Wild Hearts – Recensione
Un buon gamer dovrebbe essere a conoscenza della saga di Monster Hunter, e sappiate che non si può iniziare una recensione di Wild Hearts senza parlare di Monster Hunter; questo perchè il nuovo gioco di EA si avvicina tremendamente al titolo giapponese e da molti è stato designato come “IL competitor” pur senza esserlo ufficialmente, ed è facile capire il perchè.
Correva l’anno 2004, quando in Giappone vide la luce il primo capitolo di Monster Hunter, grazie a mamma Capcom, che per PS2 provò a trasformare ogni player in un cacciatore di bestiole tutt’altro che amichevoli. Dopo le comparsate dal discreto successo anche su PSP, il sodalizio con Nintendo e boom! Il gioco diventa un cultissimo, conosciuto in lungo ed in largo.
Da quel momento i cloni di Monster Hunter si sono sprecati, ma c’è chi è riuscita a distinguersi dalla massa, come Koei Tecmo.
Koei pubblica infatti due capitoli di Toukiden, e il brand sembra andare bene, con buone meccaniche, una lore differente e molto interessante, una collaborazione creativa con Omega Force, che come team di sviluppo è il re dei Musou e quindi riesce a creare qualcosa di convincente… ma non tanto convincente da poter minimamente scalfire la tenuta di Monster Hunter.
E allora per fare il grande passo la casa produttrice capisce che ci vuole una marcia in più! Koei mantiene lo sviluppo nelle mani di Omega Force, ma passa la palla della distribuzione ad EA e decide di cambiare brand, virando su questo Wild Hearts, per ripartire di slancio, con un nuovo prodotto, nato dalla fusione di tre team esperti e capaci per dare vita ad una vera “killer app” in grado di buttare giù il colosso di Capcom. Ci riuscirà?
Wild Hearts è ambientato nella terra inventata di Azuma, che altri non è che una versione più scenografica del Giappone feudale. La spettacolarità di Azuma non è infatti data dall’architettura o dai suoi paesaggi, che non si discostano molto dal sovracitato Giappone, bensì per la presenza di creature impressionanti, conosciute come kemono, che vagano per la terra.
I kemono sono bestie temibili, molto grandi e dotate di poteri inimmaginabili, al punto da decimare la “popolazione” dei cacciatori. In pochi si battono ancora contro creature che possono addirittura cambiare l’ambiente circostante a loro piacimento… troppo pericoloso! Beh noi saremo proprio uno dei pochi cacciatori rimasti, sprezzanti del pericolo, e pronti a dare la vita per uccidere kemono!
Un incontro in solitaria con uno dei kemono più forti esistenti è quasi fatale, ma sopravviveremo per adempiere ai nostri doveri di caccia.
A questo punto di questo piccolo preambolo sulla storia ci potremmo aspettare una lore di gioco molto interessante, con una bella storia da seguire, qualcosa di memorabile, ma no. Lo diciamo subito. La componente storia di gioco è soltanto sufficiente e non ci sono stati momenti epici ed indimenticabili durante il mio viaggio ad Azuma, seppure ci sia una cura maggiore ai dettagli e allo storytelling rispetto ai vari episodi di Monster Hunter.
Nel gioco saremo accolti dal tutorial, che ci fornirà le basi per approcciarci al meglio al mondo di gioco, come la corsa, la lotta, l’arrampicata sui muri, il furto. Subito dopo la missione iniziale avremo accesso all’editor del nostro personaggio e sicuramente posso dirvi che la discreta scelta di opzioni di personalizzazione rende questo editor appagante e permette di creare qualsiasi cosa si abbia in mente.
Pronti, via! Si muore!
Si perchè il primo scontro sarà ancora parte del tutorial in pratica ed avremo a che fare con una boss-fight che non potremo vincere. Solo dopo aver perso questo scontro entreremo realmente nel mondo di gioco.
Il tutorial svanirà e ci esporrà al ciclo di gioco principale, che non si allontana troppo dalla formula di consolidata degli hunting game.
Un primo focus va fatto sul combat system, che vede in primis una buona diversificazione delle armi: 8 in totale.
Avremo la Katana, il Pugnale con Artiglio, l’Arco, il Wagasa, il Cannone, il Nodachi, la Mazza e il Bastone.
- La Katana non ha bisogno di presentazioni
- Il Pugnale con Artiglio è un’arma leggera perfetta per i movimenti rapidi e i combattimenti aerei, con l’artiglio che fa da rampino dopo essersi conficcato nei corpi dei kemono, consentendo di realizzare buone combo di attacco.
- L’Arco è un’arma padroneggiabile fin da subito, consentendo di sferrare un buon numero di attacchi restando a distanza dal nemico.
- Il Wagasa è il classico ombrello armato da combattimento, che può attaccare o essere utilizzato per parare gli attacchi del nemico
- Il Cannone è un’arma pesante a lungo raggio il cui funzionamento è incentrato sul controllo di due elementi: l’indicatore di carica e l’indicatore di calore, che mostra la sua temperatura. Sarà fondamentale non sovraccaricarlo.
