Perfect Days – Wim Wenders – Recensione

Perfect Days – Wim Wenders – Recensione

Perfect Days è un film bellissimo. Così bello che, quando sono uscita dal cinema, non avevo nulla da dire. Volevo solo passeggiare, senza musica nelle orecchie, senza sedermi a leggere, senza pensare a niente che non fosse il film. Lasciare che le sue musiche continuassero a lievitarmi dentro, che le sue immagini si depositassero nella mia anima. Non volevo niente che semplicità, che leggerezza, che continuare a sentire quel senso di pace che il film mi ha trasmesso.

Sono certa, e lo dico con profonda convinzione, che un film non debba avere una trama precisa, ma un’idea. La stessa cosa vale per i libri. Non è vero che è importante scrivere qualcosa di nuovo (un’utopia pensare di poterlo ancora fare), con personaggi interessanti, un intreccio favoloso. Un film, così come un libro, può anche parlare di una vita qualunque, senza che accada nulla di rilevante, ma riuscire comunque ad emozionare e trasformare chi guarda. Trasmettergli una lezione profonda, che risuonerà nelle pieghe del suo animo.  Così è Perfect Days, la storia di un uomo che ha trovato la felicità, la perfezione, nella routine, nella semplicità, nella misura.

Vivere nel presente, esserci nel presente

Un uomo – e  questo è un nodo focale non solo della filosofia orientale – non ha bisogno di grandi cose per essere felice. Non ha necessità di riempirsi di oggetti inutili, a meno che non abbia un vuoto da riempire. Non ha bisogno di una casa grande, di un’auto potente, di mangiare in ristoranti costosi, di tecnologie all’avanguardia. Non sa che farsene, se è pago di quello che è e di quello che fa. Il problema è che non lo si è mai, si vuole sempre di più, si desidera sempre altro, perfino quando si ha tutto.

Respiriamo, siamo vivi. Che altro ci serve? Harayama (Kōji Yakusho) è un uomo felice. Non si lamenta se si sveglia presto la mattina, non si lamenta del lavoro che fa (si occupa della pulizia e della manutenzione dei bagni, un lavoro di cui non tutti saremmo entusiasti), non si stanca di mangiare sempre negli stessi posti, non è triste di essere solo. Non gli interessa se gli altri lo considerano strano o non condividono il suo stile di vita. A lui va bene così. Ogni giorno sorride uscendo di casa, bevendo il suo caffè, svolge il suo lavoro in maniera scrupolosa. Non vive altrove se non nel presente ed è felice proprio perché vive pienamente ogni attimo. Perché apprezza le piccole cose del presente.

Perfect Days e il Bushidō

Ogni giorno pranza sotto ad un albero e lo fotografa, ogni sera si reca allo stesso ristorante e ogni notte, prima di addormentarsi, legge un libro. Nella sua libreria ci sono solo libri che ha letto e che compra ogni domenica da una piccola libreria dell’usato. Ci va in bici, andando a mangiare nel ristorante, gestito da una donna che tutti i suoi clienti chiamano “mamma”. Un luogo piccolo e accogliente, dove si suona, si scherza, si legge, si mangia bene. Un posto in cui tutti coloro che si sentono soli riescono a tenersi compagnia, a sentirsi meno abbandonati. Meno soli, appunto.  Poi, ascolta la musica anno ’70 delle sue videocassette, mentre è a casa o in macchina. Ritira le foto che fa con la sua macchina fotografica da un piccolo negozietto.

Sembra avere assorbito e fatto sua la lezione che Seneca tentava di trasmettere al suo allievo prediletto, al suo Lucilio: vivere nel presente, senza pensare al passato e senza temere il futuro. Eppure, non si tratta di un insegnamento solo senechiano. Anche il Bushidō, il manuale dei Samurai, nonché caposaldo della filosofia giapponese, insegna a vivere nel presente, a svolgere ogni mansione con cura, con il massimo impegno, che non è persa una vita se si insegue la vera bellezza, la semplicità. Ogni giorno, i samurai si svegliavano presto, affilavano le spade, si allenavano, mangiavano poco e meditavano, ripetendo le stesse azioni ogni giorno, alla ricerca dell’equilibrio. Harayama è, in questo senso, un samurai dei tempi moderni e Wim Wenders , con il suo ventiquattresimo film, è come se avesse voluto rivelarci il segreto della felicità.

L’inevitabilità del cambiamento

Eppure, la vita non è mai solo ripetizione. Nessuno può sfuggire al tempo che passa e al cambiamento. Infatti, all’improvviso, la nipotina di Harayama fa il suo ingresso nella vita dello zio, e ne sconvolge la routine. Da quel momento in poi, non sarà mai tutto come prima. Ma il protagonista lo sa, lo sa bene che il cambiamento è inevitabile. Infatti, lui in primis ha lasciato la sua vecchia vita per iniziarne un’altra del tutto diversa. Spartana, umile, eppure bellissima. Sembra davvero incarnare quella saggezza che la filosofia antica tentava in tutti i modi di insegnare. Solo che non è facile vivere da saggi ed è fin troppo semplice dare agli altri lezioni di saggezza. Harayama, invece, ci riesce. Lui è è un saggio per davvero. E la sua pace interiore è un paradiso verde, come quelle piantine che innaffia nella sua stanzetta.

Un invito, quello del grande regista Wim Wenders, a ritrovare e cogliere il senso della vita. A smettere di soffrire, rimpiangere ciò che abbiamo perso, a goderci il momento presente. Che non vuol dire cogliere l’attimo solo per paura che finisca, ma viverlo con qualità, con leggerezza e profondità. Solo così avremo una sequela di giorni perfetti.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...
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