Black Mirror – Approfondimento Stagione 3 Episodio 6 – Hated in the Nation

Hated in the Nation è l’episodio di Black Mirror che meglio sintetizza e simboleggia uno dei poteri più grandi dei social e anche il peggio utilizzato, nella maggior parte dei casi: la moltitudine unita per uno scopo.


L’episodio che chiude la terza stagione di Black Mirror è il più lungo di tutta la serie. A tutti gli effetti è un film con una trama avvincente, un ottimo cast e un sacco di spunti riflessivi su realtà che ci toccano da vicino tutti i giorni.

Siamo nel Regno Unito. Le api si sono già estinte e la Granular ha concepito una tecnologia in grado di riprodurre api-drone che svolgono tutte le funzioni delle api in modo da non condannare la terra al disastro ambientale. I problemi sopraggiungono quando due persone muoiono proprio a causa di questi mini droni che inspiegabilmente cominciano a bersagliare esseri umani. Le persone uccise hanno tutte in comune una cosa: sono le più odiate dalla gente e sui social il loro nome è il più votato con l’hashtag #MorteA (#DeathTo).


Nel corso dell’episodio di Black Mirror si scoprirà che questo hashtag, il gioco della votazione per chi deve essere scelto come bersaglio e l’hackeraggio delle api sono opera della stessa persona che ha un vero e proprio manifesto basato sull’importanza delle conseguenze delle proprie azioni.

Il Game of Consequences (gioco delle conseguenze) sui social nasce col solo scopo di mettere le persone di fronte alle conseguenze che hanno le parole quando si trasformano in azioni. Infatti quelli votati come più odiati e poi uccisi sono solo uno specchietto per le allodole, il grande spettacolo finale consiste nell’indirizzare le api-drone verso tutti i partecipanti al gioco online, così da metterle di fronte alle conseguenze delle loro azioni. Il piano funziona e le centinaia e centinaia di persone che hanno giocato a votare chi doveva morire, muoiono a loro volta.

Sul fatto che ogni azione ha una conseguenza io ci scriverei su trattati, sul fatto che le parole hanno importanza e ha importanza ciò che si afferma (e che quindi molto spesso le parole sono azioni) scriverei altri trattati. Quindi di base in questo episodio di Black Mirror c’è il messaggio chiaro che quello che si può dire o fare contro qualcuno è esattamente quello che può essere detto o fatto contro di te. La conseguenza per l’atto di aver preso di mira qualcuno e averne causato la morte è che la morte è prevista anche per te.


Il potere immenso dei social che io in larga parte disprezzo è proprio questa possibilità di unirsi in milioni per scopi comuni. Se gli scopi comuni fossero sempre nobili sarebbe una festa continua, purtroppo trattandosi di esseri umani di solito gli scopi comuni sono il cyberbullismo, l’odio verso una specifica persona o verso un gruppo di specifiche persone, il distribuire false informazioni…

L’episodio aggiunge la componente, grazie al cielo ancora non utilizzabile, dello sciame di api assassine che va a far fuori il target prescelto, ma il contesto che presenta non è affatto lontano dalla realtà che si vive tutti i giorni sui social: gruppi di persone, a volte di numero considerevole, che attaccano il singolo, che attaccano un’idea, che attaccano un altro gruppo di persone, un progetto, una creazione. Di esempi ce ne sono un’infinità e il passare dal dire Questa persona non mi piace al dire Questa persona deve morire per alcuni di questi individui è così semplice che spaventa il solo pensiero.

Proprio perché risulta così semplice, la mia unica spiegazione a volte è che troppe persone pensano che scrivere certe cose da dietro uno schermo non sia poi così grave; come dicevo per me le parole hanno e devono avere un senso, hanno e devono avere conseguenze, perciò che certi auguri di morte, regalati così come fosse Natale, si definiscano delle bravate a me fa impressione. Ma molto spesso quegli auguri partono da persone che hanno ragionato su ciò che hanno detto e l’hanno detto ugualmente, con tutta la consapevolezza del mondo.

E questo episodio di Black Mirror ci mostra entrambe le categorie di persone. All’inizio ci sono quelle che non sanno cosa stanno facendo e stanno esprimendo il loro disprezzo per la persona in questione nel peggior modo possibile, ma senza immaginarne le conseguenze. E rappresentante di quella categoria è la maestra d’asilo che fa spallucce e in sostanza dice che mica è colpa sua se è morta quella persona, lei ha solo scritto una frase per gioco. Ci sta che abbia solo scritto la frase, stupidamente, ci sta meno che lo definisca un gioco.

