Overlord (2018) – Recensione – Julius Avery (2018)

Overlord – recensione di Edoardo “Edux” Babbini

Ad Overlord di Julius Avery non avevate dato molta fiducia, siate onesti. Quanto mostrato sembrava l’ennesimo prodotto a mescolare due generi, film di guerra e horror, senza trovare una sua identità. Inoltre, costruire la campagna pubblicitaria sul nome del produttore, in questo caso il noto J. J. Abrams, non è mai segno di qualità bensì un voler portare le persone in sala solamente sfruttando un nome chiacchierato e conosciuto. Per fortuna mai mi fui sbagliato di più e lottando contro ogni pregiudizio mi sono recato in sala a vederlo.

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Overlord – Una cronaca di guerra

La storia di Overlord è una cronaca di guerra ambientata durante i giorni precedenti al D-day. Un gruppo di soldati americani deve paracadutarsi nei pressi di un villaggio francese occupato dai Tedeschi e abbattere una torre di disturbo delle comunicazioni entro le sei di mattina. Così facendo gli aerei potranno dare supporto ai soldati a terra durante lo sbarco in Normandia.

La base narrativa è quindi realistica, credibile e plausibile. Lo spettatore non si trova estraniato in una Seconda Guerra Mondiale dai tratti fantascientifici e irrealistici, bensì su un campo di battaglia spietato, crudo e senza perdono. 

È quindi questo il contesto dove si dipana l’azione nella prima ora della pellicola, un contesto privo di espliciti rimandi all’elemento orrorifico.

Questa scelta narrativa risulta vincente sotto due aspetti. Il primo è il donare al film un contesto verosimile capace di potenziare l’aspetto soprannaturale che verrà dandogli maggior inquietudine e forza estraniante. Il secondo è quello di mostrare chiaramente allo spettatore di aver compreso il genere cinematografico scelto e aver costruito su di esso una sceneggiatura che non lo tradisca mai, neppure quando si tingerà di rosso.

 

Overlord – Tinte rosso sangue

La domanda che sorge spontanea è quindi una e una sola: riuscirà a risultare credibile la transizione all’horror? La risposta fortunatamente è nuovamente affermativa.

Trovandoci di fonte all’unione di due generi il rischio era sicuramente quello di vedere un miscuglio informe dove l’uno mangia l’altro generando un circolo vizioso destinato a trascinare il film in un baratro colmo di esperimenti simili ma falliti.

L’aspetto surreale in Overlord può invece esplodere in tutto il suo splendore, poichè si pone come la contaminazione di una base di genere stabile e solida. Il film non vuole diventare un horror nelle fasi finali, bensì un film di guerra a tinte gore.

Lo spettatore non deve saltare nel nuovo contesto ma può farcisi trasportare dagli avvenimenti in scena. L’idea che i Nazisti possano aver ottenuto risultati così raccapriccianti dai loro esperimenti segreti è certamente irrealistica, ma lo spettatore è disposto a crederci se portata su schermo lentamente e costruita progressivamente.

Si comincia da una siringa, che vi ricorderà molto Il Rianimatore di Stuart Gordon, per arrivare a creature zombifiche e übersoldati mutanti.

L’escalation sarà quindi sì rapida ma non sfocerà mai in voglia di mettere su schermo carneficine prive di senso col solo scopo di mostrare litri di sangue. Le creature sono contate e i loro scontri coi protagonisti, che esseri umani rimangono, credibili. Non sono inseriti personaggi inutili al solo fine di essere carne da macello.

La cura nel rendere credibile ciò che accade permane quindi anche nella dialettica umano-soprannaturale. Avery non si lascia prendere la mano e si trattiene dall’andare troppo oltre nelle scene più sopra le righe.

Overlord – Un capolavoro produttivo

Un plauso particolare va fatto al lato tecnico del film.

Overlord è sicuramente un film capace di sfruttare perfettamente il budget stanziato risultando nel prodotto finale una produzione da blockbuster a fronte di una spesa effettiva di soli 38 milioni di dollari. 

La ricostruzione di costumi e ambientazioni è infatti impeccabile, l’utilizzo della CGI è contenuto e utilizzato perfettamente solo ove necessario, gli attori seppur poco conosciuti risultano in parte e vi è un massiccio e quasi esclusivo utilizzo di effetti speciali analogici da mozzare il fiato.

