La serie di Cuphead – Recensione – Netflix

La serie di Cuphead – Recensione

Tra le nuove uscite del catalogo Netflix troviamo La serie di Cuphead, tv show ispirato all’omonimo videogioco, e disponibile a partire da Venerdi 18 Febbraio.

Tratto direttamente dall’omonimo videogioco uscito nel 2017, è  una serie animata in stile anni ’30 come Betty Boop o i primi cartoni animati di Topolino.

Parla della storia di Cuphead e Mugman, due fratelli combinaguai, che vivono insieme a Nonno Bricco sull’ Isola Calamaio (Inkwell Isles).

Come per il titolo del videogioco “Don’t deal with the Devil“, già dall’inizio vediamo che la storia ruota intorno a Cuphead, intrigato dal circo “Carnevil” e da uno dei suoi giochi, e Satanasso che sta cercando di rubare più anime possibili ai viventi.

Mentre Mugman cerca di portare via suo fratello, Cuphead perde al gioco e si troverà in debito con Satanasso… della sua anima.

 

I favolosi anni ’30

I 12 episodi, da circa 15 min. l’uno, ci aiutano ad ampliare un po’ i mondi ed i personaggi che troviamo anche nel  videogioco dei fratelli Moldenhauer, come Ms Chalice, Porkrind ed il Re Dado e la “Root Pack” con le sue verdure giganti. Vediamo anche piccoli accenni ad altri boss, soprattutto nella Intro, dandoci forse la speranza per una seconda serie.

L’animazione è superba: è stata sicuramente lo spotlight del videogioco, e la ragione per la sua fama, ma non viene meno nella serie animata, anche grazie alle musiche di Ego Plum che creano l’atmosfera perfetta.

Nella sua versione originale, i personaggi sono doppiati da attori molto conosciuti come Tru Valentino (Cuphead), Frank Todaro (Mugman) e Luke Millington-Drake (Satanasso), dandoci anche un’idea delle aspettative che ha Netflix per questa serie, e quanto hanno voluto investire su di essa.

Ottimo lavoro, ma c’è ancora da fare

Non mi sento di elogiare molto la storia: mi aspettavo, specialmente dopo la difficolta del gioco, e tutti quei “rumors” su come Cuphead sia intriso di messaggi subliminali e ritorni alla Massoneria, qualcosa che effettivamente potesse tenermi incollata allo schermo.

Di certo ci si aspettava un prodotto più adulto, invece di una storia forse un po’ basic, con una trama molto simile ad alcuni dei vecchi episodi di Betty Boop.

Penso soprattutto si siano persi troppo nel far apparire determinati personaggi e dargli una background story, lasciando la storia con Satanasso un po’ vuota, senza dargli l’importanza che ci si aspettava dall’inizio.

Spero vivamente in una seconda stagione, dove possa rimangiarmi ciò che ho scritto, alzandomi dal divano in piena Standing Ovation.

Stiamo comunque parlando di un prodotto del quale consiglio la visione, e non va dimenticato che Netflix è riuscita a creare una serie ben fatta, da un videogame, come nessun altro prima (e di questi tempi non possiamo dire che è roba da tutti i giorni.)

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