Martha is Dead – Recensione – PC, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X/S

Martha is Dead – Recensione

Quello attorno a Martha is Dead è stato per mesi un chiacchiericcio formato da rumori sordi ed indefiniti: l’ultima fatica di LKA, studio italiano con sede a Firenze già creatore di The Town of Light, è stata al centro di sguardi curiosi da parte di pubblico e critica e di polemiche riguardanti l’effettiva censura che si è abbattuta sulle versioni dedicate alle console Sony. Nonostante si possano sostenere diverse ipotesi e posizioni riguardo a simili controversie, ciò che va analizzato in un testo di questo tipo è il prodotto, il contenuto, il suo intento e ciò che effettivamente è riuscito a realizzare: ecco perché, non senza fatica e problemi di varia natura, calchiamo anche noi le impolverate vie campagnole proposte dall’ambientazione di Martha is Dead, rilasciato il 24 Febbraio 2022 e finalmente pronto a proporsi, in prospettiva, ai lettori di Nerdream.it.

Martha is Dead – Recensione – Non dimenticare il mio nome.

È il 1944 e non è un segreto quale tragico evento, ennesimo in un “loop storico” che sembra tendere alla ripetizione, fosse in corso in quel momento: la Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto non mancò di toccare anche la nostra bella Italia, piegata per volontà propria o meno al giogo Nazista e ai simpatizzanti dello stesso, e numerose furono le battaglie decisive per la liberazione sul suolo italiano: una di esse, la battaglia di Val di Pesa, avvenne proprio qualche giorno dopo gli eventi che Martha is Dead ci racconta, scegliendo come ambientazione un paese vicino, San Casciano.

Giulia e Martha sono due gemelle ben diverse nei modi e nella percezione che gli altri hanno di loro: se la madre delle due sembra nutrire un amore smisurato per la sordomuta Martha, Giulia è invece la preferita dal padre, generale dell’esercito nazista e amante della fotografia. La figlia apprende presto dal “babbo” l’arte dello scatto e una tragica mattina, proprio durante un controllo ai rullini delle macchine fotografiche lasciate al lago per immortalare ogni attimo di quel luogo tanto caro a Giulia, la ragazza assiste al cambiamento definitivo della sua vita e della sua psiche: riversa nel lago vi è sua sorella Martha… morta.

Ma Martha non è esattamente morta, o meglio, non lo è per tutti; un equivoco più o meno voluto fa sì che Giulia venga scambiata per la gemella al ritrovamento del corpo e che tutti pensino che sia stata effettivamente la figlia “meno gradita” a morire. Intrappolata in una bugia ormai impossibile da svelare, Giulia comincerà quindi a vivere una vita solo in parte sua e legata a doppio filo a quella ormai persa dalla sorella, alla strana entità denominata la Dama del Lago che alberga nei suoi racconti infantili e al mistero che aleggia attorno alla morte di Martha.

Comincia, a questo punto, una narrazione sicuramente non per tutti: Martha is Dead è un prodotto psicologicamente forte e disturbante, pronto ad insinuarsi nelle zone d’ombra della mente di ognuno e rievocare traumi, dubbi e paure. Così come l’ambientazione toscana vive in un vero e proprio momento di trapasso tra una realtà storica e l’altra, allo stesso modo la nostra avventura è costellata di “confini superabili” a nostro rischio e pericolo, finzione che si interseca con la realtà e traumi che prendono aspetti e forme differenti. Ogni personaggio rappresenta qualcosa per Giulia e al di fuori di Giulia, i rapporti che ha sono complessi e spesso pronti a snervare per il loro essere rudi, taglienti o talvolta “visivamente assenti”, come quello con il padre ad esempio. Non avremo infatti interazioni dirette con il babbo di Giulia, né tantomeno con altri personaggi della storia, eppure tutto ciò che questi rappresentano è sempre pronto a fare capolino in modo più o meno gradito. Il rapporto con la gemella è poi molto interessante, sebbene la personalità di Giulia, lo ammetto, sembri un po’ troppo “carta bianca da tingere” per i miei gusti. Apprezzabile è invece la volontà di creare un personaggio a volte troppo distante dal mondo reale, pronto ad affidarsi a pensieri ed espedienti di vario genere pur di raggiungere una pace ed una verità che… beh, chissà se poi sono davvero raggiungibili.

La narrativa funziona e per evitare qualsivoglia tipo di spoiler non procederò oltre nell’analisi; ciò che però è bene precisare, è che personalmente non ho sempre trovato ben ritmato il tessuto narrante in sé, a volte  inserito in dei tempi morti dettati primariamente da un gameplay non proprio riuscito, di cui parleremo qui di seguito.

