Regina (2021) – Recensione – Alessandro Grande

Recensione Regina – Alessandro Grande – Sudestival 2022

All’interno della programmazione del Sudestival di Monopoli, molti sono i film e tante le emozioni, specie se si prendono due treni diversi per poter andare al teatro e cinema Radar e assistere alla proiezione di uno dei lungometraggi in concorso: Regina di Alessandro Grande, di cui vi offriamo questa recensione.

Si arriva inevitabilmente e si attende, passeggiando per le strade di Monopoli, prima di prendere posto all’interno del teatro. E tali emozionanti avventure derivano dal fatto che, in questi 9 anni di vita vissuta dal compimento della maggiore età, non ho preso la patente, per ragioni di una tale stupidità e demenza che preferisco tacere. In questo “festival del lungo inverno”, 15 sono i giorni di festival, 39 le proiezioni (tra corti, lungometraggi e documentari) e una preziosa retrospettiva su Nino Manfredi che merita tutta la nostra attenzione. Ma ora parliamo del film Regina di Alessandro Grande, in concorso come lungometraggio e facciamo un attimo di dietrologia, parlando della sua attività. Grande ha già vinto una passata edizione del festival nel 2019 con il cortometraggio Bismillah, con il quale ha vinto anche il David di Donatello, per il miglior corto. Per il film Regina ha vinto parecchi premi, come per esempio il Ciak movie, per il miglior film esordiente.

Padre e figlia in una delle prime scene del film

È un bel film, tutto sommato. Ma parecchio approssimativo in alcuni punti e inverosimile in altri. Questioni importanti sono volutamente lanciate e non proseguite, ma questo crea dei buchi di trama che, a lungo andare, fanno sorgere qualche interrogativo. Comincio col dire che Regina è una quindicenne, interpretata da Ginevra Francesconi, una giovanissima attrice con molti anni di teatro sulle spalle. La ragazzina vive con il padre, Francesco Montannari, che è una testa calda, un ex musicista che tenta di dare alla figlia quello che lui non è riuscito ad ottenere e non per il talento, ma per il suo essere impetuoso e bellicoso. Regina ha solo suo padre, che più che un genitore si presenta spesso come un compagno di giochi. La questione della morte della madre resta nell’ombra, ma è in qualche modo sempre presente.

Regina, in una delle prime scene, mentre fa un provino

La regia, in queste primissime scene è luminosa, piacevole, come lo stesso rapporto tra padre-figlia. Il problema viene quando, durante una gita nel lago, ammazzano un sub con la barca. Regina vorrebbe che il padre andasse alla polizia, ma l’uomo scappa, vende la barca, si comporta da vigliacco e questo ferisce la figlia, intanto assalita dai sensi di colpa. Questa storia ambientata in Calabria prende ora una piega inverosimile, quando appaiono sullo sfondo questi personaggi, mai analizzati, ma piuttosto macchie di colore, e tra questi vi è anche un’amica di Regina che fa da babysitter proprio al figlio dell’uomo che hanno ucciso. E la ragazzina non solo prende il posto della sua amica, ma riesce ad introdursi liberamente nella casa e a restarvi tutto il tempo, senza destare sospetti. Si aggira per casa, con la stessa abilità del protagonista di Ferro 3 – la casa vuota di Kim Ki-duk.

Regina, dopo l’incidente in barca

Insomma, ripresi sempre di profilo e mai frontalmente, chiunque al di fuori di Regina e del padre è destinato a non godere della minima caratterizzazione e, pur chi la meriterebbe, non la riceve, cascasse il mondo. Per esempio, l’uomo ucciso è implicato in sinistri affari con la mafia, tanto che viene sterminata tutta la famiglia, di fronte a Regina che entra in casa sempre con l’abilità di Diabolik. E non si spiega nulla di tutto questo, nonostante la sua importanza.

Il problema è proprio nel modo in cui è stato concepito il film, perché è Regina-centrico e questo significa che la telecamera è fissa soprattutto su di lei. Il personaggio, però, per quanto interessante è finito, non cresce nel corso del film perché è maturo di per sé. Non necessita di una crescita, contrariamente a quello del padre, perché già sa cosa sia giusto fare contrariamente al genitore. Basare un film su un personaggio fatto e compiuto può pure andare bene, se non è accompagnato da qualcuno di decisamente più interessante, come il padre, così pieno di difetti, così affascinante nel suo essere antieroico. È qualcuno che sembra badare alla figlia, ma che in verità viene costantemente aiutato e medicato dalla ragazza (che gli fa le punture per un problema alla schiena) o da una donna con cui si vede di nascosto dalla figlia. Alla fine, diviene autosufficiente e fa la cosa giusta.

Il regista Alessandro Grande

È una bella riflessione sul ruolo del padre, che è partito dal saggio di Massimo Recalcati sul complesso di Telemaco e sulla mancanza della figura paterna. Tutto ciò che riguarda l’uomo è interessante, perché vi è un’evoluzione proprio grazie all’amore per sua figlia. Tanto che, in verità, io in primis avrei preferito più un film incentrato su di lui, che su Regina. Al di là di questo, è un film che merita di essere visto e Alessandro Grande è un regista da tenere sottocchio, con delle riprese interessanti e una trama che tiene incollati allo schermo.

[amazon_auto_links id=”66133″]

Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...