Somerville – Recensione – Xbox Series X|S, Xbox One, PC

Somerville – Recensione

Somerville, recensione di una breve storia sci-fi sviluppata dallo stesso creatore di Limbo e Inside.

Somerville è un gioco di avventura rompicapo, basato sulla fisica e sviluppato da Jumpship, precisamente da alcuni degli ex talenti di Playdead che hanno creato la coppia di classici moderni: Limbo e Inside. Eppure allo stesso tempo suona in modo molto diverso da quei due capolavori; la sua tavolozza di colori e le interpretazioni dei personaggi, e l’orientamento della telecamera da una scena all’altra. Questa è stata si una piacevole sorpresa, ma non così raffinata o stimolante come i suoi progenitori, lasciandoci con un ottimo gioco ma che alla fine non ti lascia chissà cosa dentro.

Somerville si apre nel modo più pacifico possibile: un uomo, una donna, il loro bambino e il loro cane sono tutti sul divano del soggiorno, addormentati davanti alla TV. Prendi il controllo dell’uomo, che però non viene mai nominato, anzi, non sappiamo proprio nulla di lui. Proprio come in Limbo, Inside e Out of This World, non ci sono dialoghi; La narrazione di Somerville è interamente visiva. E visivamente, adoro ciò che gli sviluppatori di Jumpship hanno voluto creare. Il nostro eroe senza nome e senza voce è essenzialmente senza volto, poiché tutti questi personaggi sono più simili a rappresentazioni impressioniste di persone. Mentre l’uso del colore, e in particolare del contrasto, fa risaltare il mondo quando necessario.

Il sound design, nel frattempo, è efficace nel suo minimalismo. La colonna sonora del pianoforte è ottima nello stimolare il dramma o la tensione, l’audio perenne nelle cuffie del respiro doloroso e il movimento del nostro personaggio rendono chiaro come qualunque cosa sia successa lo ferisca fisicamente, e più si addentra in questo strano nuovo mondo, più soffre.

Gameplay

Tutto questo fa da cornice a un mistero molto oscuro, cupo e tuttavia intrigante sin dai momenti iniziali quando oggetti extra-terrestri ricoprono il cielo sopra la tua casa. Somerville, quindi, è un’avventura di poco meno di quattro ore, in cui bisogna capirà cosa diavolo è appena successo e sta ancora accadendo. Dovrai risolvere enigmi ambientali basati sulla fisica, usando uno strano potere insinuato nel braccio che risulta essere inspiegabilmente luminoso, trasformando l’architettura aliena invasiva in una sostanza permeabile simile all’acqua, illuminandola con luce; in particolare, la luce emanata dal braccio.  Gli enigmi li ho trovati piuttosto semplici. In effetti, l’unica volta che sono rimasto bloccato, è stato più un problema che avevo alle prese con il sistema fisico che con il design del gioco vero e proprio.

Parte del motivo per cui i suoi enigmi non diventano mai così complessi è che Somerville mantiene il suo schema di comandi minimalista: i grilletti e i comandi per muoverti. Inoltre l’HUD del gioco, nel 99% delle volte, è inesistente, dando ampio spazio alla resa visiva che risulta particolarmente magnifica e suggestiva

Un mondo imperfetto

Essendo amante degli animali, all’inizio ero deliziato dalla prospettiva di avere un bel cagnolone che mi accompagnasse nell’avventura, ma purtroppo il compagno a quattro zampe non sarà utile a livello di gameplay, ma fungerà da solo accompagnamento. Non aiuta nei puzzle o nel gameplay, non ha alcun impatto sulla storia e non puoi nemmeno accarezzarlo a piacimento. Un po’ di interazione con quest’ultimo avrebbe giovato l’esperienza stessa, rendendo un mondo così cupo e solitario più bello da esplorare, rendendo il tutto un po’ meno triste.

Per quanto solitaria e isolante possa essere l’ambientazione, è però piacevole potersi muovere liberamente nello spazio 3D di ogni scena che Somerville mescola costantemente. Il gioco non è basato su una progressione da sinistra a destra e in questo senso Somerville fa un ottimo lavoro nel rendere il tutto meno monotono e più libero, potendoti muovere in tutte le direzione, intrigandomi in qualunque cosa potessi trovare nella stanza successiva. Occasionalmente, però, quella libertà si traduce in transizioni imbarazzanti quando ti sposti da una stanza all’altra. A volte la stanza in cui ti stai dirigendo avrà un’angolazione della telecamera diversa che ti fa muovere nella direzione opposta, proprio da dove sei appena arrivato, il che risulta perennemente frustrante.

Quando sono arrivato alla fine, il gioco mi ha lasciato con molte più domande che risposte nel mentre guardavo scorrere i titoli di coda. Tanto che non mi è rimasto nulla dentro; non mi è venuto istintivo prendere il telefono e scrivere o chiamare qualcuno per parlarne, come faccio quando finisco qualunque titolo io abbia amato. È difficile da descrivere senza rovinare nulla, ma per quanto possa essere bello visivamente, un po’ di delusione l’ho avuta.

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Classe 2002, amante dei videogames (forse troppo) è cresciuto grazie a console passate dal fratello maggiore come delle antiche reliquie. Si perde spesso nella lettura di comics americani e manga dal dubbio gusto