Women Talking – Il diritto di scegliere – Recensione

“Quello che segue è un atto di immaginazione femminile” è la frase pronunciata dagli anziani di una remota colonia religiosa per spiegare anni di aggressioni sessuali verso le proprie donne, lasciandole terrorizzate, incinte o addirittura morte.

Prima di affrontare la recensione di Women Talking – Il diritto di scegliere volevo ringraziare Eagle Pictures che mi ha permesso di vedere il film presso il The Space Cinema-Milano Odeon.

Women Talking – Il diritto di scegliere recensione

E’ tratto da un romanzo

Il film è un adattamento del romanzo di Miriam Toews del 2018, una libera rivisitazione di una serie di gravi crimini della vita reale. Eventi svolti all’interno dell’isolata comunità mennonita della Bolivia all’inizio degli anni 2010. Donne di tutte le età sono state spesso violentate dai loro mariti, fratelli e vicini, dopo essere state drogate con tranquillanti per cavalli. Polley descrive tale barbarie con sensibilità che molti non avrebbero usato, costringendoci mai a guardare gli atti ma solo le conseguenze, abbastanza da scioccare e inorridire. Gli uomini raccontano alle donne che questi incidenti sono opera di fantasmi o di Satana o della selvaggia immaginazione femminile. Ma i sospetti vengono smascherati e i colpevoli arrestati. Le donne, tra cui Rooney Mara, Claire Foy, Jessie Buckley e in un cameo Frances McDormand, sono costrette a fare una scelta apparentemente impossibile. Hanno solo poco tempo prima che gli uomini vengano liberati dalla prigionia e quindi devono decidere se restare e combattere, provare a cambiare la comunità e la sua vile e violenta misoginia dall’interno o andarsene e ricominciare da capo con la consapevolezza che se lo faranno verranno scomunicate e rischieranno di entrare in paradiso nell’aldilà.

 

Alcune riflessioni a riguardo

Negli ultimi anni, abbiamo sentito storie strazianti da molte donne che descrivono insidiosi abusi sessuali, ma le più “strumentalizzate” non provengono (comprensibilmente) da comunità complicate e riservate come quelle descritte nel film.

Alle donne mennonite che incontriamo è stato negato l’accesso anche all’istruzione più informale (non sanno leggere né scrivere) e la loro educazione di clausura ha anche significato che non hanno né il vocabolario né la sicurezza per discutere del proprio corpo o di ciò che accade loro. È il vero orrore di cui parlano, il silenzio tra ciò che è accaduto e ciò di cui non si può parlare. Questi dettagli  forniscono a Polley un insolito punto di ingresso sull’argomento.

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Le donne sono ovviamente molto più intelligenti e più curiose di quanto gli uomini si siano mai permessi di immaginare. Piccole digressioni le hanno portate in questo posto molto più grande con una posta in gioco più alta. Ogni donna ha anche avuto un’esperienza nettamente diversa del proprio abuso, forse fisicamente simile, ma il modo in cui ha scelto di elaborarlo rimane unico e specifico. Tale trauma spesso viene appiattito sullo schermo per via delle scelte narrative e di regia che sono state prese.

La messa in scena del film

È tutto inevitabilmente scenico, con scene chiacchierone e tese che soppesano i pro e i contro delle decisioni. Polley fa alcuni tentativi per portarci fuori dalla stalla, per ampliare la tela narrativa, ma penso che emerga molta artificiosità in alcuni dei costrutti. Vorrei fossimo seduti a guardare, e riflettere sul messaggio dell’opera, a teatro.

In parte è dovuto ad alcuni dei dialoghi, che sono spesso elettrici ma altrettanto spesso ripetitivi. Temi ciclici ovviamente dichiarati e poi riformulati, qualcosa che spesso può sembrare meno stridente sul palco.

C’è un lavoro davvero forte qui da parte di Claire Foy, che si sta riprendendo da un breve inciampo nella carriera in cui è andata a Hollywood ed è tornata a mani vuote. La rabbia tremolante brucia attraverso lo schermo. Ottimo Ben Whishaw come unico maschio visibile del film, troppe interpretazioni ci ricordano che questo è un dramma piuttosto che qualcosa di più sfumato.

