Emily in Paris – Parliamo di questa terza stagione – Recensione

Inizio col dire che per me, creatura certamente soggetta all’errore, Emily in Paris è un gioiellino. Piccolo, naturalmente, ma seppur nei suoi limiti un godibilissimo spettacolo. Non vuole essere una serie impegnata (e infatti non lo è), ma un modo per passare il tempo, un modo speciale per intrattenere un pubblico variegato.

Per questa ragione, quando ascolto e leggo critiche feroci alla serie Netflix di Emily in Paris, io davvero non capisco. Mi lambicco il cervello cercando di comprendere come sia possibile che l’essere umano debba sempre aprire la bocca per far prendere aria ai denti. Mi spiego, eh. Non ti preoccupare, mio adoratissimo lettore e mia ancora più adorata lettrice. Cercherò di farti capire cosa intendo con un esempio.

Mia madre adora i film, adora le serie; è una persona curiosissima, siede davanti al televisore e guarda, riguarda e stra-guarda qualunque cosa. Apprezza tantissimo andare al cinema e appartiene a quella categoria che non ha mai scaricato illegalmente un film. Insomma, lei è un’isola felice. Ma quando le chiedo che ne pensa di un film (per esempio, Pulp Fiction), lei lo paragona al cartone animato di Mulan, insomma ad un prodotto cinematografico che non c’entra un tubo. Così fanno molti critici: si mettono a contestare un prodotto in base a parametri arbitrari e dicono “bello Emily in Paris, ma non è Euphoria“. Piacere che non è Euphoria. Non vuole essere Euphoria, così come non vuol essere una sitcom, un dramma o una serie da Emmy.

Parliamo di un prodotto d’intrattenimento. Leggero, che non mira alle stelle ma neppure alle stalle. E qua, alla fine della riflessione aneddotica arriviamo al punto: la critica deve essere sensata, altrimenti meglio non farla proprio. Emily in Paris merita parole diverse. Innanzitutto, qual è il target? Un pubblico molto vasto, che va dagli adolescenti fino agli adulti. Precisamente, si rivolge a quelle persone che sono vittime dei cambiamenti. Donne, perlopiù, che magari devo affrontare la fine di una relazione o del lavoro dei sogni. Insegna loro a non buttarsi giù e ad essere fedeli a se stesse. Poi, naturalmente, c’è molto di più perché è una serie piuttosto versatile. La prima puntata è, per esempio, sulle note di Sartre e sulla necessità di scegliere, perché anche non scegliendo, le persone intorno a te prendono una decisione. Nulla è destinato a restare cristallizzato. Vedete? Nozioni di esistenzialismo in pillole. Non è meraviglioso?

Per quanto riguarda i temi…

…si tratta dei soliti triangoli, amore non detto, intrighi, l’elogio dell’amicizia femminile, una protagonista che si mette sempre nei guai e a cui non si può che voler bene. E poi Parigi, troviamo Parigi in tutte le salse. Uno dei momenti più belli di questa terza stagione è quando Gabriel (Lucas Bravo) e la sua insopportabile fidanzata Camille (Camille Razat) girano tra le opere d’arte degli impressionisti. Ammirano le sculture e i dipinti di Degas, i quadri di Renoir, le cattedrali di Monet, e si perdono nella potenza dei propri sentimenti, sfuggendo per un momento alla realtà, e cioè alla constatazione che non si amano più da tempo.

Tra amore, lavoro e felicità

In fondo, è tutto qui. Ognuno desidera ardentemente due cose: fare il lavoro dei propri sogni ed essere felici con qualcuno che si ama. E spesso la seconda cosa può incidere sulla prima. Quante volte per amore si rinuncia alla carriera? Quante volte non ascoltiamo noi stessi e quello che davvero vogliamo? Lily Collins, con la sua Emily, ha reso simbolicamente una generazione, un’epoca, meglio di quanto abbiano tentato di fare molti altri: è un’americana che parte per Parigi, senza conoscere la lingua. Lascia la sua comoda vita a Chicago e viene trasportata nella città più romantica al mondo, ove tutto pare avvolto da un alone di sogno e mistero. E, come tra le nuvole, Emily si innamora nuovamente, ritrova se stessa, dà libero sfogo al suo talento creativo (intelligentemente, senza mai vendere parte di sé, ma valorizzandosi).

Da un punto di vista tecnico non è Kubrick, ovvio, ma non è neppure il filmino della prima comunione che vi ha girato vostro zio. Insomma, diamo ad Emily quello che è di Emily. Se avete voglia di una serie carina, con cui passare il tempo, vi consiglio di godervi queste avventure parigine; altrimenti, vedete Alice in Bonderland, che parla sempre di qualcuno al di fuori del proprio elemento, che si fa strada in un regno estraneo. Vi piace l’idea?

Se vuoi rimanere aggiornato sulle ultime news e sulle ultime novità dello store, non dimenticare di seguirci su Instagram (Nerdream.it e  Nerdream Store), Facebook e Telegram!
Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...