Martha is Dead – Recensione – “Sviluppare” una storia.

L’elemento che salta subito all’occhio in Martha is Dead è la volontà degli sviluppatori di creare un gioco narrativamente orientato e che quindi è pronto a sacrificare la sua “anima più ludica”: ci sta e sapete bene che non amo penalizzare gli studi di sviluppo per questa scelta, spesso capace di generare perle insuperabili! Tuttavia, nel gioco di LKA si percepiscono una serie di buone, ottime idee che non vengono realizzate in modo perfetto… e questo è un peccato. Prendiamo ad esempio l’interazione con il telegrafo proposta ad un certo punto del gioco: è ammirabile il voler riproporre un tipo di comunicazione basata sul codice morse, mentre meno ammirabile è farlo senza rendere intuitiva l’interazione stessa. Onestamente ho dovuto cercare l’alfabeto morse su internet per seguire passo passo le lunghissime frasi a schermo.

Sicuramente più intelligente nella realizzazione e capace di impreziosire l’opera è l’utilizzo della Rolleicord, una macchina fotografica degli anni ’40 alla quale LKA ha dedicato anima e corpo, realizzando un “simulatore di fotografie” che snellisce i processi troppo macchinosi e complessi senza rimuovere quella sensazione di progresso generata dagli step necessari a stampare la foto. Fotografare l’ambiente è infatti necessario in Martha is Dead, soprattutto per interfacciarsi con la “realtà inaccessibile” di Giulia.

L’area con cui avremo a che fare è abbastanza circoscritta e l’ambientazione propone principalmente la casa di famiglia, il bosco, il lago e la campagna circostante: ogni zona è realizzata senza troppi orpelli e risulta semplice da esplorare, anche se non ho amato molto la gestione macchinosa della mappa. Non mancano dei problemini tecnici sparsi che disturbano l’esperienza, come bug nelle interazioni con oggetti ed eventi e obiettivi che non compaiono a schermo, confondendo un giocatore che aspetta, di fatto, di essere guidato da un gioco che si propone fin dal principio come “narratore di una fiaba”, sebbene decisamente macabra.

In generale, l’esperienza ludica è intelligente in alcuni punti ma mai davvero “solida”, comprensibile visto che l’obiettivo di LKA non era creare un “gioco”, ma una “storia”. Come con The Town of Light, siamo di fronte ad un titolo di difficile analisi, che andrà sicuramente incontro ai gusti di alcuni e che saprà invece completamente rigettare quelli di altri.

Martha is Dead – Recensione – L’Italia degli anni 40 tra luci e ombre.

Graficamente parlando, Martha is Dead è un gioco che tende al fotorealismo e che riesce in quasi tutti i casi a proporre una realizzazione tecnica encomiabile: le ambientazioni, in particolare, sono realizzate con attenzione e ricordano davvero le case di alcuni di noi, sia negli aspetti positivi che in quelli negativi.

La nostra partita si è, tuttavia, svolta su un hardware che sicuramente non pompa al massimo questa realizzazione, ovvero Xbox One S. Il gioco su old gen scende a qualche compromesso di troppo, calando spesso sotto i 30fps anche nelle fasi meno impegnate e sottostando a fenomeni di pop-up e di texture in netto ritardo sulla tabella di marcia. Inoltre, le sequenze iniziali e finali del gioco sono state, di fatto, sostituite perché “troppo pesanti” per le vecchie console. Un sacrificio necessario, sebbene sgradito.

Il nostro consiglio è quindi quello di giocare Martha is Dead su console di attuale generazione o su PC, per godervelo senza problemi e sbavature che in più di un’occasione ci hanno rovinato l’esperienza.

Nulla da dire invece alla colonna sonora, magnifica sotto tutti i punti di vista, sia nell’accompagnamento delle interazioni in-game che nel cantato proposto in alcune fasi, primo fra tutti il menù iniziale: “Don’t forget my name” è il mio sottofondo durante la stesura di questa recensione, sappiate solo questo.

Amante di videogiochi e libri fin dalla nascita, ha poi sviluppato una grande passione per tutto ciò che è nerd. Originaria della terra del bergamotto e del piccante, vanta radici nordiche niente male e ha una passione irrefrenabile per il mondo animale. Logorroica e amante delle discussioni costruttive, datele un argomento di conversazione a vostro rischio e pericolo!