La vita bugiarda degli adulti – Recensione – Netflix

La Vita Bugiarda Degli Adulti. (L to R) Valeria Golino as Vittoria, Giordana Marengo as Giovanna in episode 103 of La Vita Bugiarda Degli Adulti. Cr. Eduardo Castaldo/Netflix © 2022

La vita bugiarda degli adulti – Recensione

Il 4 gennaio arriva su Netflix la serie dal titolo La vita bugiarda degli adulti, tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, autrice diventata popolare negli ultimi anni per aver scritto la saga de L’amica geniale.

Un inizio che sembra promettente

Dobbiamo ammettere che non sapevamo che cosa aspettarci da questa serie. Il trailer sembrava promettere piuttosto bene ed il fatto che l’altra serie televisiva tratta da opere dell’autrice (L’amica geniale appunto) ha avuto un grossissimo successo internazionale dava una maggiore sensazione di ottimismo.

Il primissimo episodio parte piuttosto bene, rivelandosi essere una serie indirizzata molto di più ad un pubblico adulto, ma che è stata confezionata in maniera buona. Quest’impressione, però, inizia ad essere messa in dubbio già dopo soli venti minuti. 

Succedono una serie di cose che sarebbero di per sé perfettamente credibili, ma accade tutto troppo in fretta, di conseguenza i tempi appaiono totalmente sbagliati ed inverosimili.

Finita la sequenza di avvenimenti a caso, compare per la primissima volta il personaggio di Vittoria, interpretato da Valeria Golino. 
Per evitare di fare spoiler ci fermiamo qua a raccontare le cose che succedono, ma diciamo solo che per quel poco che compare (prima dei titoli di coda), la Golino riesce a riaccendere interesse verso la storia. 
Ciò accade perché recita in maniera sublime, rendendo credibile dei dialoghi che senza di lei probabilmente avrebbero funzionato molto di meno.

In generale, la scrittura risulta decisamente carente. Non avendo letto il romanzo non sappiamo se non funzioni molto bene per problemi di adattamento o se la storia in sé nasce debole.
Sta di fatto comunque che vuole essere ambiziosa, ma la sceneggiatura fallisce in ogni punto possibile, anche grazie a dei dialoghi oltre il limite del banale e del superficiale.

L’interesse cala a picco

Il primo episodio risulta venuto male, ma mette curiosità di proseguire, perché da la sensazione di essere un qualcosa che diverte per quanto sia sbagliata.
Basta però già il secondo per perdere definitivamente le speranze.

Iniziano a susseguirsi scenette dimenticabili, che appena finisce la puntata già non si ricordano più.
Un minimo di interesse rimane, perché i personaggi vengono caratterizzati abbastanza bene da riuscire ad incuriosire comunque il pubblico.

Tutto ciò va avanti per tre episodi, poi si inizia a toccare definitivamente il fondo. I personaggi non riescono più a suscitare emozioni nello spettatore che non siano diverse dall’indifferenza più totale. Questo poi se va bene, perché alcuni diventano odiosi in maniera non particolarmente motivata.

Una volta guardati i primi quattro, l’unica cosa che si inizia a desiderare è quella di riuscire a finire la visione il prima possibile, se proprio le si vuole dare una possibilità fino alla fine.
Ed è qua che inizia la vera tortura.

I capitoli 5 e 6 si rivelano essere l’apoteosi della noia e delle cose a caso.
Come prima, di base non si tratta di faccende irrealistiche, però sono totalmente sbagliati i tempi. Succede tutto troppo in fretta, i rapporti finiscono ed iniziano senza un reale nesso logico o una contestualizzazione. Sembra che sia così solo perché la trama ne ha bisogno.

In questo modo l’interesse cala a tal punto da rendere davvero faticoso restare dietro a tutto ciò che succede.

Ed il finale è una delle cose più anonime che si siano viste.

Alcuni meriti

Nonostante si tratti di un prodotto venuto decisamente male, bisogna ammettere che alcuni piccoli elementi risultano comunque riusciti. Il classico orologio rotto che segna l’ora esatta due volte al giorno.

La parte tecnica, ad esempio, è stata curata piuttosto bene.
Ci riferiamo per lo più a tutto ciò che riguarda l’aspetto puramente visivo, quindi fotografia e regia.

La prima funziona discretamente. Forse anche questa un po’ anonima, ma riesce comunque a rendere l’atmosfera. La seconda invece è stata realizzata davvero bene. È ispirata e molto curata, con delle inquadrature spesso lunghe ed anche abbastanza difficili da realizzare.

Sicuramente da apprezzare questo impegno, ma poiché deve mettere in scena una storia fin troppo scarsa, non riesce a salvare niente, perché non c’è niente che può essere salvato.

L’ultimo elemento consiste in un paragone che viene fatto tra religione e conoscenza. Tutti i personaggi, nel corso della serie, prenderanno una delle due posizioni, facendo un’analisi forse meno incisiva di quello che poteva essere, ma che comunque funziona bene.

Mi ha sorpreso che una serie come questa presenti una sottotrama così, prendendo forse anche una posizione insolita per il tipo di prodotto che è.

In conclusione

La vita bugiarda degli adulti, purtroppo, non si può definire un prodotto ben riuscito. Sembra che all’inizio gli addetti ai lavori ci credessero, poi è successo qualcosa che ha fatto cambiare loro idea. Peccato, perché per quanto potesse non essere una storia originale, se sviluppata bene il potenziale lo aveva.

 

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Nato a Bologna nel 1996, si appassiona al cinema da bambino, quando capisce gli piacerebbe lavorare in quel campo. Più nello specifico come regista e sceneggiatore. Nel 2020 apre su Instagram un profilo che chiama "Recensisco Cose Audiovisive", con cui inizia a parlare di cinema e serie televisive con altre persone che condividono la sua passione.