Women Talking – Il diritto di scegliere poteva essere più incisivo

L’urgenza dello scenario riguarda le donne. Quest’ultime devono affrontare una decisone la cui posta in gioco è pericolosa per la loro stessa vita, e per le generazioni a venire. Purtroppo non si traduce sempre nel film, non sempre brucia così dolorosamente come dovrebbe, forse a causa del ritmo o la grigia tavolozza visiva del film.

La decisione di Polley di girare tutto con un’estetica tenue e sbiadita distrae e allontana. Una scelta strana che non trova mai una giustificazione. Tali immagini senza vita non possono smorzare completamente le dure discussioni delle donne che spesso colpiscono un punto difficile e avvincente mentre parlano del marciume degli abusi.

Dove questo schifo inizia e come può, se può, mai finire. Le donne non sono interessate a giudizi superficiali, ma un’esplorazione di come sono arrivate a questo punto. Ognuno è una vittima. Il tentativo di Polley penso sia quello di affrontare un problema difficile, non sempre così lucido come potrebbe sembrare.

Per concludere la recensione di Women Talking – Il diritto di scegliere

Questa opera ha reso il mio compito molto arduo. Mi è stato difficile trovare le parole per analizzarla. Ho aspettato di assimilare bene le emozioni/sensazioni per potermi esprimere con la giusta delicatezza (e spero di averlo fatto) che questa tematica merita. Alla fine ho capito che il mio problema si nascondeva proprio dietro alla tematica.

Delle situazioni cosi incredibili (nella congettura più negativa del termine) sono lontane anni luce dalla società moderna che viviamo ogni giorno e invece questo film, e ancor prima il romanzo di Miriam Toews, ci mostra tutto il contrario. Una tematica così forte è risultata un arma a doppio taglio per il mio giudizio finale. E’ come se si fosse trasformata in un enorme masso, dove i miei reali sentimenti si sono nascosti a visione ultimata.

Come fai a restare impassibile? Delle volte del tutto annoiato davanti a tematiche strazianti come queste?

Rifiutavo di aver vissuto questo film in maniera apatica, quasi disinteressata, ma alla fine il mio compito è quello di esprimermi con sincerità analizzando ogni singolo aspetto, tecnico e non.

Scrivere la recensione di Women Talking – Il diritto di scegliere mi ha aiutato ad essere onesto con me stesso.

Riconosco l’importanza narrativa, ma non condivido molto delle scelte intraprese. Insomma, questo film cosa ho voluto comunicarmi? Ha voluto semplicemente informarmi di questa situazione? Alla prima non trovo risposta, perché le scelte tecniche hanno creato il vuoto tra me e l’opera. Generando una visone totalmente apatica. Alla seconda domanda, non trovo giustificazione.

Non è un documentario, anche se potrei citarvi documentari che senza schierarsi all’interno della narrazione sanno offrire delle emozioni molto più forti di questa pellicola. E tutte quelle continue riflessioni? Volevano giustificarmi la ricercatezza della libertà del pensiero delle donne? Di poter esprimere pensieri ed emozioni? Non lo so so, l’unica mia certezza fuori dalla sala è che nulla di questo è arrivato forte e chiaro e io ne sono rimasto deluso.

Sicuramente le mie idee sono caratterizzate da delle mancanze, o meglio da grosse lacune di pensiero, ma alla fine, come dicevo prima, io devo essere onesto con voi!

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Scrive come tesi di laurea “ Il cinema nella mente” perché per lui la relazione tra cinema e psicologia è tutto. Ama vivere nel sogno, o semplicemente far vivere i suoi di sogni, purché questi vengano vissuti in maniera personale. Non dimentica mai che “In ogni strada di questo paese c'è un nessuno che sogna di diventare qualcuno” e in quel viaggio cosi folle “ Perdersi è meraviglioso”.
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