Omicidio nel West End – Recensione – Tom George

Omicidio nel West End – Recensione – Tom George

Su Disney+ è arrivato Omicidio nel West End, un giallo largamente ispirato a Trappola per topi di Agatha Christie che risulta molto innovativo e che include nel cast nomi come Sam Rockwell, Saoirse Ronan e Adrien Brody.

Un giallo che prende in giro il giallo

Questo film lo si potrebbe descrivere dicendo che sembra di guardare A cena con delitto – Knives out se fosse stato diretto da Wes Anderson.

La pellicola di Rian Johnson rielabora l’impostazione classica del giallo e la stravolge, creando qualcosa di nuovo e piuttosto innovativo. Questa cosa viene fatta anche qua, con la differenza che l’asticella viene ulteriormente alzata. Se Knives Out si limita a stravolgere ed innovare, Omicidio nel West End mette anche alla berlina di quegli stessi clichè che cerca di non ripetere.
È un film decisamente ambizioso, poiché sin dalle prime battute ti fa capire che oltre ad essere un poliziesco, sarà anche una sorta di parodia del poliziesco.

Una compagnia teatrale realizza una trasposizione del romanzo di Agatha Christie dal titolo Trappola per topi. Lo spettacolo ottiene, con il passare delle repliche, sempre più successo, fino ad arrivare a riproporlo per ben cento volte ed interessare un produttore cinematografico a realizzarne una versione per il cinema. Viene ingaggiato un regista, che però non sta simpatico a molte persone; motivo per cui, una sera, viene assassinato.

Il fatto che le vicende ruotino in parte attorno ad uno spettacolo teatrale fa si che la storia possa spesso fare dei parallelismi tra quella che nel film è la realtà e la finzione, riuscendo in questo modo a parodiare come abbiamo accennato poco fa. Ciò imposta degli standard molto, ma molto alti, perché se prendi di mira la classica storia gialla trita e ritrita e poi crei qualcosa di anch’esso trito e ritrito (o anche solo un minimo prevedibile) poi lo spettatore si sente preso in giro.

Era un’opera davvero difficile da gestire bene, ma il regista ci è riuscito alla grande (ed è la sua prima).

Cosa c’entra Wes Anderson?

La questione inerente a Wes Anderson si concentra sull’impatto visivo che la pellicola offre, perché assomiglia davvero tanto ad un suo film. L’unico problema è che forse lo fa un po’ troppo. Il regista si è palesemente ispirato allo stile del regista di Grand Budapest Hotel, ma non si riesce a capire bene quanto ci abbia messo di suo. La differenza sostanziale è che non presenta una regia simmetrica. E meno male, se no sarebbe stata una copia in tutto e per tutto.

C’è da dire che comunque in questo caso ci può stare che abbia rubato, perché, come già accennato, si tratta della sua prima opera e non sempre i registi hanno uno stile consolidato con i loro primi lavori. Oppure ce l’hanno, ma non avendo visto altro ci diventa difficile capirlo. In ogni caso, bisogna aspettare almeno un altro film.

Il lato tecnico

Nonostante sembra che il regista si sia ispirato forse un po’ troppo, c’è comunque da ammettere che ha lavorato bene. Cosa che comunque non è scontata, soprattutto quando si cerca di replicare uno stile altrui, perché essendo di altri, chi lo copia potrebbe non avere le capacità di farlo. Le inquadrature sono molto interessanti e davvero ben studiate.

Ottima anche la sceneggiatura, che presenta una storia di altissimo livello, complicata, piena di avvenimenti e che riesce ad equilibrare in maniera eccellente la serietà di un giallo con un umorismo spesso fisico ma che funziona alla grande. Si tratta di un comicità davvero ben bilanciata, che non risulta scontata o banale, ma anzi, parecchio ricercata.

L’ultima (ma non per importanza) caratteristica che risalta è la chimica tra Saoirse Ronan e Sam Rockwell, perché hanno saputo creare una coppia che è perfetta, l’uno completa l’altra. Se la comicità funziona così bene è in larga parte dovuto alla loro bravura. Sono stati capaci di fare ridere e non poco.

Piccola precisazione sulla coppia Ronan/Rockwell: il film noi lo abbiamo visto in inglese, di conseguenza non sappiamo se tale caratteristica sia stata resa bene anche in italiano. Se lo avete visto doppiato fateci sapere in un commento come vi è sembrato, se invece lo guarderete in seguito alla lettura di questa recensione fatecelo sapere una volta conclusa la visione.

In conclusione

Si tratta di un film che riesce ad essere un giallo mettendo questo genere alla berlina. Ciò porta un’altra ventata di aria fresca verso il poliziesco, dopo A cena con delitto – Knives Out (e ne ha ottenuta un’altra ancora con il sequel).
Si ride, si indaga, ci si stupisce e si riflette anche un po’. Da vedere assolutamente.

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Nato a Bologna nel 1996, si appassiona al cinema da bambino, quando capisce gli piacerebbe lavorare in quel campo. Più nello specifico come regista e sceneggiatore. Nel 2020 apre su Instagram un profilo che chiama "Recensisco Cose Audiovisive", con cui inizia a parlare di cinema e serie televisive con altre persone che condividono la sua passione.