Nightmare Alley (2022) – Recensione – Guillermo Del Toro

La fiera delle illusioni – Nightmare Alley – Recensione

Dato che il 26 marzo ci sarà la cerimonia degli Oscar, è giunto il lieto momento di parlare di tutti i fortunati candidati. Tra i cinque per il Miglior film straniero, spicca l’ultimo stupendo film di Sorrentino. Chissà se vincerà, la vedo piuttosto dura, nonostante sia un film preziosissimo, di un regista che finalmente ha mostrato la sua anima oltre al suo talento indiscutibile. La vedo piuttosto difficile, perché si trova fianco a fianco con Drive my car, però la speranza è l’ultima a morire. E poi, chissà, quando c’è di mezzo Dio è tutto possibile. Vi parla una miscredente, anti-cattolica. Prendete questa mia uscita come pura ironia. A portare alto lo stendardo italiano, c’è il costumista del film Cyrano, Massimo Cantini Parrini. E anche in questo caso, tifiamo, tifiamo.

Passiamo ad un film ancora nei cinema, che non sta attirando molto il pubblico e che è stato comunque candidato agli oscar: candidatura arrivata per la qualità dell’ultima fatica di Guillermo Del Toro (fatica in tutti i sensi) o perché gli amici dell’Academy desideravano portare molti più spettatori a vederlo? In realtà, per entrambe le ragioni. Direi che un prodotto così bello e così diverso di questo grande regista messicano va visto e andrebbe anche rivisto. Perché si esce dal filone del fantastico, e questo è un tantino sconvolgente trattandosi di Del Toro. Innanzitutto, si tratta di un remake, ma un bel remake, e di un’opera tratta da un bel libro, adesso in una bellissima traduzione edita Sellerio Editore. Ho utilizzato troppe volte “bello” e “bellissimo”, ma i sinonimi non hanno lo stesso senso, perché il film è bello da vedere, il libro ha una traduzione elegante, sofisticata, eppure fedele al testo e allo stile di partenza. Insomma, una bella traduzione.

Copertina del libro

Detto questo, correte al cinema a vedere La fiera delle illusioni, a discapito della terribile traduzione italiana, che magari potrebbe riguardare la prima parte del film e qualcosa della seconda, ma che non restituisce l’incubo presente nel titolo originale. Il film vuole recuperare l’orrore, la bruttura e il grottesco degli incubi e riesce straordinariamente, con una regia che meritava una menzione agli Oscar (anche se Jane Campion avrebbe comunque la strada spianata), una fotografia molto interessante di Dan Laustsen (stavolta candidato agli oscar), scenografia spettacolare e costumi meno spettacolari, ma comunque interessantissimi. Chissà che non vinca l’oscar per la scenografia. Mi illudo? Forse, ma tutte le scene ambientate al circo, l’allestimento degli interni, gli esterni resi ancora più gargantueschi grazie alla regia, sono una gioia per gli occhi.

Bradley Cooper in una scena del film

Qual è il problema del film? Uno solo. Un solo grande difetto: che il film sia interamente basato su Bradley Cooper. Precisamente sul presunto fascino di Bradley Cooper, che è un bell’attore, ma monolitico, ottimo per le scene in cui si infuria, in quei ruoli in cui domina l’istinto. Questo è un ruolo più sottile, adatto ad un altro tipo di attore. E infatti sarà verso la fine che Bradley sarà finalmente nelle sue corde. Questo penalizza il film, perché quando questo personaggio si troverà alle prese con Cate Blanchett, non servirà a nulla che Del Toro posizioni la telecamera in modo da far risultare piccola quest’attrice: il fascino dirompente dell’una travolge l’altro.

Una scena iconica del film

Un ultimo elemento che spesso viene taciuto di questo film (si sente nell’aria), che ha profondamente inciso sull’animo di Del Toro, è che è stato girato in piena pandemia. Sospendere le riprese, quell’incertezza, quell’alone di morte e progressiva perdita delle speranze è qualcosa che sopravvive e aleggia nella pellicola. Tra la prima parte, ambientata al circo e a tema Freaks, e la seconda, più cupa e dominata dal genere noir, si coglie presto lo scarto e non è un caso che la prima parte sia stata girata nel 2019 e la seconda dopo la metà del 2020, con tutte le difficoltà sul set. Eppure, vedere quest’opera cinematografica è in qualche modo catartico, necessario, attuale più di tanti altri film del periodo. Di certo un’altra ragione per cui è d’obbligo correre a vederlo, prima che lo tolgano dalle sale.

P.S.
Dopo che ho scritto che Sorrentino non avrebbe trionfato agli Oscar mi è caduto del succo di frutta sulla tastiera. Coraggiosa e forte, ha lottato ma invano. Sarà stata la mano di Dio? Temo proprio di sì. Mi correggo e dico che vincerà. Vi informo se la tastiera riprende a funzionare.

Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...