50 anni fa usciva Il gatto a nove code – SPECIALE Dario Argento

Oggi festeggiamo un’importante “compleanno” nel cinema italiano e internazionale. Quello dell’uscita, 50 anni fa, il 12 febbraio 1971, del film Il gatto a nove code, opera seconda del giovane regista Dario Argento, che avrebbe rivoluzionato il genere thriller e horror e ben presto sarebbe diventato un autore di fama internazionale.

Il film fa parte della trilogia degli animali (il primo film di Argento era uscito l’anno prima col titolo L’uccello dalle piume di cristallo e sempre nel 1971 a seguire “il gatto” sarebbe uscito 4 mosche di velluto grigio, opera terza).

Il primo film dell’autore era andato male in Italia ma straordinariamente bene negli States e così alla Titanus avevano concesso ad Argento il finanziamento per un nuovo progetto.

Squadra che funziona non si cambia, come dichiara il regista stesso nella sua autobiografia, Paura, uscita nel 2014:

chiesi di nuovo ad Ennio Morricone di lavorare insieme a me.

Gia una garanzia, una conferma, un ingrediente.

Altro ingrediente: un attore che ha abbia lavorato con Hitchcock (che, non è un segreto, Argento ama e cita anche nel film per due volte, nella scena col bicchiere di latte avvelenato che richiama Il sospetto (1941) e nella scena finale sui tetti che richiama quella finale di Caccia al ladro (1955).

Argento cita Hitchcock
La famosa scena del bicchiere di latte avvelenato del film IL SOSPETTO, 1941

Nel precedente film, per una piccola parte, Argento aveva ingaggiato Reggie Nalder, l’assassino del film L’uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock. Per il Gatto chiama Karl Malden, straordinario attore caratterista di molti film americani che aveva interpretato per Hitchcock il ruolo del commissario Larrue in Io confesso, 1953.

L’attore hitchcockiano Karl Malden nel ruolo dell’enigmista cieco e la sua nipotina

Malden interpreta il ruolo di un anziano e non vedente ex giornalista in pensione, appassionato di enigmi. Questi, insieme ai “suoi occhi”, la nipotina Lori, che gli racconta tutto ciò che vede, indaga su un brutale omicidio. In un istituto di ricerche scientifiche, un medico fa infatti una scoperta sconvolgente: gli individui che possiedono un determinato corredo genetico sono tutti temibili delinquenti. La scoperta gli costa la vita e suscita la curiosità del giornalista Carlo Giordani, che si farà aiutare nelle indagini dal vecchio cieco.

Non voglio rivelare di più della trama perché il film merita di essere visto. Potrei elencare molti motivi ma uno su tutti: le location.

Il giornalista Carlo Giordani e l’anziano enigmista non vedente Franco Arnò nel cimitero monumentale di Torino

Argento pretende dalla Titanus di girare a Torino (anche se come suo solito mescola le riprese di varie città, inclusa Roma). Ed ha le idee chiare.

Per settimane intere entrai nei portoni e nei cortili torinesi alla ricerca di una scala precisa, che corrispondesse a quella che avevo in mente. Alla fine ho scelto una scala che ricorda un po’ il lavoro di Gaudí.

Con le sue scelte stilistiche, col Gatto a nove code riesce a girare un film dalle ambientazioni uniche (basti pensare alla scena nel cimitero monumentale) e trova quello che possiamo definire il suo touch personale da autore. In questo film infatti per la prima volta sono tutti presenti i topoi del cinema di Argento: le telefonata anonima da parte del killer, le soggettive dell’assassino per cui diverrà famoso, i close-up degli occhi (una lezione di regia e montaggio appresa ad ogni modo da Sergio Leone, per il quale aveva collaborato al soggetto di C’era una volta il west tre anni prima) e, immancabili, le mani o meglio i guanti neri dell’assassino. Argento ha sempre “interpretato” le mani degli assassini dei suoi film.

Sono sempre stato io a maneggiare coltelli, pistole, lacci, forbici, accette, ghigliottine portatili e tutte le diavolerie che ogni volta mi sono inventato.

Il gatto a nove code è un film unico che merita di essere rivalutato insieme a L’uccello dalle piume di cristallo e 4 mosche di velluto grigio. La trilogia degli animali fece conoscere al mondo un nuovo grande autore che forse, senza nulla togliere agli anni successivi ma trascurando quelli recenti (va detto), proprio nei suoi anni giovanili, con il suo sguardo puro e appassionato al cinema, ha dato davvero il meglio di se.

 

Stefano Chianucci

 

Paese di produzione ItaliaFranciaGermania Ovest
Anno 1971
Durata 89 min e 112 min
Rapporto 2,35:1
Genere thrillergiallo
Regia Dario Argento
Soggetto Dario Argento, Luigi CozziDardano Sacchetti
Sceneggiatura Dario Argento
Produttore Salvatore Argento
Casa di produzione Seda SpettacoliTerra FilmkunstLabrador Film
Distribuzione in italiano Titanus
Fotografia Erico Menczer
Montaggio Franco Fraticelli
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Carlo Leva
Costumi Carlo Leva
Trucco Giuseppe Ferranti, Piero Mecacci

 

Potete vedere Il gatto a nove code qui: https://www.justwatch.com/it/film/the-cat-o-nine-tails

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L’uccello dalle piume di cristallo

4 mosche di velluto grigio

Stefano "TheMoviemaker" Chianucci - Nato a Firenze, dopo la laurea in Storia della Musica per Film con una tesi sulla musica di Star Wars, ha vissuto a Roma dove ha lavorato in alcune fiction italiane brutte brutte. Ora di nuovo a Firenze, si occupa di formazione. Sembra serioso come Darth Vader ma se lo conosci meglio è l’anima della festa come Voldemort!