Videodrome (1983) – Recensione – David Cronenberg

Con Videodrome, opera del 1983, David Cronenberg, si addentra come pochi negli anfratti della mente umana. 

Attraverso una sorprendente sceneggiatura in ottica cyberpunk lancia una denuncia e una provocazione ai tragici rischi legati all’intromissione dei mass media nell’esistenza umana. In quest’incubo sul potere massmediatico, il regista canadese contempla nella sua opera il body horror e il cinema degli snuff movie.

Videodrome poster
Videodrome poster

Recensione Videodrome

Trama

Max Renn (James Woods) è il cinico proprietario dell’emittente privata Civic TV che offre ai propri telespettatori ciò che non possono trovare sui grandi canali, ovvero contenuti pornografici o violenti. Nella ricerca di nuovi programmi di questo genere, Max entra in contatto con un’emittente privata che trasmette ad intermittenza immagini di torture: Videodrome. Attirato da questa frequenza l’uomo comincia a cercare i suoi proprietari ma finirà presto per essere travolto da un vortice di allucinazioni e violenze. Con Videodrome il protagonista si troverà a riconnettersi con le sue più intime e viscerali pulsioni in un legame sempre più perverso con la trasmissione.

Il potere dei mass media

Durante la ricerca dei proprietari della trasmissione Videodrome, gli indizi conducono Max da Bianca O’Blivion (Sonja Smits) e alla Chiesa Catodica gestita da suo padre, Brian O’Blivion (Jack Creley)In questa sede l’emarginazione sociale di clochard e vagabondi è considerata alla stregua di una malattia, causata da un insufficiente uso del televisore e curabile con pesanti dosi quest’ultimo.

Guardare la televisione aiuta a sentirsi parte della grande tavolozza del mondo.” (Bianca O’Blivion)

A questo punto, lo spettatore inizia ad entrare in contatto con le prime ideologie reificatrici che ruotano attorno ai massmedia e che sono il fulcro centrale di questa pellicola che affascina e sconvolge. Cronenberg punta il dito contro la capacità della televisione di influenzare, manipolare e distorcere la percezione del sociale. Le parole di Bianca O’Blivion mettono in luce il potere che i mass media hanno di dare forma alla nostra idea del mondo e alla percezione di noi stessi e degli altri. In quest’ottica, i mass media – considerati edificatori di civiltà e creatori di una mentalità di massa – sono quindi l’unica strada da intraprendere per divenire individui socialmente accettati.

 

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Recensione Videodrome – Le tematiche cyberpunk

La percezione soggettiva

Cronenberg fu uno tra i primi cineasti a produrre opere in linea con il neo movimento letterario cyberpunk sviluppatosi della prima metà degli anni ’80. In alcune delle sue opere egli riporta infatti tematiche cyborg – come la contaminazione tra il corpo e la tecnologia, i metodi e i processi dell’informazione e della comunicazione – in un’ottica critica e di sovvertimento sociale tipica del punk. 

Videodrome attinge quindi a innumerevoli tematiche dell’immaginario cyberpunk. Focalizzandosi sulla prospettiva personale di Max, Cronenberg racconta il mondo delle passioni umane più spietate, permettendo allo spettatore di assistere alla messa in scena dei desideri più violenti del protagonista. Infatti, il racconto si focalizza progressivamente sulla percezione soggettiva della realtà di Max, la quale appare distorta da allucinazioni

“La sua realtà è già per metà una video allucinazione. Se non sta attento diventerà un’allucinazione totale e irreversibile.” (Brian O’Blivion)

I limiti della realtà virtuale

Max viene convocato da Barry Convex (Leslie Carlson), responsabile della Spectacular Optical Corporation che ha come obiettivo finale “un solo grande sistema di allucinazioni programmate”. Nel momento in cui costui sottopone Max a un test – tramite uno tra i primi Virtual Reality headset mai apparsi sullo schermo – lo spettatore entra nel vivo della proiezione di una società tecnocratica distopica

Lo spazio virtuale cessa di essere tale, divenendo una realtà che confonde e che sconvolge il protagonista nonché lo stesso spettatore. La dimensione del racconto reale e quello dell’irrealtà virtuale sembrano confondersi. Impossibili da distinguere e da riconoscere, prenderanno una deriva irreversibile. Le logiche della realtà come il protagonista le conosceva fino a quel momento cessano di esistere e il mondo diviene “il dispiegarsi di un codice nella sfera della comunicazione.” (Valmerz) In questo caso il codice è proprio quello del segnale Videodrome.

“Sfruttiamo gli effetti dell’esposizione alla violenza sul sistema nervoso, questo apre una via nel cervello attraverso la quale penetra il segnale videodrome.” Barry Convex

Videodrome - Max sottoposto al test di Barry Convex
Videodrome – Max sottoposto al test di Barry Convex

La contaminazione tra il corpo e il digitale

In questa atmosfera si concretizza uno tra i maggiori temi cyberpunk: il rapporto tra l’essere umano e la tecnologia. Questa può essere espressa con la mostruosità del corpo, sia esso deforme o cyborg con innesti meccanici. Difatti, una volta che la pistola si innesta meccanicamente ai legamenti del polso e della mano di Max, l’artificiale diviene parte integrante del suo corpo, aumentando il grado delle sue intenzioni e la sicurezza nel compierle. Totalmente immerso nella dimensione allucinogena di Videodrome, Max è ora interamente plasmabile come la sua mente e le sue idee, e le sue membra diventano ritratto della sua stessa spersonalizzazione

Emblematici per la perdita di identità in atto sono i rapporti sessuali fra uomo e televisione. Proprio questa dimensione che travalica i confini di realtà e rappresentazione scuotono continuamente le certezze dello lo spettatore e lo pongono in una prospettiva di derealizzazione. Egli infatti non riesce a distinguere se quello a cui assiste sono le allucinazioni di Max o la realtà virtuale che egli stesso vive durante il test sottopostogli da Barry Convex.

Anche le videocassette inserite dentro Max tramite uno squarcio nel suo ventre e la mano che oltrepassa lo schermo televisivo, mettono in scena la vittoria della visione sulla realtà. 

A questo punto, la morte stessa diviene sollievo, simbolo di rinascita in una “nuova carne” o, forse, è l’ennesima alterazione della realtà.

“Lo schermo televisivo ormai è il vero e unico occhio dell’uomo, ne consegue che lo schermo televisivo fa ormai parte della struttura fisica del cervello umano. Ne consegue che quello che appare sul nostro schermo televisivo emerge come una cruda esperienza per noi che guardiamo. Ne consegue che la televisione è la realtà, e che la realtà è meno della televisione.” Brian O’Blivion

 

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Recensione Videodrome – L’indagine di Cronenberg

Videodrome è un vero atto di denuncia e di ribellione contro l’abbattimento della personalità e del libero pensiero. Il regista canadese, attraverso un’immagine torbida e sinistra, crea a un’atmosfera allucinata, non tanto per lanciare una critica fine a se stessa alle tecnologie di comunicazione di massa, ma per indagare il modo che gli spettatori hanno di fruire dell’immagine televisiva e delle molteplici realtà che essa è capace di creare

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Leccese di origine, studia Antropologia all’Università di Bologna. Amante della buona musica e ottima osservatrice, crede fermamente che dal dialogo e dal confronto possano nascere grandi idee e sagge intuizioni. “Se puoi vedere guarda, se puoi guardare osserva”: è questo il pensiero che più la rispecchia, e per tale ragione trova nel cinema una splendida finestra attraverso cui conoscere e indagare l’uomo e il mondo.