A Plague Tale: Innocence – Recensione – PS4, XBOX ONE, PC

A Plague Tale: Innocence – recensione di Andrea “Kobla” Panicali

È difficile parlare di un titolo come A Plague Tale: Innocence in maniera oggettiva. Il titolo è capace di travolgere il giocatore come un’onda, infischiandosene dello stato emotivo in cui versa chi si trova dall’altra parte dello schermo.

 

La storia prende luogo in Francia, durante la Guerra dei Cent’Anni, chiamata così per via del lungo conflitto sanguinoso che vide coinvolte Francia ed Inghilterra. Come se la guerra non bastasse, durante quel periodo, l’Europa intera venne stravolta da un’epidemia di Peste Nera che decimò, letteralmente, la popolazione.

Proprio in questo periodo prende piede la trama di A Plague Tale: Innocence, con protagonisti i due fratelli, Hugo ed Amicia.

A livello narrativo non vi voglio spoilerare nulla, perchè questo titolo va giocato e goduto per ogni singolo minuto della sua durata. Mi limito a raccontare ciò che riguarda i primi istanti, in cui ci troveremo ad impersonare Amicia, una quindicenne appartenente alla nobile famiglia De Rune, la quale ci viene presentata come una ragazza molto coraggiosa, volenterosa e non arrendevole.

Durante una battuta di caccia assieme al padre avviene un incidente, tornati alla dimora il giocatore fa conoscenza anche della madre Beatrice e del coprotagonista, Hugo, il fratellino di Amicia, che soffre di una malattia misteriosa che lo ha relegato in casa praticamente dal primo giorno di vita.

Questa condizione ha reso difficile anche il rapporto tra i due, i quali non si sono praticamente mai visti nei cinque anni di vita del piccolo, nonostante condividano lo stesso tetto. Da quel momento in poi le cose precipiteranno in un vortice di ansia ed emozioni che avvolgeranno il giocatore minuto dopo minuto, finanche dopo i titoli di coda.

La fuga dei due fratelli dalla magione segna anche la fine della loro innocenza, e non è un caso che il titolo riporti il nome “Innocence”.

Amicia si troverà costretta a badare al fratello, di cui sa poco e nulla, compiendo anche gesta più grandi di quanto la sua età possa comprendere, scaraventandola, senza fronzoli, in età adulta. 

Si è vista cambiare le proprie priorità dal giorno alla notte, senza neanche avere il tempo di abituarsi o capire effettivamente cosa stesse succedendo.

Fortunatamente, le varie battute di caccia con il padre sono state un buon insegnamento per lei, permettendole di difendersi abilmente con la fionda, seppur questo comporti un costo morale per la giovane. Hugo, d’altra parte, si ritrova tra le mani di una sorella di cui si fida poco, sentendosi invalidato per via della sua malattia ed al tempo stesso estasiato da tutto ciò che vede al di fuori delle mura della propria casa.

Tutte queste emozioni sono trasmesse egregiamente al giocatore, il quale non ha un attimo di respiro per tutta la durata della storia, così come non ne hanno Amicia ed Hugo. Il ritmo è così incalzante da permettere al giocatore di immedesimarsi perfettamente nei due fratelli, al punto che all’inizio del gioco mi è capitato di esclamare “Ma cosa sta succedendo?”, perchè gli avvenimenti, visti con gli occhi di Amicia, apparivano veloci, confusi, come se io stesso fossi in quella situazione.

Man mano che la trama avanza, Amicia ed Hugo evolvono assieme al giocatore, prendendo sempre più consapevolezza degli eventi che maturano in quella che è considerata una delle più grandi piaghe nella storia dell’umanità.

Ed è proprio in questo che Asobo Studio spinge. Ogni singolo dialogo, ogni singola conoscenza ed avvenimento nel gioco ti assale, assolutamente non curante di ciò che si possa provare in quel momento, perchè tu non sei pronto a ricevere tutte quelle emozioni; così come Amicia ed Hugo non erano pronti ad abbandonare il proprio benestare e trovarsi faccia a faccia con la morte.

