La terra di Dio (2017) – Francis Lee – Recensione

photo by Agatha A. Nitecka

Ho rivisto recentemente La terra di Dio e mi è venuto questo irrefrenabile desiderio di parlarne. E sì, che volete farci? Quando sopraggiunge tale prurito, occorre grattarsi e farlo con decisione e con grande passione. Perciò, bando alle ciance e disquisiamo di questo film di Francis Lee.

Che bello l’amore, specie se nasce in un paesino circondato da campi, in una fattoria, tra gli animali che partoriscono e belano, nell’armonia silvestre e rurale. Con un padre che ti rimprovera qualunque cosa tu faccia e una nonna che ti guarda con disprezzo perché ti ubriachi ogni sera e vomiti sul suo bel parquet. Lì, solo, in mezzo al nulla, quando tutti gli altri amici che avevi sono andati al collage, si sono liberati del peso della famiglia e hanno scelto una strada che li allontanerà progressivamente dal loro paese natale.

Deve essere dura sentirsi diversi, vergognarsi di esserlo ed essere costretti a stare sempre nello stesso posto, senza possibilità di fuga o di redenzione. Non è semplice la vita di Johnny Saxby (Josh O’Connor) e non stupisce se appare sempre curvo nelle scene iniziali, appesantito dalla sua vita, piena di responsabilità, senza la possibilità di lasciare tutto e andarsene a zonzo per il mondo. Con l’occhio giudicante del padre che non fa che guardare con severità questo ragazzo, così diverso da lui e così lontano da quello che avrebbe voluto che diventasse. E dovendosi confrontare con un modello irraggiungibile, Johnny si sente frustrato, turbato, specie perché in questo paesino con due anime e tante pecore è difficile amare liberamente, senza il peso dell’altrui giudizio e del proprio. Fortuna che, prima o poi, giunge il destino a bussare alle sue porte blindate.

In questo caso è un ragazzo di nome Gheorghe Ionescu (Alec Secăreanu), che porta una ventata d’aria fresca tra le colline e nella testa di quel ragazzone di Johnny, così preoccupato dell’opinione altrui, così severo nei confronti di se stesso, così burbero, quando in verità vuole solo essere amato. E chi non lo desidera? Eppure, Francis Lee, regista di Ammonite (2020), ci vuole dare una gran bella lezione di vita, che ci fa capire che, fortunatamente, la situazione è migliorata rispetto a I segreti di Brokeback Mountain, film tristissimo che intendeva muovere al pianto gli spettatori. L’omosessualità, maschile o femminile che sia, non è un problema. Non vediamo nessun personaggio che insulta i nostri protagonisti. Qui il solo che sembra avere problemi è proprio Johnny. Lui è il solo reale ostacolo alla sua felicità.

Si tratta di un messaggio importantissimo, che è anche presente in Ammonite. Bisogna pensare a sé e a quello che si vuole davvero senza tutte queste fisime. Vivere e basta, ecco tutto. Già è tanto complicata questa vita, se dobbiamo farci anche noi un mare di problemi, non si finisce più. E, soprattutto, che c’è di male? Cosa c’è da nascondere? La terra di Dio, premiato al BAFTA 2018 anche come miglior film, è un lungometraggio da non lasciarsi sfuggire ed è il simbolo di un nuovo modo di trattare l’amore omosessuale nel cinema. Una cosa importante, ve l’assicuro, perché quando un ragazzino vedrà questo film magari smetterà di incolpare se stesso, crederà nella possibilità del lieto fine e si vorrà un po’ più di bene. Chissà, magari si dichiarerà perfino al ragazzo che gli piace.

Potrete vedere questo lungometraggio inglese sia su Mubi che su Amazon Prime Video. Non lasciatevelo sfuggire! Certo, magari non vedetevelo con vostra nonna che stanno delle scene d’amour travolgente.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...