Gli spiriti dell’isola – Recensione – Martin McDonagh
Gli spiriti dell’isola è la nuova pellicola diretta da Martin McDonagh, già regista di Tre manifesti ad Ebbing, Missouri. Il cast è formato da nomi come Colin Farrell, Brendan Gleeson e Barry Keoghan ed ha raccolto numerose premi e candidature, tra cui nove nomination alla cerimonia degli Oscar del 2023.
Un ottimo mix di generi
Come la precedente pellicola del regista, Gli spiriti dell’isola mescola in maniera egregia diversi generi. In questo caso ci troviamo davanti ad una storia che presenta elementi della commedia grottesca, del drammatico e del film storico.
Il primo di questi generi citati si presenta sin da subito, in quanto racconta fondamentalmente le vicende di due amici da una vita quando uno dei due inizia a stancarsi dell’altro. Di punto in bianco, in maniera molto grottesca e decisamente sopra le righe.
Il secondo inizia ad arrivare dopo un po’ che il film è iniziato, poiché sono presenti elementi più seri, con toni anche decisamente meno allegri rispetto ai primissimi minuti. Qua infatti cominciano ad essere affrontati i temi di cui l’opera vuole parlare.
Si parla sul passaggio dell’uomo sulla Terra, sul fatto che ogni singolo essere umano ci rimane per poco tempo e che in quel breve periodo difficilmente farà qualcosa che lo renderà immortale.
Il terzo è forse quello un po’ più marginale, che il regista ha inserito più che altro come elemento simbolico, poiché non risulta chiarissimo (almeno ad una prima visione) come si interseca con il resto delle vicende.
Questo perché è ambientato in un contesto storico che risale esattamente 100 anni fa, nel 1923.
Più nello specifico, in quel periodo vi era la Guerra civile irlandese.
Questa guerra non viene mai mostrata per davvero. Per il resto si tratta in tutto e per tutto di vicende che sono il frutto della fantasia del cineasta.
Un film da vedere e rivedere
Non siamo certo davanti ad una pellicola che ha bisogno di più visioni per essere compresa, dopo la prima il grosso della storia risulta essere chiaro e comprensibile.
Tuttavia, ci sono alcuni elementi che risultano più enigmatici e criptici, con cui McDonagh spinge lo spettatore ad accendere il cervello e ragionare sul loro significato, a dare un’interpretazione.
Senza addentrarci, altrimenti rischiamo di spoilerare, possiamo affermare che questi elementi rendono ancora più interessante e profonda la pellicola.
Il lato tecnico
Una delle cose che sicuramente si fa notare della pellicola è il suo comprato tecnico.
La componente che risalta più su tutte è quella attoriale, ma ad essa dobbiamo dedicarle un paragrafo apposito.
Il secondo elemento è quello che riguarda la sceneggiatura. McDonagh ha scritto una storia in cui non ci sono tantissimi personaggi, ritagliandosi quindi la possibilità di caratterizzarli in maniera davvero notevole.
Essa poi la si può definire decisamente molto valida poiché è proprio lì che il regista ha saputo alternare i generi ed i temi citati in precedenza, creando momenti incredibilmente profondi ed altri decisamente più divertenti.
Molto buona la fotografia, giocata su colori piuttosto freddi che riescono a creare un’atmosfera perfetta, e la regia, impostata su inquadrature molto semplici e che magari in un primo momento potrebbero sembrare non particolarmente ricercate, ma che riescono a mettere bene in risalto i sentimenti dei personaggi.
Le prove attoriali
Come accennato nel precedente paragrafo, tutti gli attori presenti in questo film hanno svolto un lavoro strepitoso.
Hanno dato vita a personaggi complessi, non facili da portare sullo schermo e farlo in maniera decente. Eppure ci sono riusciti.
Non a caso, l’Academy ha nominato tutti e quattro gli interpreti principali per una statuetta alla novantacinquesima cerimonia degli Oscar, in maniera più che meritata.
I personaggi principali risultano, chiaramente, più approfonditi ed affrontano un viaggio di maturazione molto ben sviluppato. I secondari, invece, servono per lo più per far evolvere i primari, ma sono stati comunque ben caratterizzati e funzionano decisamente bene.
Per tornare ai protagonisti, la cosa che abbiamo principalmente apprezzato è che non si tratta di persone interamente positive o interamente negative. Ci sono alcuni momenti in cui il personaggio di Colin Farrell ottiene una maggiore empatia da parte degli spettatori, mentre in altri punti questo privilegio è riservato a quello di Brendan Gleeson.
Lo stesso discorso lo si può fare per Dominic, interpretato da Barry Keoghan, poiché inizialmente non fa proprio una bellissima figura, ma ci fermiamo qua con la spiegazione.
L’unica che può essere definita positiva in tutto e per tutto è Siobhàn, portata in vita da Kerry Condon (recentemente vista nei panni della nuora di Mike Ehrmantraut in Better Call Saul).
Una traduzione imprecisa del titolo
Se vogliamo trovare un difetto alla pellicola, questo è costituito dalla traduzione italiana del titolo.
È vero che The Banshees of Inisherin avrebbe reso poco nel mercato italiano, invogliando probabilmente meno gente ad ad andarla a vedere.
È però altrettanto vero che un titolo del genere nella nostra lingua potrebbe essere difficile da tradurre.
Si è deciso quindi di optare per un più semplice Gli spiriti dell’isola. “Dell’isola” può anche starci, ma “spiriti” è una traduzione forse un po’ troppo imprecisa, poiché quel “banshees” fa riferimento ad un elemento della storia ben specifico. Traducendolo appunto con “spiriti”, il titolo perde un po’ di significato.
Riassumendo
Gli spiriti dell’isola (o The Banshees of Inisherin) è un film estremamente potente. Riesce a far ridere ed allo stesso tempo a far riflettere in maniera molto ben bilanciata ed offre delle prove attoriali mostruose. Potrebbe aggiudicarsi non pochi Oscar e potrebbe essere ricordato per un bel po’ di tempo.
Vota o Commenta