meglio precisato. Il gioco si apre con la banda di Cappello di Paglia bloccata sulla misteriosa isola di Waford. La loro nave, la Thousand Sunny, rimane distrutta a seguito di una tempesta, costringendo la ciurma ad esplorare l’isola finché non verrà riparata. Una strana ragazza di nome Lim emerge e, timorosa dei pirati, toglie loro tutti i poteri. Con l’aiuto di Adio, un avventuriero piuttosto sospettoso, la banda di Rufy parte nel tentativo di recuperare i loro poteri e apprendere i segreti dell’isola misteriosa di Waford.

Qui, secondo me, finisce la magia. L’attenzione si sposta dall’esplorazione dell’isola al disperato tentativo di recuperare tutti i poteri rubati. Recuperare parte dei poteri significa trovare cubi speciali sparsi per l’isola e custoditi da dei potenti Colossi. Il ripristino completo dei poteri contenuti nei cubi, è invece un processo piuttosto complesso: Lim invia la ciurma all’interno di un luogo oltre lo spazio e il tempo, chiamato Memoria, dove dovranno rivivere tutti i momenti passati nel tentativo di ricordare come usare i loro poteri. Tali ricordi possono risultare distorti, quindi non tutto sarà tale e quale a quanto visto nel manga o anime (giustificazione? i ricordi sono inaffidabili).

La narrazione di One Piece Odyssey è, purtroppo, tanto deludente. Nel corso della sua vita, One Piece ha regalato a tutti i fan del mondo, molte storie meravigliose e memorabili creando un mondo affascinante pieno di tradizioni e intrighi. L’idea di interpretare una storia inedita, ricca di azione e avventura ambientata nel mondo di One Piece come un gioco di ruolo risultava davvero eccitante. Ma Odyssey ha paura di osare, non vuole creare una storia nuova e quindi dopo due ore di gioco ti fa rivisitare, in maniera distorta, tutti i momenti salienti che hanno fatto la storia di One Piece. Questi viaggi nel passato costituiscono la maggior parte delle 30-40 ore di gioco. In queste ore tu tornerai indietro nel tempo, rivisitando luoghi già visti e incontrando personaggi già conosciuti, rivivendo storie già vissute con qualche cambiamento che però non è cosi rilevante considerando che il finale di questi ricordi è sempre quello: le conclusioni sono già note, la posta in gioco non è per nulla avvincente e i personaggi stanno semplicemente facendo ciò che è necessario per raggiungere l’inevitabile finale già visto nelle opere di Oda.

Ma almeno una parte della magia è rimasta

Fin dall’inizio, One Piece Odyssey fa un lavoro fantastico nel catturare l’aspetto del manga. I modelli dei personaggi sembrano vibranti e le loro animazioni ed espressioni risultano davvero appaganti, catturando la vera essenza dei personaggi. Le animazioni di combattimento sono particolarmente ben fatte, con gli arti di gomma di Rufy, le comiche tecniche da cecchino di Usopp e gli attacchi di sottomissione multi-arto di Robin sembrano dinamici in un modo da sembrare del tutto autentici. Anche le interazioni tra i personaggi sono in linea con ciò che i fan della serie si aspettano da un titolo come Odyssey. I membri della ciurma di Rufy scherzano e litigano tra loro, aggiungendo quel tocco di caratterizzazione e fascino, facendo trasparire le personalità che noi tutti amiamo. I dialoghi audio sono limitati al solo giapponese e non c’è alcuna opzione per una localizzazione in inglese, che è qualcosa da tenere a mente se sei un fan del doppiaggio.

Durante l’esplorazione, i personaggi possono scambiarsi e usare le loro abilità uniche (a condizione che le abbiano recuperate) per superare gli ostacoli, attraversare varchi e trovare oggetti nascosti come ingredienti per cucinare o per creare strumenti utili in battaglia. Ogni personaggio ha una o più abilità uniche: Rufy può allungarsi e afferrare gli oggetti, Zoro può abbattere determinate barriere, Usopp può sparare a bersagli specifici altrimenti irraggiungibili e Chopper è abbastanza piccolo da attraversare piccoli tunnel, e cosi via. Sebbene tutto ciò va ad aggiungere un po’ di varietà all’esperienza, risulta molto fastidioso fermare i momenti di esplorazione, andare nel menù e cambiare leader con un leggero caricamento. Caricamenti che si trovano molto spesso anche nelle fasi di esplorazione quando sbagliamo, per esempio, percorso anziché seguire la linearità del gioco, riportandoci quindi sulla strada giusta, andando a fare risultare tutto molto frustrante. Tuttavia, la solida presentazione visiva e le continue chiacchiere dell’equipaggio, combinate con tutte le capacità di esplorazione, rendono i viaggi sul campo abbastanza piacevoli da compensare i caricamenti.

