Man and Dog (o meglio Dogman) – Recensione – Stefan Constantinescu

Man and Dog – Recensione

Man and Dog (Om-Câine, letteralmente quindi “uomo-cane”) è un film rumeno-ungherese, che ho potuto vedere sempre in sala stampa durante il Torino Film Festival. Un film che mi ha stregata.

Un film di cui ancora adesso ricordo nitidamente le scene, gli scambi di battute e che, nonostante sia piaciuto così tanto a me, non ha colpito allo stesso modo molte delle persone con cui ho parlato. Il ché mi ha portato a farmi delle domande importanti, esistenziali: quanto sono affidabile? Quanto il piacere personale può incidere sul giudizio che si ha su un film? Perché mia madre mi ha generata, anziché giocare a carte quella sera con papà? Quesiti che rischiavano di restare senza risposta finché, nel bel mezzo di queste lecite domande ideologiche ed etiche, mi sono fatta un giro sul web, alla ricerca di esseri umani che abbracciassero la mia visione (soggettiva, certamente) delle cose e ho avuto il sostegno di cui necessitavo. Ma adesso bando alle ciance e godiamoci il trailer.

Di cosa parla questo film divisivo? Parla di un marito e di una moglie. Due persone diverse, due persone apparentemente felici, eppure infelici in modo di diverso. Due persone che si trovano nella medesima situazione, e cioè di fronte ad un tradimento, ma che reagiscono in maniera diversa. Tale differenza è certamente dovuta ad una cultura e da una società che accetta che la gelosia di un uomo sfoci in comportamenti ossessivi e persecutori, ma che vuole che la donna, invece, accetti passivamente la situazione e che, anzi, accolga il marito come fosse niente. Non solo perdonando il tradimento, ma addirittura fingendo che non sia mai successo niente. Facciamo bene ad arrabbiarci, perché è una situazione di cui non riusciamo a liberarci, nonostante ne siano trascorsi di anni dal 1950.

Il film (che si sarebbe dovuto tradurre con Dogman, non con Man and Dog, ma vabbè) segue questo meccanismo. Il tutto inizia con il protagonista, interpretato da Bogdan Dumitrache, che percorre 2000 km per andare a trovare la sua famiglia, allertato (si scoprirà) da un messaggio anonimo. Scoprirà chi ha mandato i messaggi, ma si tratta di un’informazione secondaria, così come non vedremo mai il volto dell’uomo con cui la moglie, una splendida Ofelia Popii, l’ha tradito. Un trovata molto intelligente, a mio parere, non mostrare questo misterioso amante. Sappiamo solo che è ricco, che è uno scapolo parecchio desiderato e un eccezionale amatore. Possiamo dargli il volto che più ci aggrada, possiamo immaginarcelo in ogni modo e ci appare come un gigante. Un’ombra che sovrasta il marito.

Quando e perché l’uomo diventa cane?

Al regista, e cioè a Ştefan Constantinescu, non interessano questi dettagli. A lui interessa il dogman, l’uomo-cane, l’uomo che cessa di essere essere umano e si comporta da cane: insegue, scruta, litiga, diviene altro da quello che è. Gli interessa l’alienazione dalla condizione di umano, il processo dissociativo e degenerativo che colpisce il maschio nella società tout court, non solo moderna, quando sente che sta perdendo ciò che ama e (inevitabilmente) quando percepisce che ad essere in pericolo sia anche la sua mascolinità. Eppure, sebbene scivoli nella follia e si comporti sempre più da bestia, il protagonista resta un uomo, riuscendo a trovare una mediazione tra i suoi istinti più bassi e le sue buone caratteristiche. 

La moglie, invece, resta sempre umana, nonostante sappia da tempo dei tradimenti del marito. Eppure, la verità non li separa, anzi li unisce come mai fino a quel momento. E chi poteva aspettarselo che due persone potessero resistere ad una cosa del genere? Il regista, in questo primo lungometraggio (preceduto da numerosi corti e da un documentario) vuol anche dare un’importante lezione, come ha spiegato in un’intervista fattagli al Festival del Cinema di Torino (non da me, che però ho tante altre splendide qualità come quella di inserire articoli che non c’entrano niente, tipo questo o questo o quest’altro ancora):

“Noi persone facciamo progetti e abbiamo ogni tipo di sogno. Ciò che sorprende è che abbiamo sempre la sensazione che solo una piccolissima cosa ci separi dal raggiungimento del nostro obiettivo. Siamo entrambi così vicini e così lontani da ciò che vogliamo e, sfortunatamente, non prendiamo in considerazione tutte le forze coinvolte per arrivarci, o se lo facciamo, l’entusiasmo e la speranza ci costringono ad avere una visione molto soggettiva di ciò che è accadendo”.

L’invito del regista è, perciò, diciamoci la verità. Diciamoci se non ci amiamo, se le cose non funzionano, se ci sentiamo soli, incompresi. Perfino se ci siamo traditi. Ricordiamoci sempre che la lontananza si può colmare, basta amarsi per davvero ed essere più comprensivi con gli altri e con noi stessi. Null’altro che questo. Per questo (e non solo) Man and dog è il mio film preferito di questo TFF.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...