The Suicide Squad – Missione suicida la recensione del film

James Gunn firma l’ultimo lungometraggio dell’universo DC. La critica lo acclama, i primi appassionati lo esaltano. Io con la mia recensione di The Suicide Squad vorrei riportare tutti con i piedi per terra e non cadere nel classico gioco, esaltazione/distruzione. Se siete curiosi seguitemi in questa missione suicida, giusto per restare in tema!

The Suicide Squad – Missione suicida

Negli ultimi dieci anni i film di supereroi sono diventati una forza colossale nell’industria dell’intrattenimento. James Gunn è un nome familiare per il suo acclamato lavoro nei due capitoli dei Guardiani della Galassia della Marvel. Il debutto DC vede rappresentare il secondo capitolo della The Suicide Squad. Un gruppo di detenuti con discutibili superpoteri che vengono spinti al servizio della burattinaia delle operazioni Amanda Waller (Viola Davis).

The Suicide Squad – Missione suicida: Sequel o reboot?

Prima di partire con la vera e propria recensione di The Suicide Squad, snoccioliamo alcune questioni. Come vi anticipavo prima, il succo del discorso si cela dietro ad una situazione simile, se non uguale a quella del primo film. La differenza visiva e narrativa viene rappresentata dalla missione stessa. Questa volta la squadra si infiltrerà in un’isola sudamericana per eliminare una giunta militare appena insediata, e spazzare via una misteriosa “superarma”. Ne conseguiranno complicazioni piene di maledizioni e giochetti follemente violenti.

Accanto alla Davis, ritroveremo Joel Kinnaman (Rick Flag), Jai Courtney (Capitan Boomerang) e Margot Robbie (Harley Quinn). Dopo l’anemico Birds of Prey, Robbie ottiene il suo personaggio più purosangue con la star emergente della DC Harley Quinn.

A mio avviso il film è sicuramente un sequel, uno di quei sequel tipici degli anni ’90 nel quale puoi recuperare i capitoli anche in ordine sparso restando comunque dentro la narrazione senza avere chissà quali buchi narrativi da dover colmare. Un esempio possono essere i film di Batman. Il contesto narrativo, lo scheletro della questione resta quello, attorno però, interpreti e trama assumo forme diverse.

Ora è più difficile pensare ad una costruzione del genere, il rimando ai capitoli successivi è nettamente più ricco di intrecci, e questo ultimo capitolo ne mette sul piatto uno molto grosso. Se avete avuto la tipica (sbagliata) fretta di abbandonare la sala a fine film, senza aspettare che i titoli di coda terminassero, beh avete commesso il classico errore da principianti. Più avanti nell’articolo scoprirete a cosa mi riferisco!

Il nuovo cast del film

Prima di giungere alla vera e propria recensione del film The Suicide Squad – Missione suicida (che da qui in poi mi limiterò a chiamare solo The Suicide Squad) vorrei presentarvi i nuovi arrivati. Idris Elba nei panni del killer esasperato Bloodsport, che combina qualità di leadership naturali con una vena antieroica. Il patriottico e psicotico Peacemaker interpretato da quel pezzo di cemento di John Cena. Quest’ultimo ha una vena attoriale degna del peggior modellino realizzato in computer graphics di fine anni ’90. Sembra assemblato con blocchi quadrati e spigolosi che ne limitano il movimento. Forse servirebbe anche a lui un rendering per potergli conferire delle movenze umane e non espressioni più paragonabili ad un RoboCop arrugginito. Caro Jhon, per rispondere ad una tua iconica domanda che ti piaceva inscenare nel Wrestling: “I can see you” purtroppo!

Sono proprio curioso di vederlo in Fast and Furious 9.

A questo già variegato cast cast organizzato di Gunn si uniscono Nathan Fillion, Michael Rooker, Pete Davidson, Alice Braga, Taika Waititi e Peter Capaldi. Per chiudere questo allettante elenco abbiamo il creatore del fumetto stesso John Ostrander. Ma ora addentriamoci nel succo del discorso.

The Suicide Squad – Missione suicida la recensione

Ed eccoci arrivati al nocciolo del discorso. L’occhio della camera iperattiva di Gunn si muove, si rimuove e colpisce a un ritmo vertiginoso. Il film si apre con un’apertura selvaggia ed esilarante. Un assalto alla spiaggia che suona come quella di Salvate il soldato Ryan annaffiata da un cocktail di droghe. Si intensifica attraverso scene d’azione fantasiosamente cattive e piene di vari momenti cruenti e divertenti.

Se devo essere del tutto sincero Gunn apre le scene con Michael Rooker (Brian Durlin, Savant) svelandoci l’idea e la strada che questa narrazione avrà. Le immagini che ritraggono il personaggio nel suo tempo di libertà carceraria sono accompagnate da Johnny Cash che canta Folsom Prison Blues. Una scena che urla a gran voce, sedetevi e tenetevi forte, il film sta per iniziare.

Lo scheletro del film

L’oscuro senso dell’umorismo di Gunn trasuda da una base seriosa, forse persino un pò arrabbiata. Un film irriverente che spara su temi molto grandi, infuriando contro l’imperialismo occidentale, la politica estera americana e l’inganno del governo mentre accusa l’interferenza nei paesi stranieri. Rappresentando questo agghiacciante male burocratico. Amanda Waller emerge come forse il cattivo più odioso dell’universo DC, sicuramente il più freddo. Beh, ma in tutto questo non vedo nulla di così originale, profondo o innovativo come molti vogliono farci passare. Una tematica che non ha neanche più effetto. Un concetto stuprato da molte mediocri edizioni cinematografiche che vogliono cavalcare l’onda narrativa che se ne può ricavare, senza davvero dare un valore al pensiero. Ma andiamo avanti.

