Black Mirror – Approfondimento Stagione 3 Episodio 2 – Playtest

Black Mirror esplora in diversi episodi la fascinazione nei confronti dei videogiochi e la voglia di sperimentare esperienze di gioco sempre più immersive.

L’episodio di Black Mirror Playtest è forse uno dei più sconvolgenti in tema di futuro dei videogiochi. In una realtà come quella presentata nella serie è facile intuire che anche il mondo dei videogiochi farà incredibili passi avanti in termini di sensazioni ed esperienze provate nel corso di un gameplay. Se si unisce ad una realtà virtuale dettagliata in modo impressionante un’interfaccia che opera direttamente sul cervello, il gioco diventa presto qualcosa di tangibile e reale.

È ciò che accade al nostro protagonista Cooper, simpatico giramondo a cui improvvisamente viene bloccata la carta di credito e che si ritrova a dover far soldi per poter tornare a casa. Un po’ per curiosità, un po’ per bisogno, si rivolge a questa grande casa di produzione di videogiochi che, sotto compenso, invita a partecipare a dei test per una nuova esperienza video ludica.

Cooper trascorrerà la notte più spaventosa della sua vita tra creature che vedrà e basta e avventure che vivrà invece sulla sua pelle, finché la fine dell’episodio non ci rivelerà che Cooper non ha mai superato i primi quattro secondi di test dopo l’inserimento dell’interfaccia che serviva a far comunicare il suo cervello con il computer. E per quale motivo? Per un’interferenza del suo telefono acceso lì accanto; la mamma continuava a chiamarlo e con quell’ultima chiamata ha decretato la sua morte cerebrale.


Il solito dubbio mi affligge: da dove comincio con le mie personali considerazioni su questo episodio di Black Mirror?

In prima battuta a me salta all’occhio la classica contrapposizione che si usa fare tra gamers e resto della popolazione: il gamer vive in un mondo irreale, mentre gli altri materialmente fanno esperienze. Non posso ampliare qui il discorso vastissimo che mi si apre davanti, ma per correttezza e, in questo caso, amore per la sintesi, dirò che trovo questo confronto assolutamente idiota. Non sto parlando solo del fatto che un/a gamer può anche essere uno/a che fa esperienze dirette così come uno/a che fa esperienze di vita può essere anche un/a gamer. Ammesso anche che ci fossero due fazioni del tutto opposte, gamers e “sperimentatori”, proprio il fatto che una fazione sia considerata meglio dell’altra è idiota.

È un discorso che io, fra l’altro, accuso da due lati diversi, da autrice di storie e da gamer; bisogna vivere invece di immaginare. Ecco, tanto piacere per chi viaggia, fa esperienze, tocca con mano le cose e le sperimenta. Fanno bene. Io per esempio no. Io scrivo e gioco. E ho una vita ricchissima sia di emozioni che di esperienze che di ricordi.


Il protagonista di questo episodio di Black Mirror fa parte di entrambe le fazioni: gamer, ma che fa anche esperienze dirette. Lui sostiene che sia per “costruirsi ricordi finché è in tempo”. Altra frase ricorrente con cui non sono d’accordo; i ricordi che ti costruisci non sono più o meno importanti se te li costruisci giocando online con gli amici o attraversando una foresta pluviale a piedi. E come in tanti storceranno il naso di fronte a questa affermazione, io storco il naso di fronte alla convinzione che chi gira il mondo ed è sempre col naso fuori casa sia più intelligente o spenda meglio la sua vita di chi non lo fa. Ognuno mette le sue capacità al servizio di ciò che lo rende più soddisfatto.
Io, ad esempio, mai ho voluto e mai vorrò girare il mondo e sono sicura che non lascerò questa terra più o meno ricca di chi l’ha fatto. E se ne sono convinta io tanto basta a me, giusto?


Cooper, ahimè, proprio per il suo desiderio di girare il mondo si trova ad un certo punto nei guai. E per tirarsene fuori si metterà in guai più grossi, stavolta seguendo la sua passione per i video games. E mi piace proprio questa doppia fregatura. Come ti giri ti metti nei guai. Però, diciamocelo fra noi: se fosse rimasto a casa a giocare coi videogiochi in realtà non gli sarebbe successo nulla di ciò che gli accade.

La procedura a cui si sottopone Cooper è in fase di sperimentazione e molto pericolosa. Trattandosi sempre dell’universo di Black Mirror do per scontato che la tranquillità con cui Cooper decide di accettare è dovuta ad un modo di concepire la tecnologia più avanzata, perfino quella che si inserisce nel corpo umano, come qualcosa di normale e fattibile. Per quanto io ami l’idea della realtà virtuale estrema, non penso che mi farei mai installare qualcosa che tocca i miei centri nervosi e si connette direttamente al mio cervello. Insomma, dovrebbero sperimentarlo prima su un milione di Cooper e senza controindicazioni, poi forse ci penserei.


