Sea Of Solitude – Recensione – PC, PS4, Xbox One

Sea of Solitude – recensione di Gianluca “Westfall” Saitto

Sea of Solitude scava dentro i capitoli che compongono la vita di Kay. Un prodotto che sviscera completamente tanti suoi singoli stati d’animo, dandogli vita e facendoceli incontrare durante tutto l’arco dell’avventura. Il viaggio costruito da Jo-Mei Games è quell’atto di amore verso l’umanità, un grido che vuole scuotere tutti coloro che combattono contro se stessi giornalmente. Un modo per dirci che non si è mai soli.

 

Sea of Solitude – Un mare di solitudine

Il racconto che Jo-Mei Games vuole far arrivare al giocatore parla chiaro ancora prima che si possa far muovere Kay all’interno del cangiante mondo di gioco. Le cose vengono messe agli atti con una schermata preventiva, le tematiche trattate in Sea of Solitude prendono spunto da storie personali, da situazioni difficoltose affrontate giornalmente da persone che hanno avuto a che fare con situazioni familiari complicate o rapporti umani spezzati. Kay, incarna in se stessa lo spirito di queste persone e ci mette a nudo ogni perplessità e fallacità dell’animo umano. Solitudine, paure, rabbia e sconforto sono solo alcune delle boe in cui gli sviluppatori hanno deciso di farvi fermare a riflettere durante il gioco.

Il titolo è pieno di trovate visive e idee ricercatissime attue a inserire il videogiocatore nel miglior modo possibile all’interno del mondo onirico di gioco. La città nella quale prendiamo i panni di Kay è sommersa, e la marea si alzerà o abbasserà man mano che la ragazza compierà azioni, per la maggior parte tramite puzzle ambientali molto basici e mai difficili da risolvere. Questo continuo cambio di marea è solo la prima delle metafore visive che vi verranno sbattute in faccia dal gioco. Un sali e scendi continuo che si rifà a tutti gli alti e bassi che riserva la vita e quanto più in basso si sprofonda più i dettagli si soffermano su ciò che c’è di negativo intorno a noi. La dicotomia giorno/notte, sole/pioggia invece è ciò che accompagnerà Kay nei suoi momenti di calma e tristezza, un metodo efficace per narrare le emozioni non solo verbalmente ma anche visivamente.

Scesi sulla terra ferma, dopo aver attraccato la barchetta vengono a galla alcune prime incertezze della produzione. Le animazioni, in primis, esattamente come tutti i puzzle che si incontreranno, sono basilari, funzionali per ciò che si deve far fare a Kay durante tutte le fasi di gameplay, ma risultano spigolose e non del tutto convincenti nei movimenti.

Durante i filmati d’intermezzo poi, la scelta effettuata di non far muovere a sincrono il labiale col doppiaggio, personalmente, l’ho trovata molto poco convincente, quasi da spezzare l’emotività del contesto in un paio di occasioni. 

Sea of Solitude – Soli nella solitudine

C’è chi apprezza stare da solo, non in solitudine. Su questa grande differenza Sea of Solitude ci gira intorno più e più volte. Nonostante ci troveremo immersi in ambienti carenti di popolazione, con Kay raramente si avrà la sensazione di esser rimasti gli unici sopravvissuti di quel luogo. Le sue ansie interiori prenderanno vita, le sue paure ci daranno la caccia prendendo le sembianze di un mostro marino, e i suoi rimorsi la guarderanno dall’alto dei cieli, proiettando su di lei ombre sempre più grandi e minacciose. Questi e altrettanti mostri interiori saranno gli unici contatti che Kay avrà all’interno del suo mondo, e per noi giocatori gli unici “nemici” a cui dovremo fare attenzione. Non tutti cercheranno di farci del male fisico, molti di essi si concentreranno sul ferirci lo stato d’animo portandoci quasi mai al game over, o al dover ricominciare da capo una sezione.

Lo scopo di Sea of Solitude è quello di far riflettere il giocatore sulle sue tematiche, e fa di tutto per non essere frainteso. La poverissima difficoltà di sfida, la completa assenza di un hud a schermo a significare che tutto ciò a cui dovrete fare attenzione è lo sfondo e ciò che accade a Kay, e non una barra di vita o una mappa, quelle sarebbero state del tutto inutili. La sensazione che ridà un’esperienza del genere si rifà a un’avventura esplorativa in terza persona, lineare, ma con degli spazi tal volta leggermente più ampi che premieranno i più curiosi con un paio di collezionabili anch’essi mai estremamente complicati da trovare.

