Scorn – Recensione – XBOX Series X|S, PC

Scorn – Recensione

La recensione di Scorn, horror di Ebb Software ispirato alle opere di Giger e Cronberg che ci accompagna lungo un percorso angosciante e claustrofobico.

Dopo quasi 10 anni di sviluppo, Scorn è approdato su PC e Xbox Series X|S. Un’horror in prima persona, capace di osare in un panorama videoludico che ultimamente d’ispirazione propria ne è praticamente privo. Sicuramente non per tutti, soprattutto chi è debole di stomaco e facilmente impressionabile. Un’opera decisamente raccapricciante sia dal lato visivo che sonoro. Di pregi ne ha molti, ma non tanto quanti sono i difetti: scopriamo insieme ciò che questo titolo horror, sviluppato da Ebb Software dalla durata complessiva di 6 ore (più o meno), ha da offrire e cosa ci vuole mostrare.

Scorn Recensione | Trama

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Il titolo non presenta nessun tipo di storia o niente che perlomeno ci si avvicini. Nessun tipo di dialogo o documenti che possano in minima parte dare una base di trama al gioco, lasciando libera interpretazione al giocatore che si deve porre l’obiettivo di scappare da un orrore opprimente e angosciante. Il “protagonista” è un personaggio dalle fattezze umanoidi che si risveglia in questo luogo misterioso, all’apparenza alieno, senza capire come ci sia arrivato. L’unica cosa che lo spinge a muoversi è la speranza di trovare una via d’uscita da tale orrore, percorrendo quindi un percorso prettamente filosofico, instaurando di conseguenza nel giocatore un percorso di vita basato sull’apprendimento.

Ma il vero protagonista di quest’opera è l’ambientazione, che ne fa anche da sorta di narrazione. Un luogo che ingloba il personaggio, lo istruisce e in un certo senso lo guida a crescere e a comprendere, tramite enigmi ambientali, più o meno complessi, che ti permettono di procedere alla aree successive. Soprattutto caratterizzato da superfici metalliche e organiche, con muri, soffitti e pavimenti ricoperti di tessuti organici e ossei. Ovviamente, da come ci è parso di vedere, ciò che questo gioco vuole imprimere nelle menti dei giocatori è prettamente soggettivo, sta al giocatore dare un significato vitale in ciò che vede e sente.

Come già detto la narrazione è più visiva e non è basata su dei dialoghi, che può essere considerata una scelta azzardata ma, secondo noi, considerando la durata complessiva di 6 ore, è più che sufficiente vista la pesantezza del gioco.

Scorn Recensione | Gameplay

Il gameplay di Scorn è un’avventura horror in prima persona, dove per metà gioco non presenta né nemici e né armi, ma soltanto enigmi ambientali. Ma sono proprio le prime ore, che a parer nostro, sono le più intense e terrificanti, con il titolo che si presenta subito con scene molto spinte, in cui dobbiamo risolvere il primo enigma ambientale letteralmente sacrificando un’essere deforme dalle fattezze umane. Il tutto accompagnato da un’ambiente claustrofobico e dai lamenti strazianti dell’essere che sembra quasi implorarci di fermare quest’agonia.

Sono proprio gli enigmi ambientali il fulcro del gameplay, i quali ci permettono di procedere oltre accompagnandoci fino alla fine del gioco. Basati sull’uso di meccanismi, ascensori e gabbie di compostezza organica, che attiviamo tramite uno strumento implementatoci nel braccio sinistro fornito nelle fasi iniziali, ottenuto inserendo il braccio in una sorta di tessuto organico, appena iniziamo la nostra avventura.

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Man mano che gli procediamo oltre, gli enigmi diventano all’apparenza più complessi, ma che in realtà si basano tutti sullo stesso meccanismo: andare in un punto, attivare un terminale che sblocca un’oggetto utile a procedere oltre, fino a poi procedere nella prossima macroarea inserendo le nostre dita all’interno di ulteriore terminale organico che sblocca un meccanismo. Oppure: sempre andare in un punto, disattivare o attivare qualche meccanismo che ci sbarrava la strada. In tutto ciò non abbiamo trovato particolari difficoltà o sfide che mettano a dura prova il giocatore.

