Il mio nome è vendetta – Recensione – Cosimo Gomez

Uccidere per non essere uccisi, la sintesi perfetta per il film scritto e diretto da Cosimo Gomez, con Alessandro Gassman come protagonista. Il mio nome è vendetta un film di sopravvivenza e rivalsa, carico d’azione.

My Name Is Vendetta. (L to R) Alessandro Gassmann as Santo, Ginevra Francesconi as Sofia in My Name Is Vendetta. Cr. Emanuela Scarp/Netflix © 2022

Il film non sfugge dai cliché che il cinema occidentale ha inculcato nelle nostre teste, ma se accettiamo e aspettiamo con ansia quello che ci offre è giusto spendere due parole anche per i film di produzione nostrana che provano a farsi largo in un mercato non propriamente nostro. Prima di entrare nel vivo della recensione del film “Il mio nome è vendetta” posso dirvi che il lungometraggio sembra rievocare film cult del passato e/o del presente. Ma questo non è certo un punto negativo, alla fine il genere ammicca ad una costruzione narrativa speculare per tutte (o quasi) le narrazioni. Attorno al viaggio dell’eroe viene costruita la veste che il regista reputa più affine alla sua idea. Se cercate dei colpi di scena memorabili, non penso sia il genere che fa per voi.

Regia di Cosimo Gomez. Un film con Alessandro Gassmann, Remo Girone, Alessio Praticò, Sinja Dieks, Gabriele Falsetta. Dal 30 novembre su Netflix.

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Il mio nome è vendetta: sinossi del film

Dopo aver vissuto nell’ombra per anni in una tranquilla cittadina del Trentino-Alto Adige, le vite di Santo, un ex sicario della criminalità organizzata, e sua figlia Sofia, un’adolescente campionessa di hockey, cambiano del tutto. Due criminali entrano in casa loro e uccidono barbaramente la madre e lo zio di Sofia, scatenando un regolamento di conti covato per quasi vent’anni.

Sofia scoprirà che la verità le è sempre stata taciuta e che Santo nasconde un oscuro passato di affiliato alla ‘ndrangheta. Non senza conflitto, la ragazza accetterà un’eredità fatta di furia e violenza e si alleerà con il padre per vendicarsi senza pietà.

Ecco il trailer del film

Il film

In questa recensione del film “Il mio nome è vendetta” mi preme sottolineare l’accortezza tecnica che è stata messa in numerose scene. Molte volte, il divario economico per le produzioni mette in serio pericolo il giudizio del film. Ormai siamo abituati a produzioni che spendono molto nella realizzazione, offrendoci scene action molto coinvolgenti. Il nostro cinema, e per nostro intendo Europeo, non dispone sempre di grossi budget, a dire il vero quasi mai, ma ha la capacita di saper mettere sul piatto storie molto più coinvolgenti. Alla fine ognuno ha i suoi punti forti.

Quando si cerca di replicare qualcosa che non è proprio vicino alle nostre corde, si rischia sempre di inciampare nella prima buca creando una rovinosa e ridicola caduta. Ma allora ognuno deve restare nel suo recinto senza uscirne mai? Certo che no! Bisogna evadere in maniera intelligente. E questo caso penso sia un buon esempio!

My Name Is Vendetta. Alessandro Gassmann as Santo in My Name Is Vendetta. Cr. Emanuela Scarpa/Netflix © 2022

Il mio nome è vendetta: recensione di una regia decisa

Fin dalle prime inquadrature, Il mio nome è vendetta offre un accortezza tecnica che serve ad impacchettare delle scene decise e coinvolgenti. Le prime immagini, legate alla partita di hockey, vedono coinvolta la figlia di Santo (Alessandro Gassman) e possiamo ammirare come il coinvolgimento della camera a mano renda il tutto molto più dinamico e coinvolgente. Le scene sportive vengono alternate con brevi dialoghi in tribuna, dove i genitori incitano ed analizzano i comportamenti atletici e morali della figlia, introducendo subito il quadro familiare. Un forte legame padre/figlia, con quest’ultima caratterizzata da un vigoroso temperamento.

Possono essere piccole sfumature, ma se ben realizzate (come in questo caso) ti fanno rimanere agganciato al film.

Gli effetti digitali presenti nel film, non accendono il mio entusiasmo, anzi sono la parte tecnica più debole. Situazioni che mettono in evidenza il divario di budget e di conseguenza di risorse per la realizzazione di effetti digitali. Ma nel complesso vengono assorbiti molto bene dall’ottima grammatica di montaggio che aiuta ad amalgamare queste sfumature con toni più bassi.

My Name Is Vendetta. Alessandro Gassmann as Santo in My Name Is Vendetta. Cr. Emanuela Scarp/Netflix © 2022

La trama

Se dobbiamo ricercare una vera e propria debolezza nel film “Il mio nome è vendetta” va ricercata nella trama e la mia recensione non può esimersi dall’analizzarla. Il genere, come ho già sottolineato nelle prime batture dell’articolo, mostra il fianco a numerosi cliché: il passato oscuro risvegliato dopo anni, il ritorno all’uomo senza pudore di un tempo con annessa rasatura di barba e capelli, la classica ferita al fianco suturata in modi alquanto loschi e causali e, per concludere, qualche buco di trama qua e là. Ma quest’ultimo punto sembra proprio essere il marchio di fabbrica del genere che non eccelle certo per originalità e precisione narrativa.

Alcuni personaggi che sembrano avere una valenza, dopo aver perso la vita, vengono abbandonati alle nostre memoria e alcune decisioni sono a dir poco surreali! Ragazzi che dire, i soliti cliché senza i quali ci sentiremmo soli.

Ma la mossa furba, ancora una volta è la consapevolezza da parte del regista, che sa cosa sta realizzando e confeziona un prodotto di 1 h e 30 minuti. Una durata perfetta per questa tipologia di film, che non lascia spazio alla noia e soprattutto alla riflessione sui buchi di trama.

Per tirare le somme, si vi consiglio di staccare dalla vostra intensa e trafelata giornata con questo film che sarà disponibile il 30 Novembre dalle ore 9:00 su Netflix

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Scrive come tesi di laurea “ Il cinema nella mente” perché per lui la relazione tra cinema e psicologia è tutto. Ama vivere nel sogno, o semplicemente far vivere i suoi di sogni, purché questi vengano vissuti in maniera personale. Non dimentica mai che “In ogni strada di questo paese c'è un nessuno che sogna di diventare qualcuno” e in quel viaggio cosi folle “ Perdersi è meraviglioso”.
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