Però il principio dietro a tutto questo episodio è qualcosa a cui io non solo penso da sempre, ma con cui mi trovo in completo accordo. Vivere le cose materialmente o solo attraverso la forza della tua mente per me non fa alcuna differenza. Io non sono certo ai livelli di realtà virtuale con cui si trova ad avere a che fare Cooper, eppure immagino senza sforzo un sacco di cose e le emozioni che vivo sono reali.

Certo iniziare la sperimentazione di una realtà virtuale come quella ipotizzata in questo episodio partendo da un contesto horror non è molto intelligente. Per non far impazzire la gente e perderla in corso d’opera io punterei più su un inizio rilassante, in una location luminosa, profumata, piena di cose belle. Ma qui no, qui si parte dalla villa degli orrori peggiore che si possa immaginare e dalle paure più ancestrali del povero sventurato che si sottopone al test.


Il creatore della tecnologia sostiene che i videogiochi horror piacciono così tanto perché anche dopo un grande spavento sei ancora vivo, quello ti fa apprezzare la paura che hai provato.
Anche con questo personalmente dissento: mi piacciono i videogiochi horror perché mi trovo in situazioni che MAI vorrei provare nella vita. Mi immedesimo in qualcosa di terrificante che non mi tocca da vicino. Se sperassi di vivere veramente un’avventura stile Silent Hill sarei una pazza. Senza nulla togliere a chi sogna che gli succeda, eh? Parlo di me e di come reagirei io; morirei in un angolo due secondi dopo il suono della sirena. Magari c’è invece chi si divertirebbe.


Io sono più per cose tipo il Labirinto del Fauno; niente paese fatato e città di smeraldo, quello no, preferisco sempre il paesaggio sinistro e creature di cui nessuno si fiderebbe a prima vista. Ma non voglio sentirmi in pericolo. Con quello dissento: il sentirmi in pericolo e poi salvarmi non mi fa sentire viva, mi stressa e non mi diverte, perché dovrebbe? Perciò in un contesto di realtà virtuale estrema quella di essere inseguita da mostri o essere quasi ammazzata da un assassino non sarebbe l’esperienza video ludica che sceglierei. Se la mia mente deve immergersi tanto da farmi credere che ciò che vivo è reale, allora scelgo io cosa, dove e come.

Tutte congetture mie che poco hanno a che fare con l’episodio, però, perché in realtà non sapremo mai quanto Cooper avrebbe resistito in un contesto horror creato dalla sua mente, nulla di quello che vive è frutto di sue decisioni. Tutto ciò che noi vediamo è dato dall’interferenza del telefono con il congegno che gli è stato impiantato, quattro secondi che bastano a mandare in corto circuito il cervello del povero ragazzo. Chissà se lui avrebbe acconsentito ad andare avanti con l’esperimento e chissà come sarebbe stato in realtà l’esperimento vero e proprio; nulla di ciò che vediamo succede sul serio.

L’aspetto più inquietante di tutto questo episodio di Black Mirror sono proprio quei quattro secondi che per Cooper diventano ore e ore di terrore vissuto sulla sua pelle. È incredibile il pensiero che proprio le persone che sperimentano su di lui e che raccolgono i dati non abbiano la minima idea di cosa quel congegno abbia scatenato in Cooper.


Un’estensione di quegli ultimi quattro secondi di vita che diventano ore e ore spese in una sorta di limbo, una realtà sospesa tra due mondi che è destinata a concludersi, ma quando? Cooper non può saperlo e nel frattempo continua a sperimentare vari risvegli in vari livelli di realtà che non sono mai la sua, perché nella sua il suo cervello sta per spegnersi.

Se il creatore di quella tecnologia, che ha come scopo quello di utilizzarla come VR avanzata nei videogiochi, sapesse cosa quel congegno è in grado di fare, saprebbe anche di avere per le mani qualcosa di molto molto più importante. Qualcosa che ti permette di non dover usare il tuo corpo per sperimentare o, come dice Cooper, per “costruirti ricordi”, qualcosa che ti permette in pochi secondi di provare ore e ore di un’attività qualsiasi, di studiare, visitare un museo, fare una passeggiata rilassante, sdraiarti in mezzo ad una dozzina di cuccioli di cane.

Ma a quanto pare Cooper non è il primo soggetto che ci lascia le penne ad esperimento appena iniziato, quindi possiamo concludere che in questo episodio di Black Mirror c’è forse uno dei pochi esempi di tecnologia che non funziona affatto, o funziona troppo poco e all’insaputa dei creatori.

A volte però me lo chiedo.
Chissà. Chissà se ciò che i miei occhi vedono, ciò che i miei sensi percepiscono è davvero così come io credo che sia. Chissà se particolarità come la sinestesia non esistono proprio per farci riflettere sul fatto che tutta questa certezza su quello che ci circonda non dovremmo averla, e sul fatto che ognuno di noi percepisce il mondo in modo del tutto diverso.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.