5 film horror del tutto a caso – Parte 6

In maniera del tutto involontaria mi è venuta fuori una bella scaletta decrescente di film horror. Partirò dal film meno brutto dei cinque, per finire con la ciofeca.


The Last Exorcism (2010) (L’Ultimo Esorcismo) è un bel film horror in soggettiva con una trama ben costruita.  E credevo che non sarebbero più riusciti a farne dopo The Blair Witch Project, che io AMO.


L’imbroglione/predicatore/guaritore/esorcista di turno decide che dopo l’ennesima cazzata fatta, che ha provocato la morte di un ragazzino durante un finto esorcismo, deve rimediare mostrando al mondo in che modo i tizi come lui si prendono gioco delle loro vittime. Così si fa seguire da una troupe di cameramen e una giornalista per riprendere l’ultimo dei suoi imbrogli.

Fa vedere come sceglie a caso il “cliente” tra le migliaia di lettere ricevute, mostra come prende i contatti e quando lo vediamo all’opera vicino alla ragazza presunta posseduta ci mostra anche quali sono le tecniche per far credere che un demone risieda davvero nella casa, quali sono le cose che dice perché il credulone di turno ci caschi e via dicendo. Il documentario qui ha un senso come il fatto che la telecamera sia presente quasi costantemente; perché il reverendo ha la convinzione che tutto è come al solito e che gli unici fenomeni paranormali a verificarsi saranno quelli che lui stesso creerà con registratori, leve e quant’altro. Si sbaglia di grosso perché questo suo ultimo esorcismo sarà l’unico a creargli seri problemi.

Mi è piaciuto molto sia il senso del film, sia il modo in cui è stato girato, a parte un paio di scene troppo tirate che secondo me andavano evitate. Il problema è solo il finale che rovina TUTTO. Almeno a me l’ha rovinato. Però non si può giudicare un film inguardabile solo per il finale, perciò prendo il buono che ha fino a cinque minuti prima della chiusura.

The Alphabet Killer (2008) è carino. Decisamente.


Anche qui non è che si gridi al capolavoro, ma è un thriller discreto nonostante non penso si fatichi molto a capirne il finale. Purtroppo è basato, anche se solo vagamente, su omicidi realmente commessi e di cui mai è stato trovato il colpevole.

Faith (sarebbe Eliza Dushku che ormai chiamo Faith per nostalgia) è una poliziotta con il curioso dono di parlare con i morti; che per una poliziotta può pure essere un bene, non fosse che i morti li vede pure e ciò è meno bene per la sanità mentale.

Così il killer sul quale lei comincia ad indagare rimane impunito mentre lei si fa un paio d’anni di istituto psichiatrico dopo un tentativo di suicidio; quando lei esce ritrova il killer lì pronto ad uccidere di nuovo e a farla ripiombare nella pazzia. Curiosa, fra l’altro, la decisione di metterla all’archivio perché giudicata incapace di operare sul campo, per ovvi motivi, ma poi di assegnarla al caso non appena torna il killer e non ascoltare comunque niente di quello che lei dice perché tanto è pazza.
Mah…

Tales From the Darkside: The Movie (1990) (I delitti del gatto nero) è uno di quei film ad episodi che tanto andavano negli anni ’80 e che si sono trascinati ancora per un po’ negli anni ’90.


Io non mi stancherò mai di guardarli nonostante non siano proprio esempi di grande cinema. La sottotrama qui è carina perché c’è questo bimbo, imprigionato per essere ingrassato e servito per cena come un tacchino, che legge tre storie alla sua personale strega cattiva al solo scopo di allungarsi la vita. E il bimbo è Matthew Lawrence che da piccolo era carino.

La prima storia non è granché, un po’ per trama e un po’ per effetti speciali (purtroppo non sempre si può chiudere un occhio, in alcuni casi sono davvero ridicoli) però abbiamo Christian Slater e Steve Buscemi giovani giovani che valgono sicuramente la mezz’oretta che occupa la visione della storiella. Tratta di una mummia risvegliata dal suo sonno millenario, e capirete la grande banalità, ma essendo un racconto di Conan Doyle del 1892 è ovvio che è banale solo per noi creature del ventunesimo secolo.