I combattimenti semplici, forse troppo

Quando parliamo dei combattimenti, ci sono delle dovute precisazioni da fare. Come già detto, One Piece Odyssey presenta una struttura da gioco di ruolo giapponese a turni, anche se a differenza di molti giochi di questo tipo, i personaggi possono agire in qualsiasi ordine ed essere scambiati liberamente dentro e fuori senza penalità durante la tua fase, dandoti un vantaggio di combattimento molto forte fin dall’inizio. Quando si scelgono i nemici da affrontare, il gioco presenta un sistema molto simile a quello dei Fire Emblem, in cui i personaggi sono affiliati a uno dei tre tipi di combattimento, garantendo dei vantaggi o svantaggi in base al tipo di combattimento che presenta il personaggio stesso, per esempio: la potenza batte velocità e velocità batte tecnica, che a sua volta batte potenza. Un sistema molto semplice e intuitivo.

C’è anche un’ulteriore svolta davvero interessante in cui, all’inizio della battaglia, i personaggi vengono assegnati casualmente a diverse “aree” o assegnati da noi nelle tattiche dei combattimenti, limitando i nemici che si possono attaccare, prendiamo come esempio Rufy e Sanji: se Rufy si trova in una determinata area del campo di battaglia con due nemici, mentre Sanji si trova in un’altra aerea con altrettanti nemici, Rufy dovrà sconfiggere tutti i nemici presenti nella sua area prima di raggiungere l’area di Sanji, almeno che non utilizziamo un’abilità che ci permetta di attaccare i nemici presenti in un’altra area. Le abilità potranno essere utilizzate tramite il dispendio dei PT (Punti Tecnica) che si ottengono dagli attacchi normali. Inoltre il sistema di combattimento presenta anche la modalità automatica, in cui i nostri personaggi prenderanno da soli l’iniziativa, permettendoci di posare il pad e guardare i combattimenti procedere in automatico.

Qui sorge il problema dei combattimenti, con quest’ultimi che risultano davvero semplici, forse troppo. I combattimenti automatici fanno la maggior parte del lavoro, velocizzando l’esperienza, non di poco, rendendo il tutto troppo banale. I nemici, invece, non sono mai risultati troppo ostici, forse solo alla fine del gioco o contro determinati boss. Talvolta invece siamo costretti a partecipare a combattimenti davvero lunghi ed estenuanti che però non mettono mai in difficoltà il giocatore, semplicemente i nemici hanno davvero troppa vita, allungando non di poco l’inevitabile. Per farvi capire; non ho quasi mai utilizzato gli strumenti in combattimento, se non quando mi venivano richiesti dal gioco, questo perché non ho mai ritenuto essenziale usarli per finire una battaglia, di fatto ho provato a mettermi in difficoltà fino alla fine, senza fermarmi a livellare in una determinata area, ma con poco successo. Diciamo che manca la sensazione di poter perdere il combattimento in qualsiasi momento.

Inoltre, One Piece Odyssey distribuisce abbondanti quantità di EXP per il completamento di sfide casuali molto semplici, come “sconfiggi questo nemico in un turno” o “sconfiggi questo nemico con personaggio X”, aumentando molto facilmente di livello. Ci tengo a precisare che l’aumento di livello garantisce solo aumenti delle statistiche, poiché le tecniche da usare in combattimento potranno essere trovate proseguendo con la storia, mentre per potenziare le abilità basta trovare i cubetti all’interno delle mappe di gioco.

Inoltre ci sono gli equipaggiamenti che si possono trovare all’interno dei tesori e che possono essere equipaggiati sui personaggi, in modo tale da conferire loro determinati boost. Questi equipaggiamenti occupano degli slot in base alla rarità dello strumento: Uno strumento comune può arrivare a occupare tutti gli slot, mentre uno più raro ne occuperà di meno.

One Piece Odyssey – Recensione | In conclusione

Nel complesso One Piece Odyssey non è un brutto gioco di ruolo, anzi mi ha tenuto incollato al televisore per 40 ore circa. Si tratta semplicemente di un classico gioco di ruolo giapponese che però risulta essere un miscuglio di meccaniche che piacciono ai fan, ma risultando nel complesso molto semplificato, che non per forza è un male dato che permette a chiunque sia fan del franchise di affacciarsi a questo titolo, rendendolo molto accessibile a chiunque, ma i veterani dei JRPG potrebbero stancarsi facilmente . Il problema principale del gioco è la narrativa, che punta soltanto all’effetto nostalgia anziché a qualcosa di nuovo e originale, ma che pecca anche in questo caso, dato che i momenti toccanti, emotivi ed eccitanti, vengono riassunti in modo troppo sbrigativo, privandolo della magia che ha reso celebre le opere di Oda. One Piece Odyssey è quini un potenziale sprecato, che sicuramente avrebbe potuto offrire di più.

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Classe 2002, amante dei videogames (forse troppo) è cresciuto grazie a console passate dal fratello maggiore come delle antiche reliquie. Si perde spesso nella lettura di comics americani e manga dal dubbio gusto