Va detto però che degli aspetti predetti ce n’è sicuramente uno che emerge agli occhi dello spettatore, ovvero gli effetti speciali analogici. Finalmente ci si trova di fronte a un regista che comprende come il gore e la visceralità siano più credibili se realizzati concretamente e non riprodotti in digitale.

Ci troviamo quindi innanzi a costumi, maschere, protesi, viscere ricostruite e sangue realmente sgorgato. I corpi che mutano e si sfaldano sono costruiti secondo la più alta e classica tradizione.  Si assiste quindi passo dopo passo alle trasformazioni causate dal siero e si può godere di ogni osso spezzato e ogni lembo di pelle squarciato consapevoli che non si tratti di una blanda ricostruzione computerizzata.

Se c’è un aspetto capace di emergere ve n’è uno che risulta debole, ovvero la scrittura dei personaggi. Seppur Chloe (Mathilde Olivier) risulti a tratti interessante, i soldati interpretati da Wyatt Russel, Jovan Adepo e John Magaro risultano troppo statici e il loro carattere si evolverà su binari prevedibili fin dai primi minuti. Il generale tedesco inoltre, ben interpretato da Pilou Asbaek, risulta poco sfaccettato e incarna quegli ormai divenuti poco più che luoghi comuni dei nazisti cattivi. La sensazione è quindi quella di trovarsi davanti a personaggi incarnanti ognuno i tipici caratteri dei soldati nei film di guerra. Va speso però un punto a favore nel dire come questi uomini siano sì gli eroi della vicenda ma non vengano mai eroicizzati in quanto militari. Viene quindi meno alcun indiretto elogio militarista.

Overlord – Regia e Fotografia

Gli ultimi aspetti da analizzare sono la regia e la fotografia.

La fotografia, nella mani di Laurie Rose e Fabian Wagner, rischiava di rovinare tutti gli aspetti positivi già evidenziati. Si è infatti scelto di incasellare la pellicola in una scala cromatica ben precisa composta da tonalità molto cupe e ombrose. La predominazione di grigio, nero, verde scuro e marrone viene però sfumata con  l’utilizzo di un ottimo gioco di luci. Ciò è inoltre contrapposto a esplosioni di rosso e arancione nelle sparatorie o nelle scene più sanguinolente. La scelta stilistica non abbatte quindi i differenti colori ma li riconduce tutti dentro una precisa cornice.

La regia, seppur priva di particolari virtuosismi,risulta puntuale e studiata. Avery si muove bene negli spazi chiusi e stretti, segue i movimenti dei suoi attori e si sofferma su tutti i dettagli utili al fine narrativo. Le scene d’azione sono costruite con movimenti di macchina semplici, coreografie basilari e cambi di prospettiva rapidi nelle sparatorie. Siamo qui lontani da quelle regie frenetiche e costruite su tagli insensati ormai troppo utilizzate nel cinema d’azione occidentale.

Questa semplicità, anche se forse non voluto dal regista,  dona l’idea di trovarsi davvero davanti a uno scontro a fuoco impacciato poichè tra soldati poco addestrati e mal equipaggiati. Non avendo la necessità di imbastire coreografie dal difficile sforzo registico può lavorare su un terreno meno impervio e far risaltare una regia sicuramente di mestiere seppur non illuminante. Non è quindi l’aspetto più interessante del film ma riesce a essere terreno fertile per far fiorire i veri punti di forza di Overlord.

Overlord – La sorpresa dell’anno

Overlord è quindi una delle sorprese più inaspettate dell’anno nonchè un film capace di portare in sala una possibile rimodernizzazione di alcuni elementi di genere dello scorso secolo oggi difficili da far masticare al pubblico generalista. Sono molti i registi richiamati e non potrete non notare l’amore per un cinema ormai scomparso dalle odierne logiche produttive. Non siamo di fronte a un film perfetto o particolarmente innovativo ma siamo sicuramente davanti a un’idea di cinema ben precisa che trasuda amore per la settima arte.

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Studente di Giurisprudenza e appassionato di cinema, letteratura, videogiochi, fumetti e serie televisive. Le ore che non passa a studiare o interagire con gli altri esseri umani le passa ad approfondire nel modo più completo e approfondito le sue passioni. Il suo motto: “A ogni epoca la sua arte, all'arte la sua libertà”!