- Il Nodachi è un gigantesco machete pesante e piuttosto lento, quest’arma a corto raggio infligge enormi danni e offre una maneggevolezza solo sufficiente. E’ più tecnico da padroneggiare e farebbe la felicità dello Chef Tony
- La Mazza è un’arma pesantissima, che offre una potenza straordinaria e un’ampia varietà di combinazioni, ma scopre il fianco agli attacchi nemici per via della sua lentezza.
- Il Bastone è particolare perchè è una sorta di arma universale mediamente pesante che può assumere ben cinque forme diverse: Bastone lungo, Doppia zanna, Picca di guerra, Grande shuriken e Spada Lunga.
Per ogni arma avremo tre tipi di attacco, suddivisi in Attacco 1, 2 e 3, con il primo che è solitamente un attacco veloce, il secondo che è un attacco potente e il terzo che è un attacco speciale.
Le armi sono ben diversificate, ma non altrettanto bilanciate. Le curve di apprendimento, notevolmente basse per alcune e altissime per altre, sono alla base del primo problema per il videogiocatore. La cosa farà infatti propendere per le armi più “semplici”, rispetto a quelle più tecniche e difficili da gestire, ma la cosa non andrà bene a braccetto con la difficoltà generale del gioco e la potenza disarmante dei kemono, che metteranno davvero a dura prova l’utente proprio nelle battute iniziali.
Con lo scorrere del gioco le cose si ribaltano, anche grazie ad una meccanica innovativa del gioco, ovvero quella dei karakuri.
I karakuri sono il fulcro del potere dei cacciatori; marchingegni bellici e non solo, in grado di trasformare letteralmente la vita del nostro eroe. Da archibugi da guerra, a molle di spinta, a tende, forge, attrezzature per creare vere e proprie zipline, mezzi di trasporto! Ci sarà davvero da sbizzarrirsi con i karakuri.
Karakuri che sono tra l’altro legati a doppia mandata ai combattimenti con le bestie, in quanto alcuni di essi andranno in combo con determinati attacchi di determinate armi, ribaltando come già detto la situazione.
Ci troveremo a passare da un momento di difficoltà enorme ad uno che farà scendere verso il basso il livello di sfida, in quanto potremo utilizzare fino a 6 karakuri contemporaneamente e alcuni di essi potrebbero andare in combo tra di loro, oltre che con la nostra arma, per generare dei sistemi d’attacco che nessun kemono potrà gestire.
Omega Force ha cercato di bilanciare queste meccaniche ponendo dei paletti e limiti all’utilizzo dei karakuri, inserendo il “filo”, un consumabile necessario alla creazione dei nostri marchingegni, in modo da limitarne l’impatto, e ha reso i karakuri vulnerabili e non indistruttibili, proprio per evitarne l’abuso. Questi paletti funzionano? Beh ni… in solitaria sicuramente limitano i danni, ma con il multiplayer le cose cambiano drasticamente.
All’aumentare dei cacciatori (massimo 3) aumentano i karakuri e i problemi per i kemono, che riescono ad essere battuti forse troppo facilmente (l’adattamento dei nemici non ci è parso ottimale).
Nel complesso abbiamo un gameplay in stile impero romano… Omega Force ha creato una solida base di partenza, ha espanso il suo impero di gioco all’inverosimile grazie alla diversificazione così riuscita delle armi e alle infinite possibilità di interazione con i karakuri, ma ha poi perso un po’ di solidità generale, con delle dubbie scelte nel bilanciamento di tutto l’ambaradan.
C’è da sottolineare che il tutto non inficia globalmente l’esperienza di gioco, che anzi, è comunque a suo modo appagante ed eleva il gioco a vette del panorama relativo agli hunting game, ma allo stesso tempo lascia l’amaro in bocca perchè si sarebbe potuto davvero avere in mano una bomba ad orologeria, anche perchè il comparto tecnico è di ottimo livello.
Ho testato la versione console, riscontrando pochi bug e solo qualche strano rallentamento qua e là, ma sappiamo di una non altrettanto buona ottimizzazione della versione PC. Nel complesso però i kemono sono belli da vedere e l’unico appunto veramente negativo va fatto alla telecamera, spesso posizionata male, che fa imprecare di frequente nelle fasi concitate, soprattutto al cospetto dei kemono più grandi.
Insomma, Wild Hearts è un ottimo esponente dell’universo dei giochi di caccia. Non è perfetto, ma nelle sue imperfezioni è comunque un must play per gli amanti del genere. I fan boy di Monster Hunter lo umilieranno, i non schierati potrebbero adorarlo, i non avvezzi al genere potrebbero comunque provarlo.
Il mio giudizio però non deve essere contaminato da sentimentalismi, e pensando che il 4/5 potrebbe dare troppo agio ai ragazzi di Omega Force per l’uscita di un nuovo capitolo della saga (perchè sicuramente baseranno tutto sul mio voto – ndr), mi sento di dare un 3/5 che deve essere uno sprone a fare meglio, perchè con questa attenzione, con queste idee innovative, hanno dimostrato che sono sulla buona strada per scalare la vetta del genere.
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