Dead Space – Recensione – PC, XBOX Series X|S, PS5

Recensione Dead Space Remake

Finalmente riusciamo anche noi a dire la nostra su Dead Space, il remake del survival horror omonimo del 2008. Torniamo sulla USG Ishimura e svisceriamo gli orrori del Marchio.

Ci siamo, uno dei titoli più attesi dell’anno ha visto la luce, sempre che di luce si possa parlare in un ambiente claustrofobico e spento come quello della Ishimura. L’ho giocato, finito, iniziato di nuovo, testato a fondo e perso qualche battito, ma alla fine sono sopravvissuto. EA Motive è riuscita a tirar fuori il meglio da tutti gli hardware a disposizione: PS5, XBOX Series X|S e Windows.

Io ho provato Dead Space su PC e ringrazio Electronic Arts ed EA Motive per avermi permesso di scrivere questa recensione, che come al solito è sulla lunghezza d’onda di tutte le mie recensioni per quanto riguarda i toni e le critiche/elogi.

Cominciamo subito con il dire che questo gioco è pesante. Con la configurazione che avevamo precedentemente in redazione (RTX 2080 Super, Ryzen 7 3700X e 32GB di Ram 3200mhz con risoluzione 1440p), il gioco girava male. Talmente tanto che, come Forspoken, ho dovuto abbassare tutti i dettagli al minimo. Capite bene che giocare a Dead Space nel 2023 senza godere pienamente dei miglioramenti grafici apportati risultava correre una gara di Formula 1 con una Fiat Panda.
Fortunatamente è arrivata la configurazione nuova (RTX 4080, Ryzen 7 5800x e 32GB di Ram 3200mhz sempre con risoluzione 1440p) ed ho potuto esclamare ad alta voce: “Finalmente ci vedo!”. Il problema è proprio questo: io non posso aspettare di avere dei componenti high-end per poter vedere un gioco al massimo del suo potenziale. In questo modo si esclude una fetta di utenti non indifferente. Forse le case di sviluppo dovrebbero curare meglio l’ottimizzazione e non sperare che ogni videogiocatore abbia in casa una scheda video da 2’000€ o poco meno.

Trama

Spiegone per chi non avesse mai giocato Dead Space nel lontano 2008. A quei tempi andavo al liceo, e quel giorno marinai la scuola insieme ad altri compagni per giocare sulla XBOX 360 quello che sarebbe stato il mio primo titolo survival horror. Sì lo so, sono un fifone, ma a quei tempi avevo paura di qualsiasi cosa; con il corso degli anni ho recuperato molti dei videogiochi horror perduti durante la strada, ma comunque resta un genere che non mi fa stare “tranquillo”… COMUNQUE, torniamo a Dead Space.

Noi impersoniamo Isaac Clarke, un ingegnere che è assillato dalla costante voglia di rivedere la sua fidanzata Nicole, Ufficiale Medico di istanza sulla USG Ishimura. Pensate, Isaac non vede Nicole da così tanto tempo che ha deciso di offrirsi come volontario per andare a riparare l’Ishimura; se solo avesse saputo…
Il gioco inizia con un olovideo nel quale Nicole ci sta chiedendo aiuto e ci troviamo sulla nave Kellion che di lì a poco attraccherà sulla Ishimura per delle riparazioni. I nostri compagni di viaggio sono Kendra Daniels, Zach Hammond, il Caporale Chen ed il Caporale Johnston. Nel mentre ci apprestiamo ad atterrare, un malfunzionamento nei sistemi automatici di atterraggio ci farà quasi schiantare e morire ancor prima di mettere piede sulla Ishimura. Dopo lo schianto nel ponte di volo capiamo che la Kellion ha bisogno di riparazioni e quindi cosa si fa? Si va a cercare un modo per riparare sia la nostra nave che l’Ishimura. Ma cos’è questa Ishimura?

È una nave della C.E.C., la Concordance Extraction Corporation, di classe “Planet Cracker”. Il suo obiettivo è quello di prendere quante più risorse possibili dal pianeta Aegis VII. Le trivellazioni si sono fermate per un guasto e per tale motivo la Kellion con il suo equipaggio è stata chiamata.

Poco dopo essere arrivati sulla Ishimura capiamo che c’è qualcosa che non va a bordo, perchè nessuno viene ad accoglierci e la nave sembra deserta. Non facciamo in tempo a guardarci attorno, e perderci tra i bellissimi giochi di luce in questo fantastico remake, che il gruppo viene attaccato da delle creature aliene antropomorfe estremamente violente e con una passione per la dissezione.
Il tutto si fa estremamente confusionario, e la paura è l’unica cosa che ci permea il corpo. Scappiamo per un montacarichi dopo che le porte di questo tranciano in qualche pezzo il nostro poco amichevole mostro che aveva voglia di giocare con i nostri arti. Siamo divisi dal resto della squadra, su una nave che non conosciamo e mezza buia, ci sono dei “cosi” su tutta l’Ishimura che vogliono farci a pezzi e come se non bastasse la Kellion viene distrutta. Non un ottimo inizio per il nostro Isaac, ma sicuramente eccellente per un videogioco horror.

Ha così inizio la nostra lotta alla sopravvivenza in un luogo che tutto vuole tranne che essere riparato, salvato o qualsiasi altra cosa di positivo. Dobbiamo pensare solo ed esclusivamente a rimanere vivi. Sì, ma in tutto ciò dove sta Nicole?

