Pinocchio di Guillermo Del Toro – Recensione – Netflix

Pinocchio di Guillermo Del Toro – Recensione – Netflix

È uscito su Netflix l’adattamento in stop motion di Pinocchio realizzato da Guillermo Del Toro e tratto dalla storia scritta da Carlo Collodi. Il cast vocale vanta nomi come Christoph Waltz, Cate Blanchett, Ewan McGregor e tanti altri.

 

L’ennesimo adattamento

Realizzare questo adattamento era un grandissimo rischio, perché si tratta di una storia che tra grande e piccolo schermo si era già vista non poche volte.

È un racconto che, se sviluppato con un minimo di impegno, funziona sempre più o meno bene. Quando però vengono prodotte più versioni, è più facile che il pubblico inizi a stancarsi di vedere sempre le stesse cose, anche se realizzate in maniera molto valida.

Quando fu annunciato, infatti, il nostro entusiasmo era piuttosto basso. Va bene che comunque c’è Del Toro dietro, però la curiosità era davvero molto scarsa.

Il tutto ha iniziato a risultare interessante quando si è scoperto che la pellicola sarebbe stata ambientata in Italia all’epoca del Fascismo: elemento che in questo contesto risulta parecchio innovativo. 

Una volta che si inizia il film, infine, tutti i dubbi vengono messi a tacere, perché sin dai primi minuti si ha la sensazione di star guardando qualcosa di completamente nuovo, ma che allo stesso tempo riesce ad essere anche un adattamento di Pinocchio.

 

Una storia interamente stravolta

Quando si porta una storia da un media ad un altro, spessissimo viene adattato tutto in maniera non particolarmente fedele. Questa scelta è quasi sempre soggetta a forti critiche, soprattutto da coloro che hanno ampiamente apprezzato la versione originale e che vorrebbero rivedere quella stessa storia anche nell’opera derivata.

Ecco, il Pinocchio diretto da Guillermo Del Toro è uno di quei tanti prodotti che stravolge totalmente l’opera originale, ma lo fa in maniera molto intelligente e sensata.

Vengono radicalmente cambiate le origini di alcuni personaggi, altri sono stati inventati per il film, o altri ancora (come il Gatto, la Volpe e Mangiafuoco) sono stati fusi in uno unico, ovvero il Conte Volpe, doppiato in originale da Cristoph Waltz.

Anche le vicende sono state ampiamente modificate, oltre al fatto che ne hanno aggiunte di nuove.

Scelte del genere si possono probabilmente definire audaci, perché se decidi di stravolgere tutto devi avere in mente un’idea ben precisa di ciò che vuoi fare. Devi riuscire a rendere sensato il fatto che per raccontare quella storia ti servono quei personaggi, altrimenti potresti inventartene di nuovi che il tutto funzionerebbe bene comunque (fai molto meno rumore dal punto di vista del marketing, ma questo probabilmente è un altro discorso).

E Del Toro a rendere sensato che quella storia venisse raccontata con quei personaggi ci è riuscito benissimo.

 

Un film che si rivolge a tutti

Come accade spesso soprattutto negli ultimi anni, questo film può essere visto sia dagli spettatori più piccoli che da quelli più grandi.

In questo modo, viene offerta ad un pubblico di qualsiasi età la possibilità di apprezzare la pellicola. 

I temi vengono affrontati davvero bene e possono essere presi come spunti di riflessione sia dai bambini che dagli adulti, sono ben approfonditi ed anche piuttosto profondi. L’unica differenza tra i due tipi di pubblico è che gli adulti colgono più dettagli perché hanno più esperienza.

Per quanto riguarda la comicità invece, ci sono momenti in cui è molto più fisica e slapstick, altri in cui si crea un umorismo più sottile e ricercato. Una distinzione pensata, appunto, per divertire tutti.

In tutto questo, inoltre, il fatto che la pellicola sia stata realizzata da Guillermo Del Toro è piuttosto palese. La sua mano l’abbiamo vista soprattutto in tutto ciò che riguarda la nuova figura della Fata Turchina, che qua diventa due entità extra-terrene e tutto ciò che è inerente alla questione della morte.

 

Un film che emoziona e non poco

Il regista messicano è riuscito a suscitare più di un’emozione a chi guarda la sua opera: si ride, si riflette e ci si commuove.

Il tutto grazie a dei personaggi approfonditi in maniera molto accurata, delle situazioni comiche decisamente riuscite (come tutte le prese in giro che vengono fatte al fascismo ed al saluto romano) ed una sceneggiatura davvero ben scritta, che sa mettere in scena diversi elementi e gestirli tutti ottimamente. 

In tutto questo, inoltre, il montaggio imposta un ritmo piuttosto incalzante, che mantiene lo spettatore incollato allo schermo.

 

Uno stop-motion di altissimo livello

Siamo di fronte ad un prodotto di animazione che utilizza la tecnica dello stop-motion, resa particolarmente conosciuta da film come quelli di Wallace & Gromit, Galline in Fuga o le pellicole animate di Wes Anderson.

Se in questi titoli appena citati si vedeva che i personaggi sono dei pupazzi realizzati in plastilina e che presentano dei movimenti fluidi fino ad un certo punto, Del Toro riesce a fare qualcosa di qualità superiore, facendo sembrare i pupazzi quasi come se fossero stati realizzati in computer grafica, con dei movimenti talmente fluidi da contribuire all’illusione che in realtà non sia stop-motion.

 

Tiriamo le somme

Pinocchio di Guillermo Del Toro è un film che potrebbe non risultare interessante, per via del fatto che si tratta dell’ennesimo rifacimento del romanzo scritto da Carlo Collodi. Inizia a suscitare curiosità quando si capisce che rielabora tutto quanto in maniera coraggiosa, ma azzeccata. Era difficile rendere bene il tutto, ma il regista ci è riuscito.

Un’opera che diverte, commuove e fa riflettere tutti, grandi e piccoli. A nostro parere ha il potenziale per venir riconosciuta come capolavoro, con il passare del tempo. Questo soprattutto per via dell’ottima storia che racconta, ma anche grazie all’impressionante lavoro di animazione che è stato realizzato con lo stop-motion.

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Nato a Bologna nel 1996, si appassiona al cinema da bambino, quando capisce gli piacerebbe lavorare in quel campo. Più nello specifico come regista e sceneggiatore. Nel 2020 apre su Instagram un profilo che chiama "Recensisco Cose Audiovisive", con cui inizia a parlare di cinema e serie televisive con altre persone che condividono la sua passione.