I personaggi

In questo mondo nichilista, Gunn trova simpatia per i diavoli, invitando gli spettatori a provare compassione ed empatia anche per i più grandi mostri furibondi e i personaggi dei fumetti più “strani”.

Nell’ultimo periodo l’antieroe e/o eroe “umanizzato” attira molto il consenso del pubblico. Vedere qualcosa di “reale per noi” in narrazioni fumettistiche che inscenano, una volta trasposte in film, situazioni che tutto sono tranne che potenzialmente riconducibile alla realtà, favorisce un legame empatico del tutto vincente.

Un esempio molto recente possono essere le prime due serie di The Boys e la prima stagione di Invicible. Entrambe firmate Amazon.

Potremmo dire che Batman lo fa da tempo, con metodi e stili differenti, motivo per cui Batman “è il mio preferito”, usando una citazione tanto fanciullesca quanto chiara. Ma fermiamoci qui perché dovremmo aprire un capitolo molto ampio rischiando di andare troppo fuori dal campo di gioco. Torniamo alla recensione di The Suicide Squad e ai suoi personaggi, che per me mancano di vera caratterizzazione.

Non basta l’aspetto, non basta qualche battutina ad effetto ed un passato differente per rendere un personaggio ben caratterizzato. Quello che ho percepito è una squadra assemblata. Un pensiero di caratterizzazione di gruppo sviluppato attraverso il reclutamento di personaggi diversi, e non ditemi che questo team non è riconducibile a mille altri. Non è un obbligo farlo, ma certamente non è un dovere esaltare la scrittura di questo film. Se cambiate il nome alla squadra e mettete La Squadra Ginew di Dragonball non cambia nulla, a parte le capacità balistiche.

Caratterizzare un personaggio: ECCO COSA INTENDO!

Un esempio penso sia la migliore spiegazione. Avete presente Lo chiamavano Jeeg robot ?! Film del 2015 diretto e prodotto da Gabriele Mainetti, dal soggetto di Nicola Guaglianone e Menotti. Ecco, per me questo vuol dire dare vita ad una caratterizzazione degna di nota.

Enzo Ceccotti/Jeeg Robot (interpretato da Claudio Santamaria), Alessia (interpretata da Ilenia Pastorelli) e Fabio Cannizzaro/Lo Zingaro (interpretato da Luca Marinelli) sono tre personaggi che puzzano di vero. Ed è una puzza che sentiamo viva nella narrazione. Ne cogliamo perplessità, fastidi e timori. Palpiamo l’umanità dei loro pensieri. Questo vuol dire saper scrivere qualcosa degno di esaltazione.

The Suicide Squad: La regia

È chiaramente un gradino (o più) sopra il pasticcio confuso del film originale del 2016 diretto da David Ayer. Questo sequel è tutt’altro che una risposta o un rifiuto del primo. È la versione 2.0 che mette in evidenza i punti deboli del primo film (che tra l’altro ha vinto un Oscar), ma dà anche un senso all’idea iniziale. Guardare la versione di Gunn mi ha fatto guardare indietro all’originale e pensare: “Ohhhh, quindi questo è quello che stavano cercando di fare”.

Dopo la visione del film ho spulciato le varie recensioni di The Suicide Squad presenti su internet. Nessuna mi ha trovato pianamente in accordo, ma dove sicuramente non posso discutere è la regia. Gestita ed orchestrata in maniera perfetta. Gunn ha davvero dato un tocco deciso al film, e si, questo è un suo enorme merito.

Combattimenti riflessi nell’elmo. Pozze d’acqua che diventano tele da imprimere con le immagini degli scontri. L’azione di Harley Quinn contro numerosi soldati che uno dopo l’altro cadranno vittime dei numerosi colpi “floreali”. Insomma, tanti espedienti di regia che sicuramente hanno rubato la scena ed arricchito una narrazione legata ad una sceneggiatura molto povera.

Voglio lanciarvi una provocazione

The Suicide Squad – Missione suicida è costato la bellezza di 185 millioni di dollari. Sicuramente ben spesi, perché solitamente è questo il budget per coprire sceneggiature povere. Lo chiamavano Jeeg Robot 1,7 milioni di Euro. Spesa paragonabile al costo del catering del film di Gunn, ipotizzo io.

Ad oggi se dovessi scegliere cosa riguardarmi non avrei alcun dubbio. Per me la scrittura vince su tutto, ed è l’unica capace di sopperire a qualsiasi mancanza economica di produzione. Proviamo a pensare a cosa verrebbe fuori dalla mente di Nicola Guaglianone e Menotti (Roberto Marchionni), se fosse assegnata loro la stesura di un capitolo DC o Marvel. Che bello sarebbe se, la scrittura fosse un valore aggiunto invece di essere un corpo gracile e debole da riempire di steroidi per farlo apparire bello?

The Suicide Squad

Ragazzi sarei molto curioso del vostro pensiero in relazione alla mia recensione di The Suicide Squad. Il box dei commenti è qui sotto appositamente creato per dibattere un pò. Vi aspetto! Ah dimenticavo, per chi fosse andato via prima della fine dei titoli di coda Peacemaker non è morto!

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Scrive come tesi di laurea “ Il cinema nella mente” perché per lui la relazione tra cinema e psicologia è tutto. Ama vivere nel sogno, o semplicemente far vivere i suoi di sogni, purché questi vengano vissuti in maniera personale. Non dimentica mai che “In ogni strada di questo paese c'è un nessuno che sogna di diventare qualcuno” e in quel viaggio cosi folle “ Perdersi è meraviglioso”.
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