Probabilmente l’unico elemento, che inizialmente ci ha messo in difficoltà, è proprio l’HUD. Quasi completamente assente, se non nelle fasi di combattimento in cui possiamo vedere a destra dello schermo una linea bianca che ci indica la carica dell’arma, mentre in alto a sinistra abbiamo una sorta di barra della vita insieme a delle palline, che stanno ad indicare quante volte possiamo curarci. Una scelta lontana dai canoni standard a cui molti giocatori sono abituati, ma dobbiamo dircelo veramente: ci è piaciuta moltissimo questa scelta. Nessun indicatore che ci guida, niente barre su schermo, niente mappa, praticamente nulla di nulla. Ciò, a parer nostro, alimenta tanto la voglia di esplorare, soprattutto in un ambiente che ne fa da protagonista, come già detto.

Mentre una cosa che non ci è piaciuta quasi per nulla è il lato FPS del gioco. Movimenti troppo rigidi e hit-box dei nemici fatte veramente male. Man mano che procediamo oltre, ci vengono fornite diverse tipologie di armi. Da una sorta di arma simile ad un abbattitore di bestiami, a un lancia granate. Mentre le munizioni possono essere ricaricate in alcuni depositi e in numero limitato. Insomma non ci è piaciuto affatto la fase “shooting”, soprattutto per le volte che si muore perché un colpo magari non è andato a segno per via delle hit-box.

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Ed arriviamo quindi ai checkpoint, che per gran parte della seconda metà del gioco ci hanno fatto letteralmente impazzire essendo davvero troppo punitivi. Ci sono delle volte in cui il salvataggio riparte in punti davvero molto antecedenti alla nostra morte, obbligandoci a ripetere interi enigmi. Mentre la ricarica della salute viene gestita sempre con questo tema raccapricciante e orrido, in cui basta spremere una sorta di “stella marina” che ci ricarica parte della salute. In tutto ciò, sarebbe stato decisamente meglio un recupero della salute progressivo quando si è fuori dai combattimenti, ma soprattutto aggiungerei che sarebbe stato meglio non aggiungerli proprio quest’ultimi. Davvero troppo legnosi.

Scorn Recensione | Un’ambientazione viscerale

Ne abbiamo parlato veramente troppe volte, fino all’esaurimento, ma l’ambientazione è davvero il fiore all’occhiello di questo gioco. Ci ritroviamo in una sorta di mondo distopico e viscerale, basato sulle opere di Giger, dove tutto è così dannatamente costruito bene che risulta essere opprimente, angosciante e orrendo. Nel mentre, ci troviamo sopraffatti da queste imponenti costruzioni che circondano il protagonista, quasi a non voler dare via di scampo al giocatore. Dove la tecnologia, i metalli, viene fusa con questo orrore viscerale formato da tessuti corporei. Altre volte ci troviamo in una landa desolata, che riesce a incutere nel giocatore quel senso di solitudine che alla lunga può portare alla follia. Insomma, è un’esperienza unica probabilmente, anzi, c’è da dire che talvolta ci siamo messi a contemplare la bellezza delle costruzioni per diversi minuti.

Forse ciò che possiamo considerare una vera e propria delusione, sono i nemici. Davvero poco ispirati, che quasi smorzano con l’ambiente che li circonda. Un’occasione davvero sprecata ma che almeno viene compensato da ciò gli sta intorno.

Scorn Recensione | Realizzazione tecnica – grafica e sonoro

Qualche parola sulla realizzazione tecnica va detta, soprattutto per quanto riguarda il sonoro, che risulta essere una delle parti più importanti per godersi al meglio l’esperienza. Infatti consigliamo vivamente l’utilizzo delle cuffie, perché il suono straziante dei lamenti, urla e vari rumori, contribuiscono a rendere l’esperienza un vero incubo.

Dal lato grafico il gioco non pecca praticamente in nulla, se non nelle texture che se ci avviciniamo più di tanto alle superfici, risultano essere davvero poco dettagliate. Mentre la scelta cromatica contribuisce a rendere l’ambientazione come l’abbiamo descritta poco sopra: colori molto spenti, con l’utilizzo costante di sfumature di rosso e nero, con punte di marrone e grigio.

In conclusione posso dire che è stato un titolo davvero difficile da recensire, in quanto ho dei pareri davvero contrastanti. Scorn è un letteralmente un ossimoro fatto gioco, in cui le sensazioni che fa provare sono sia di stupore e bellezza, ma allo stesso tempo di orrore e angoscia. Insomma ci sono cose che ti fanno rimanere a bocca aperta, ma che vengono drasticamente rovinate da meccaniche di gameplay che vanno a distruggere quella magia che gli sviluppatori volevano creare.

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Classe 2002, amante dei videogames (forse troppo) è cresciuto grazie a console passate dal fratello maggiore come delle antiche reliquie. Si perde spesso nella lettura di comics americani e manga dal dubbio gusto