C’mon c’mon (2022) – Recensione senza spoiler – Mike Mills

C'mon c'mon film Phoenix Mills Nerdream.it

C’mon c’mon – Recensione

C’mon c’mon è un film bellissimo di Mike Mills, che tutti dovrebbero vedere al cinema. Non solo perché è tecnicamente eccellente, ma perché vi entrerà nel cuore per il modo in cui sono trattati dei temi delicati, oltre che per il legame che si crea tra Phoenix e il bambino, un bravissimo Woody Norman.

Andare al cinema, qualunque sia il film, è un toccasana per l’animo. È un po’ come andare a teatro, dove già sedersi su una poltrona e vedere il sipario alzarsi o gli attori già in scena o, chissà, magari penzolare dal soffitto, è di per sé un magnifico momento, anche se lo spettacolo cui state per assistere è una dimenticabile accozzaglia di eventi insignificanti. Andare al cinema è una delle migliori attività che si possano fare sin dalla sua invenzione. Sedersi, ammirare le immagini che si profilano davanti agli occhi, senza magari avere la minima idea di quello che sarà… ma adesso basta a perdere tempo con questo elogio della sala, del cinema, del teatro o di qualunque altra cosa. C’mon c’mon è un film bellissimo. È talmente tanto bello che tutti dovrebbero vederlo. Ma, badate, questa non vuol essere una recensione vera e propria. Piuttosto un’analisi che giustificherebbe quelle meritatissime 5 stelle su 5.

C’mon c’mon – Recensione – Quel bel personaggio di Joaquin Phoenix

Joaquin Phoenix è un attore che riesce ad interpretare bellissimi personaggi, sensibili ed empatici, eppure chiusi. L’ha dimostrato in Her, ma stavolta fa un ulteriore salto. Vedendo il film in questione, infatti, si vuole davvero bene a Phoenix, a questo zio che non sa bene come relazionarsi  a questo bambino intelligentissimo, eppure a tratti strano e dalla risposta pronta (mai quella che ci si aspetta). Vedendo questo film si ha come l’impressione sicuramente fondata che l’attore sia una bella persona anche nella vita reale. E certamente aiuta una tale impressione che, tornando al suo personaggio, sia un così bel soggetto da riuscire a conquistare perfino quel suo nipote che lo accompagna per il resto del film (e non è cosa facile, ve lo assicuro).

Il rapporto adulto-ragazzo

Al di là di questo, la coppia formata da adulto e bambino/a ritorna spesso in molti film, non solo americani. Però, faccio un parallelismo con un film del 2006, La ricerca della felicità di Gabriele Muccino. Abbiamo delle situazioni che si ripresentano, certamente in modo diverso e a volte opposto, nel rapporto tra padre e figlio, genitore e adulto. La madre è assente in Muccino; la madre che non c’è, ma solo fisicamente, eppure fa sentire sempre la sua presenza nel film di Mike Mills, regista e sceneggiatore di C’mon c’mon. Mentre nel primo caso il padre è prepotente e tirannico, assorbe il figlio, lo obbliga a fare quello che vuole, plasma un bambino obbediente che segue ciecamente le direttive del padre, nel secondo film, Phoenix è alle dipendenze di questo bambino, non sa bene come comportarsi, viene ripreso e sbeffeggiato, domanda consiglio alla sorella (madre del ragazzino), tenta di controllarlo, eppure non ci riesce.

Phoenix: un nuovo modo di essere genitori

E i soliti metodi – come sgridarlo e imporgli la propria volontà – non sortiscono alcun effetto su questo bambino. È un piccoletto di nove anni che soffre per tante ragioni, cui manca la mamma, sensibile, solo, adulto per certi versi, in contatto con i suoi sentimenti. Phoenix no, è incapace di entrare in contatto con il proprio io, affrontare i problemi che si porta dietro e dentro. Soprattutto, non sa come gestire questo nipote stravagante con cui si ritrova a passare il tempo, suo malgrado. E allora che fa? Impara a rapportarsi a lui. Non è come Will Smith che sa già bene come si fa il genitore. Phoenix impara da zero. E ha l’umiltà di farlo.

Si è di fronte ad una nuova trasformazione nel cinema americano e occidentale del padre e del nucleo famigliare. Dopo l’11 settembre (torniamo un po’ indietro), si è accelerato un meccanismo interno alla famiglia, riflesso della sfiducia nei confronti del governo. È una famiglia quella post-attentato che vede il rapporto madre-figli come fondante. Il padre è assente e, se presente, è una potenza distruttiva, che mina all’equilibrio famigliare e che merita l’ostracismo.

L’esempio di Muccino torna all’antico nucleo famigliare, con una madre assente e un padre tirannico, che non ascolta moglie e figlio, bensì mette in secondo piano la famiglia (pur pensando che ogni sacrificio sia volto al suo bene), allo scopo di raggiungere la fortuna personale, che in un secondo momento avrebbe ripercussioni felici sulla famiglia. Questa figura autoriale viene progressivamente espulsa dal nucleo familiare. Perciò, Phoenix rappresenta questi neo-padri che re-imparano ad essere genitori. Che cambiano la propria natura, senza obbligare al cambiamento chi li circonda. Naturalmente, Joaquin è lo zio, ma il meccanismo è sempre lo stesso.

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L’importanza dell’ascolto

Si tratta di un film eccezionale, con una bellissima fotografia. Una bella estetica, con belle musiche. È importante il suono, che sia musica o voce delle persone intervistate. Voce al telefono, voci che si disperdono nelle strade. Spesso queste parole trasmesse tramite la tecnologia sono più importanti delle parole dette dal vivo, perché sono più sincere, coraggiose e senza remore. Non incontrano il disagio di quando si dialoga dal vivo, ma sono tali da assumere una così grande importanza da cambiare la natura di chi ascolta. Un film dove vedere e vedersi conta assai meno di ascoltare e ascoltarsi. Insomma, C’mon c’mon va visto e sentito, per poter essere davvero inteso. Una visione che mi sento di consigliarvi senza remore.

Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...
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