Rodeo – Un elogio alla libertà – Recensione Film – Lola Quivoron

Mentre mi trovavo alla prima di Rodeo, ero straordinariamente sull’attenti. Ero travolta da tutta l’energia e l’adrenalina che anima l’intero film, tanto che quando le luci si sono accese e si è perfino conclusa la magia dei titoli di coda, la sola cosa a cui ho pensato è che non mi sarei mai annoiata. Neppure ad una seconda o terza visione.

Amici e amiche mie (immagino che tra di noi sia già nato un profondo legame d’amicizia), questa è la grande magia cui ciascuna opera cinematografica dovrebbe ambire. Innanzitutto, Rodeo è il film che al Torino Film Festival ha ricevuto più riconoscimenti: è stata premiata la sua protagonista (Julie Ledru) e, inoltre, il lungometraggio ha vinto anche il premio della giuria. E non poteva andare diversamente, perché è un film bellissimo, che andrebbe visto e rivisto. 

La forza di Rodeo non è nella sceneggiatura – comunque molto personale e matura nonostante sia un’opera prima – ma nella potenza delle immagini, nel ritmo col quale scorrono. Insomma, è la regia che va lodata, perché se una motocicletta sfreccia sulla strada è perché il suo motore funziona alla perfezione. E, a sua volta, se il motore funziona, potremmo aggiungere, è perché ogni pezzo è montato a dovere, specie il suo pistone (che la nostra Julia, la protagonista e l’anima di questo mirabile film, tiene costantemente al collo). Lola Quivoron, sua regista e grande appassionata di rodei, descrive un mondo innanzitutto al maschile, certo, ma popolato da reietti, delinquenti, persone confinate ai margini e abituate a vivere seguendo le direttive del più forte. Lo spettatore non è indotto a giudicarli o a disprezzarli; piuttosto simpatizza per loro. Prova ammirazione per chi vive questa esistenza al limite, sulla strada, in una giungla d’asfalto nella quale ciascuno pare muoversi come può, vivendo alla giornata, perfino rischiando l’arresto o, peggio, la morte negli acrobatici volteggi dei rodei.

In questo universo apparentemente chiuso e inaccessibile, si insinua Julia, una donna atipica, forte, intelligente e capace di modificare sensibilmente gli equilibri di tale realtà. Lo spettatore nota con i suoi occhi quanto possa essere complicato l’ingresso della ragazza in un mondo popolato da maschi, nel quale domina una logica maschilista e sessista, ma la regista non calca troppo la mano su questo dato oggettivo. Piuttosto “shows and doesn’t tell”, evitando la vuota retorica che hanno tantissimi film del nostro tempo. Perché lo spettatore non è stupido: percepisce e vede tutto senza che gli venga detto nulla più del necessario. Sono le immagini, è la storia con le sue dinamiche a dover parlare. Ed è esattamente quello che avviene, soprattutto grazie alla splendida interpretazione di Julie Ledru, magnetica e vibrante come l’intero film.

La motocicletta come metafora di fuga e libertà

Una delle scene più belle di questo lungometraggio, presentato per la prima volta al Festival di Cannes, rappresenta Julia insieme alla moglie del boss e suo figlio, mentre corrono sull’asfalto senza casco, a cavallo di una motocicletta ruggente. Tutti e tre con un sorriso ampio, con i capelli scompigliati dal vecchio, divengono il ritratto della libertà e della fuga dalle responsabilità e dalla vita, che talvolta può rivelarsi un cappio intorno al collo. 

Rodeo è un elogio alla libertà e alla bellezza dell’imprevisto; un racconto incantevole dei più anarchici e sovvertitori desideri dell’essere umano. In questo caso, di una donna in fuga da tutto: da ciascuna ideologia, da qualsivoglia posizione sociale. Dal lavoro e dalla famiglia, da quello che gli altri vorrebbero fosse. Perfino dal vile denaro, che conserva nel motore della moto, in attesa di devolverlo alla causa che lei ritiene più giusta. In fuga perfino da se stessa e da qualsivoglia confine o definizione. E, così, Julia diviene il simbolo e il ritratto di un’epoca che fa fatica a capire se stessa e che, parafrasando Scarlett Johansson in Vicky Cristina Barcelona, sa solo quello che non vuole. La storia straordinaria di una regista visionaria, di cui sentiremo tanto parlare.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...
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