Più volte durante il corso della partita mi è capitato di avere brividi di ribrezzo, di paura, di ansia, di tristezza. Questo deve fare un gioco: riuscire a trasmettere al giocatore ogni singola emozione provata dal protagonista, ed i ragazzi di Asobo Studio ci sono riusciti alla grande.

Le meccaniche action con una fortissima impronta stealth ti accompagneranno durante tutto l’arco della partita, ed avrai la costante sensazione di essere osservato, di avere gli occhi puntati addosso, come se nell’ombra ci fosse qualcosa pronto a saltarti al collo.

Resta solo una sensazione, perchè la difficoltà del titolo non è elevata, anzi, ma proprio per questo è ancora più godibile in tutto ciò che rappresenta e tutto ciò che vuole essere: una storia.

D’altronde anche il titolo lo dice, A Plague Tale, e scorre così, come un racconto di due fratelli che devono lottare per la vita durante la piaga della Peste Nera, arrivando a perdere tutto ciò che concerne i bambini: l’innocenza. Mai titolo fu più azzeccato, mai un gioco è stato capace di farmi suscitare così tante emozioni, a volte contrastanti.

Ricordiamoci però che è pur sempre un gioco, altrimenti si tratterebbe di una storia interattiva. Con Amicia quindi ci troveremo in alcune fasi action, a volte parecchio incalzanti, nelle quali dovremo districarci con la nostra fionda; avremo la possibilità di migliorare l’equipaggiamento tramite un apposita sezione di crafting, che riguarderà sia l’arma da noi utilizzata, sia l’equipaggiamento; senza dimenticarci dei collezionabili che arricchiscono, e non di poco, il pathos che si respira.

Questo è perfezionato dagli antagonisti, resi veramente bene, che li pone in equilibrio tra timore e disgusto. Una nota lievemente negativa riguarda gli NPC; questi son risultati poco vari nelle texture, con la presenza costante nell’arco di tutta la partita delle solite 2-3 facce.

Per farvi un esempio, c’è un personaggio di una cutscene che viene presentato come se fosse un villain secondario, ma andando più avanti si scopre come questi, in realtà, non sia altri che un NPC, e che di lui ne esistano a decine, con lo stesso identico volto e voce. Personalmente, quando l’ho scoperto, ci sono rimasto un po’ male.

Continuando a parlare di compartimento tecnico, non si può non lodare una grafica letteralmente mozzafiato, che lascia il giocatore più e più volte a bocca aperta, in paesaggi tanto raccapriccianti quanto artisticamente stupendi.

La musica poi, che dire… Immaginate una delle colonne sonore di Hans Zimmer, quello de “Il Gladiatore” ed “Interstellar”, solo per citarne un paio. Senza le sue musiche quei film non avrebbero lo stesso impatto sull’immaginario collettivo; sempre azzeccate, sempre precise, incalzanti al punto giusto ed ansiogene quando ce n’è il bisogno; ecco, in A Plague Tale: Innocence si ha la stessa sensazione.

A farla da padroni sono gli archi, i quali si allineano a tutto lo sfondo, dalle masse infinite di topi, ai momenti in cui ci si deve nascondere, a tutto il resto. Non è facile da spiegare a parole, basta semplicemente stare nel menù principale per qualche minuto ed ascoltare, osservando quello che avviene a schermo.

Il doppiaggio poi è reso in maniera magistrale e, trattandosi di un gioco ambientato in Francia, se si dovesse scegliere la lingua inglese, i personaggi avranno un accento marcatamente d’oltralpe. Ma è con il doppiaggio in francese che il titolo rende perfettamente il tutto. L’emotività dei personaggi, nella loro lingua madre, è talmente forte che alcune volte si ha persino paura ad affrontare alcuni nemici. Veramente complimenti.

A Plague Tale: Innocence non è solo un titolo da giocare, ma anche da vivere e lasciarsi trasportare, soprattutto con un paio di cuffie. 

 

Proveniente dalle onde marittime di Roma, o meglio Ostia, è un grande appassionato di videogiochi, serie tv, film e libri thriller. Cresciuto a suon di pizza, pasta e videogiochi, si è guadagnato il rispetto tra i più famelici mangiatori d'Italia.