Come il gameplay è cambiato e/o migliorato in 15 anni

La prima, enorme, differenza rispetto a Dead Space del 2008 riguarda proprio il protagonista: per tutto il gioco non lo sentivi pronunciare una parola o togliersi il casco. EA Motive ha deciso di rendere più “umano” Isaac, lo sentiamo parlare, esprimere emozioni e togliersi il casco. Il tutto sicuramente per un’immersione più profonda sia con l’ambiente che con il personaggio.

Ok che il silenzio assordante del titolo originale metteva ansia, però…

Per uccidere questi Necromorfi bisogna tagliargli gli arti, ed in questo ci verrà in aiuto un arsenale di armi capace di fare questo e molto altro ancora. Come l’originale del 2008 ogni arma ha i suoi pro ed i suoi contro e sono potenziabili, ma questa volta sono state aggiunte delle nuove abilità ed il sistema di miglioramento stesso è stato sistemato ed adattato per i giorni nostri. Uno svecchiamento che ho apprezzato parecchio ed ha reso sicuramente il gioco più fruibile ad un pubblico che neanche sapeva dell’esistenza di un titolo originale perchè troppo piccolo.

Le differenze nel gameplay non finiscono qui. Il lifting apportato da EA Motive sul prodotto di Visceral Games riguarda anche le aree “Zero G”. Alcuni di voi ricorderanno come fosse possibile effettuare diverse operazioni solo ed esclusivamente nel vuoto oltre ad un numero limitato delle stesse, questa volta è possibile muoversi liberamente grazie a dei motori di spinta posti sulla tuta di Isaac. Qui molti storceranno il naso, ma la possibilità di vedere in tutto e per tutto questi scenari offre delle possibilità pazzesche non solo durante i combattimenti, ma anche visivamente. Il motore grafico Frostbite ha dato il meglio di sé in ogni circostanza, c’è da dirlo.

Chi ha avuto la possibilità di giocare al Dead Space del 2008, avrà inoltre notato quanto questa volta il backtracking sia fondamentale. Alcune aree della Ishimura sono chiuse per via dei protocolli di sicurezza; beh nel corso del gioco otterrete la possibilità di aprire queste aree perché guadagnerete dei livelli di permesso sempre più alti. Quell’armadietto di Livello 2 vicino l’infermeria, che vi ha fatto bestemmiare non poco, potrete aprirlo dopo un po’ di backtracking. Apprezzabile il gesto per poter dare più longevità ad un gioco che per i veterani può essere concluso sotto le venti ore.

Nel complesso i cambiamenti al gameplay erano necessari e la differenza non si nota.
Poi, se volete a tutti i costi criticare perché solo questo sapete fare, prendete il titolo originale di quindici anni fa e giocate quello. Tanto torniamo sempre al solito discorso: vi lamentate perché vi piace farlo. Non siete in grado di godervi l’atmosfera claustrofobica dei corridoi della Ishimura senza andare a cercare il pixel che non vi va a genio; che bisogno c’era di creare un thread su Reddit solo ed esclusivamente per far notare un’insegna di un bagno unico per tutti i generi? Ma invece di pensare a queste cose, perché non andate a cercare qualche Necromorfo e non gli fate saltare le braccia? No, eh…

Tecnicamente ineccepibile

Ho detto all’inizio quanto fosse pesante questo gioco, ed in tutto questo Frostbite non è un motore grafico leggero, ma tecnicamente è veramente pazzesco. Sfrutta in tutto e per tutto l’hardware di nuova generazione.

I giochi di luce, le ombre che si allungano, il buio, la rifrazione nella foschia… Il tutto è studiato in maniera tale da avvolgerti in un ambiente pieno di ansia. Non sai mai quando un mostro possa uscire allo scoperto e provare a tagliuzzarti come lo Chef Tony.
I Necromorfi, poi, hanno subìto un lavoro volto a farti provare un misto tra ribrezzo e schifo. Più li danneggi più le varie parti del corpo si staccano e così vengono esposti organi, muscoli ed ossa… Un lavoro che quindici anni fa non avrebbe dato i risultati di adesso sicuramente.

L’Ishimura, come ho detto più volte nel corso di questa recensione, vive in un costante ambiente chiuso fatto di luci lampeggianti, nebbia e corridoi che si spengono improvvisamente. Il design della stessa è studiato per darti una continua sensazione di girare su te stesso, in una sorta di labirinto dell’orrore.

Il ray tracing aiuta tantissimo sotto questo aspetto e la differenza di immedesimazione si nota. Inutile dire che questo è un gioco da provare assolutamente in un ambiente senza luci e con delle buone cuffie; il vostro cuore ringrazierà.

Una nota non troppo positiva, ma neanche da buttare va al doppiaggio in italiano. Sappiamo tutti come funziona con i videogiochi: il doppiatore non sa mai la scena che sta doppiando, si trova la linea di testo davanti ed una breve descrizione. Quindi i toni non sono sempre azzeccati, ma la colpa non è di certo di chi si trova dietro il microfono. A prescindere da tutto, il doppiaggio del remake è comunque migliore dell’originale del 2008.

 

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Proveniente dalle onde marittime di Roma, o meglio Ostia, è un grande appassionato di videogiochi, serie tv, film e libri thriller. Cresciuto a suon di pizza, pasta e videogiochi, si è guadagnato il rispetto tra i più famelici mangiatori d'Italia.