Jo-Mei Games ha deciso quindi di puntare tutto sull’emotività e su una narrazione semplice ma allo stesso tempo sfaccettata. La divisione in capitoli lineari mette il tutto su dei binari facili da seguire senza mai rinunciare ad andare nel profondo di ciò che sta venendo raccontato. Chiunque riuscirà a ritrovarsi in almeno una delle situazioni prese in esame e ad empatizzare non solo con Kay, ma anche e soprattutto con alcuni dei suoi mostri interiori. Mostri che lo sono solo per l’aspetto deforme, e che a loro volta vengono mossi da altrettante paure, abitudini sbagliate o emozioni completamente umane.

Sea of Solitude – Guardami cambiare

Visivamente, Sea of Solitude mette in scena una vasta gamma di trovate geniali e ricercate. A tratti sembra quasi di trovarsi a scorgere un quadro fatto di perfette inquadrature e soggetti potenti, delle volte ci si ferma per minuti a contemplare l’insieme di colori che ci circondano e si mischiano tra di loro. I momenti importanti che seguono la sceneggiatura vengono sempre sottolineati da scelte registiche ben pensate, mettendo in luce tutto ciò che si vuole far notare al giocatore, anche i piccoli dettagli come lo zaino che si riempirà (di cosa non ve lo dico) man mano che andremo a utilizzarlo. I puntini sulle “i” sono messi esattamente quando servono, anche se non tutto quadra come si deve.

Basta allontanarsi un minimo dai percorsi prestabiliti infatti per cogliere una mappa composta da edifici riciclati più e più volte, vicoli che non portano a nulla e qualche zona fin troppo vuota.

Se di giorno, quando Kay si sente più a suo agio, possiamo cogliere una città sgargiante e ricoperta da un colorito caldo ed estivo, è la notte tempestosa a portasi dietro tutto il malessere e le angosce della protagonista e dei suoi mostri. Il vento inizia a smuovere le onde alzandone la marea e le silhouette dei palazzi in lontananza sembrano agglomerati neri e minacciosi. La visione artistica d’insieme di Sea of Solitude è sicuramente ispirata. Gli stessi mostri sono tutti unici e bellissimi, ognuno con i propri tratti distintivi non solo di design ma soprattutto caratteriali. 

Ciò che emerge durante il percorso intrapreso da Jo-Mei Games è questa forte volontà di raccontare prima di tutto una storia che mette in risalto un introspezione dettagliata, che non si ferma solo al domandare “cos’ho fatto per arrivare a questo punto?” ma soprattutto “perchè l’ho fatto?” Senza colpevolizzare nessuno, la storia di Kay va avanti per la sua strada, cercando di rimediare ad alcuni errori e al non arrendersi davanti a nessun tipo di ostacolo, sia fisico che mentale. 

Tutto ciò avviene a discapito di un gameplay poco frizzante e tutt’altro che vario. Le azioni che andremo a svolgere in questo mondo onirico tenderanno ad essere sempre le stesse e a ripetersi cambiando giusto il tipo di ambientazione ed espandendo alcuni dei puzzle presentati qualche attimo prima. Soprattutto nella parte centrale del gioco si avverte una sensazione di deja vu per la maggior parte delle cose che ci saranno richieste per proseguire, gli scorci che visiteremo e le motivazioni che spingeranno Kay ad andare avanti, che rimarranno sempre e comunque il focus principale del prodotto.

Sea of Solitude – Mai soli

L’obbiettivo che si prefigge il team di sviluppo è stato colto, e Sea of Solitude ne esce fuori come un prodotto necessario e con un carattere tutto suo. Manchevole purtroppo solo in alcuni aspetti tecnici, quali animazioni e gameplay generale non del tutto rifiniti e a tratti acerbi. A grandi linee però, l’avventura risulta più che piacevole e tutti i suoi momenti clou sono stati gestiti in modi intelligenti.

Se c’è una cosa che si può imparare dal prodotto di Jo-Mei Games è che in un mare di solitudine ci si possono trovare un’infinità di cose, addirittura scoprire che in realtà non si è soli nemmeno nel momento in cui tutto intorno non abbiamo nient’altro che desolazione e abbandono. E anzi, in un mercato dove si è abituati a open world più vivi del mondo reale, dove si da una gran importanza alle interazioni con gli npc e le intelligenze artificiali, un titolo come Sea of Solitude è una boccata d’aria fresca con la quale prendere un grosso e profondo respiro e riconcentrarsi per sei orette scarse solo su noi stessi e i meandri più oscuri celati dentro di noi.

SITO UFFICIALE DEL GIOCO

 

Gianluca "West" Saitto - Videogiocatore eclettico. Non conosce alcun confine virtuale e si diletta a saltellare tra un genere videoludico e l'altro senza fare nessun tipo di distinzione tra console, dimensioni (del gioco), case di sviluppo o conformazione del pad. Appassionato di tutto il mondo dell'intrattenimento, trova una grande soddisfazione nell'analizzare ogni cosa che gli capita sotto mano cercando di sviscerare tutto ciò che può rendere quel prodotto unico e valido da essere giocato, provato, guardato, letto e raccontato.