Il secondo episodio è tratto da un racconto di Stephen King che tanto ama la vendetta ben riuscita. Parla di un gattino che ha il compito di massacrare il proprietario di un’industria farmaceutica (e chiunque gli stia intorno) colpevole di aver praticato esperimenti su cinquemila gatti per testare le sue medicine. Non vi sto a spiegare la grande, assoluta, immensa gioia che mi dà questo racconto. Ne voglio di più così. Ma anche questo episodio non è nulla di speciale.

È il terzo che vale tutto il film; l’unico che mi ricordavo perfettamente e grazie al quale ho scoperto che questo film io l’avevo già visto da ragazzina, quando è uscito. Non ve lo racconto e non vi dico niente perché se non l’avete mai guardato dovreste proprio farlo.

Lightning: Bolts of Destruction (2003) (Catastrofe dal cielo).


Chiedo perdono, è un film TV, manco horror, ma dovevo metterlo perché fa parte di tutta una serie di film sulle catastrofi naturali che personalmente mi fanno ridere come poco altro. Questo è una cagata stratosferica che avrei dovuto togliere a cinque minuti dall’inizio, ma il telecomando non era a portata di mano ed è stata questa la sua fortuna.

Pensate che in questo film il mondo intero è minacciato da una tempesta elettrica che pare in grado di devastarlo completamente e la scienziata che scopre tutto (lei e nessun altro e come sempre non viene ascoltata perché giudicata pazza) per sventare la catastrofe usa il progetto che il geniale figlio di sedici anni vuole portare come tesina a scuola.

Alla fine lei diventa, ascoltate bene, Consigliere Scientifico del Presidente titolo che si merita per aver salvato il mondo e che le viene affibbiato tipo per telefono così su due piedi.
“Signor presidente, come la ringraziamo questa qui che ha salvato il mondo e forse l’universo intero?”
“Eh, mi servirebbe un consigliere scientifico, sa, per quando devo prendere decisioni scientifiche e non so cosa fare.”
E poi perché al figlio niente che ha fatto la tesina e ha pure schiacciato il bottoncino per salvare il mondo?

Behind the Mask: The Rise of Leslie Vernon (2006) poteva essere un bel film, ma magari anche no.


Non saprei perché è fatto per scherzare, d’accordo, mi sta bene e ci sono anche citazioni da altri film che ho molto apprezzato. Ma a tratti pare anche serio e diventa una di quelle idiozie difficili da mandare giù.

Lui è un giovane serial killer di belle speranze che decide di rivelare i suoi segreti ad un gruppo di ragazzi che gireranno un film proprio sull’omicidio che il killer sta organizzando. E per quanto giornalista, pazza e spregiudicata tu possa essere non credo sia facile accettare una cosa del genere; seguire il serial killer nella scelta della vittima, sentirgli raccontare come l’ammazzerà, cosa farà ai suoi amici… Trovare una pazza così già è difficile, trovarne altri due (i cameramen) è proprio l’assurdità completa.

Fatto per ridere? D’accordo. Anche perché quale idiota, seppure per amore dello scoop, accetterebbe di stare gomito a gomito con un assassino? Quale idiota? No, perché se esistono davvero idioti così non piangerei la loro ovvia scomparsa per nessuna ragione al mondo.  E quale idiota girerebbe uno snuff movie (perché questo alla fine sarebbe e ti renderesti complice di un omicidio) come progetto scolastico?

Perciò questo film si basa su una cazzata e in più il finale si capisce a cinque minuti dall’inizio. Se lo si guarda così è una perdita di tempo. Ma lo si può vedere anche come un simpatico resoconto di come vengono creati i film dell’orrore oggigiorno, quelli più stupidi e inutili con tutti i ragazzetti drogati e rincoglioniti che muoiono a suon di colpi d’ascia e coltellate. Infatti il killer ad un certo punto spiegherà proprio tutti quei luoghi comuni da film horror che siamo costretti ogni volta a sorbirci: ragazze che scappano sempre dove non devono scappare, tizi che si nascondono negli armadi o che vengono trucidati sempre mentre fanno sesso… Visto così il film ha un senso e vengono pure citati Michael Myers e Freddy Krueger come fossero esempi di serial killer veramente esistiti.

Però decidete voi, perché a mio parere non si capisce poi molto il taglio dato al film e che ne cambia radicalmente la ricezione. E comunque la noia sopraggiunge, ad un certo punto, qualunque sia la lettura che gli si vuole dare.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.