E poi arriva la seconda moltitudine di gente che è quella che ormai ha capito che chi va in testa alla classifica muore, che il gioco è reale. E quella moltitudine in pratica si unisce col fine comune di uccidere un altro essere umano. Così di fatto ogni singolo votante è un assassino.


Non nascondo che a me piace quest’idea che chi dà aria alla bocca poi paghi per ciò che ha detto. Mi piace perché nel mio piccolo cerco sempre di stare attenta a come parlo perfino nel diffondere la pronuncia sbagliata di una parola o la citazione sbagliata da un film. Mi dispiacerebbe immensamente essere il motivo per cui un’altra persona sbaglia, di aver fatto disinformazione seppur minima. Figuratevi quanta importanza do a come ci si esprime nei confronti di altre persone.

Non metto in dubbio che ci siano esempi di veri e propri orrori di esseri umani online. Di solito per quelli io tendo ad augurarmi sempre che ci sia una giustizia superiore, chiamatela come volete, ma che porti sofferenza, non morte. E augurare la morte a qualcuno con tanto di nome e hashtag è qualcosa che nella vita non mi verrebbe mai di fare, manco per il peggiore essere al mondo, la trovo proprio una stronzata.

Mai dimenticarsi che ciò che si dice ha un impatto indipendentemente da quanto si è conosciuti e da chi si è. Bisognerebbe preoccuparsi tutti di ciò che esce dalle nostre bocche, soprattutto nei confronti degli altri. Dire ad un’altra persona che deve morire non può e non deve essere così semplice solo perché l’hai detto, mica l’hai messo in pratica.

Che siano i partecipanti al gioco i veri target del finale dell’episodio, da un certo punto di vista, è giusto, perché anche loro hanno compiuto il gesto di votare, di partecipare alla morte di un’altra persona e quindi devono subire le conseguenze delle loro azioni.


Quello che sbaglia questo racconto di Black Mirror, secondo me, è l’utilizzare come esempi di target del gioco solo persone piuttosto squallide. La giornalista che in un articolo prende in giro il gesto disperato di una persona, il cantante che si fa beffe di un ragazzino, la ragazza che si fa il selfie offendendo la memoria dei caduti in guerra… Tutte persone che di sicuro non meritano di morire, ma che sono comunque detestabili. L’odio ti viene, almeno quello per dire loro che fanno schifo e si devono vergognare. Poi l’esagerazione di alcuni psicopatici porta le minacce di morte.

Ma ciò che manca di dire qui Black Mirror è che in realtà l’odio e le minacce di morte troppo spesso sono rivolte a persone che non hanno manco lontanamente fatto qualcosa di così sgradevole. Le minacce arrivano più per un videogioco che non ha una trama che piace a tutti, l’essere fan di un cantante piuttosto che di un altro, essere tifoso di una squadra piuttosto che di un’altra, avere espresso un parere su un telefilm che non è gradito dalla maggioranza. Per quello spesso si augura la morte. Per non parlare poi di tutti quei ragazzini che sono bersaglio di cyberbullismo per il semplice fatto di essere diversi dai compagni, più introversi, meno popolari.


Ecco, per quel tipo di moltitudine, quella che si scaglia contro gente che non ha nemmeno fatto nulla di grave a parte dissentire o allontanarsi dalla maggioranza, ci vorrebbero un po’ di api-drone che almeno almeno tolgano loro l’utilizzo delle mani per lungo tempo. E siccome certi idioti non imparano mai poi la punizione dovrebbe peggiorare di volta in volta, a seconda del tipo di odio che cerchi di spargere sulle persone. Alla dodicesima puntura forse subirebbero un calo di cattiveria.

Odiare sembra una moda, esternarlo nel modo peggiore possibile sembra addirittura un dovere, a volte. Il Gioco delle Conseguenze dovrebbe essere qualcosa a cui tutti pensano in modo concreto quando le loro esternazioni si fanno inaccettabili.

Perfino quando sei solo un numero online, senza un volto e senza uno username riconoscibile, il solo fatto di sapere che dietro a quelle parole ci sei tu dovrebbe farti pensare diecimila volte a come dirle e soprattutto se dirle. E se pensassi anche solo per un secondo che quelle parole possono rivoltarsi contro di te, sono certa che nella maggior parte dei casi non verrebbero scritte.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.