L’uomo sulla strada – Recensione – Gianluca Mangiasciutti

Recensione – L’uomo sulla strada – Non è il thriller che vi aspettate

Sin dalla prima scena si percepisce che L’uomo sulla strada non è il solito film italiano, una di quelle commedie vagamente romantiche che domina il nostro cinema. Anzi, è un film coraggioso che, in questi tempi tristi, sceglie la strada tortuosa dei cinema e non delle piattaforme, di attori giovani piuttosto dei soliti volti televisivi. E anche solo per questo, il suo regista merita una stretta di mano.

Quindi, L’uomo sulla strada non è affatto uno dei soliti prodotti nostrani, che tanto si rifanno al cinema francese, non riuscendo purtroppo ad imitarne il ritmo e i giochi verbali. Non è un lungometraggio alla Moccia, come invece lo ha indebitamente definito un’altra testata. E non è neppure uno di quei film che si rifanno al cinema americano, perdendo dei tutto la propria identità. Oppure, ancora, il classico thriller televisivo, che si tramuta presto in poliziesco, con i soliti meccanismi riproposti all’infinito. Piuttosto si tratta di un film che insieme a molti altri prodotti della penisola vuole cambiare la solita produzione e arrivare ad un pubblico il più eterogeneo possibile.

L’uomo sulla strada – L’odio ingiustificato degli italiani verso il cinema italiano

In questo mondo crudele, tanti e troppi (nonché controproducenti) sono i pregiudizi che nascono nel pubblico il quale, come se non bastasse, da anni non crede nel proprio cinema. Sempre pronto a massacrarlo, lo spettatore medio non ha riguardi e non vuole sentire ragione. Pur ignorando del tutto i passi da gigante che si sono fatti in questi ultimi decenni, il nostro spettatore con superficialità bolla tutto il cinema. Ignora un bel film horror come l’ultimo di De Feudis uscito su Netflix, uno straordinario film come Freaks Out (su cui tornerò, visto che la protagonista della pellicola firmata Mangiasciutti è proprio Aurora Giovinazzo, un’attrice di cui non si è parlato abbastanza) e tanti altri, di ogni genere e grado, che stiamo confezionando e portando ai festival, non senza ottenere premi, elogi e riconoscenze. E quindi, nonostante da qualche decennio sia questo l’andazzo e il cinema italiano stia imboccando la pericolosa strada della novità e dell’innovazione, per lo spettatore medio la patina di commediola è dura a morire e fa capolino sempre e comunque nei suoi pensieri.

L’uomo sulla strada – La crisi dell’industria cinematografica

Oltre al palese e immotivato pregiudizio nei confronti del cinema italiano, un giovane regista come Gianluca Mangiasciutti, del ’77 e con alle spalle anni di esperienza come aiuto regista, deve anche affrontare la crisi dell’industria cinematografica e della sala. Sempre più cinema stanno purtroppo chiudendo perché sempre più spettatori rinunciano alla sala e, se proprio decidono di andare al cinema, è per godersi lungometraggi firmati Marvel e film dove gli effetti speciali dominano indisturbati. Questo ha tanti fattori, come il lockdown che ha impigrito e spaventato il pubblico, o sia le piattaforme, che hanno plasmato le nuove generazioni facendo loro preferire un altro tipo di fruizione. Manca, insomma, quel culto della sala cinematografica. Io stessa, vedendo questo bel film, ho rimpianto lo schermo del cinema e le morbide poltrone.

Viste tutte le difficoltà di cui ho parlato, non credete che sia coraggioso voler entrare di questi tempi in questo tipo di circuito, facendosi lanciare da un festival importante come quello di Roma? Perciò, un critico può alimentare il pregiudizio che già c’è per i film italiani e mancare di incoraggiare il pubblico a vedere un film, in questo caso davvero buono, con una bella trama, una bella fotografia, una regia noir, che mette in tensione lo spettatore, ma allo stesso tempo lo attira? Mi pare parecchio sciocco essere tanto superficiali.

L’uomo sulla strada – Aurora Giovinazzo

Protagonista del film è Aurora Giovinazzo, che predilige un’espressione da dura, costantemente corrucciata. Se il regista non avesse puntato sulla sua fisionomia e sulla sua presenza, scegliendo un’attrice meno brava, l’intero assetto del film sarebbe crollato. Il volto, la fisionomia in sé, è un continuum all’interno del lungometraggio, e assume sempre più importanza man mano che si procede nella visione. La Giovinazzo, nonostante la sua giovane età, ha dato prova di quanto sia promettente. Ne avevo avuto sentore già in Freaks Out di Mainetti, ma vederla in questo caso reggere un intero film è straordinario e notare quanto lo faccia bene, nonostante abbia solo vent’anni, è quantomeno sensazionale. Non è facile: richiede preparazione, talento, esperienza, maturità. In questo caso, vi è una predisposizione per la telecamera. Lo spettatore lo sa, lo sente. E personalmente non vedo davvero l’ora di osservarla gareggiare sullo schermo, quando a dicembre sarà possibile vedere L’uomo sulla strada nei cinema.

E badate a non fidarvi troppo di questi maledetti critici. Sapete quante volte prendiamo lucciole per lanterne, ci fidiamo dei pregiudizi o delle prime impressioni? Quante volte facciamo di tutta l’erba un fascio o non vediamo i lati positivi di un film o di un prodotto multimediale, qualunque esso sia? Ci dimentichiamo che il nostro giudizio conta, certo che conta. Ma dobbiamo essere velenosi con chi questo nostro cinema lo rovina, lo insulta, contro chi è arrogante, non con chi coraggiosamente tenta di alzare l’asticella. Perché questa è una cosa di cui andare fieri.

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Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...
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