Resident Evil Village – Del perché io non gioco in modalità estrema

Se vi fosse capitato di sentir suonare le campane un paio di settimane fa, erano perché io avevo finito Resident Evil Village.

Non era scontato che finissi Resident Evil Village, anche se videogioco da quando avevo sei anni, e sei anni li avevo un sacco di tempo fa. E non è mai scontato che io finisca un gioco, seppure la mia modalità di gioco vada dall’easy al “Che cosa pretendi, di camminare e guardare il paesaggio e basta? Sì.”

Per la paura che avevo di giocare a Resident Evil Village avrei giocato anche a meno di casual, avrei giocato a hilarious, se mi fosse stata data la possibilità. E dopo tanti anni credo di aver capito perché io non gioco praticamente MAI nemmeno in normal. Sì, la prima battuta che mi viene da fare è che io non sono normal, quindi quella non è la mia modalità.

Secondariamente però Village mi ha suscitato una serie di riflessioni che ho potuto fare sia giocando, sia seguendo i gameplay degli altri. E negli ultimi giorni ne ho visti e rivisti in quantità, perché Village non mi stanca mai. Veniamo prima a ciò che penso del gioco. Così come Resident Evil 2 Remake, Resident Evil Village è SODDISFACENTE.

Più di Resident Evil 7, perché per me il Duke da solo ha innalzato il divertimento dato da questo gioco di una spanna buona. La sola aggiunta di quel componente ha migliorato tutto. La soddisfazione di cui parlo da dove deriva per me? Dal sopravvivere, direte voi, e d’accordo, sì, quello se mi riesce mi fa sempre felice. Però diciamo la verità: io voglio soprattutto guardarmi in giro, esplorare, scoprire dettagli, possibili easter eggs, ammazzare i nemici e raccogliere TUTTO.

Nei giochi ho l’animo dell’hoarder e Resident Evil lo accentua con la storia delle stanze rosse e blu. Se una stanza è rossa di solito ci posso morire dentro pure venti volte, ma finché non diventa blu io non esco.

Da quando faccio gameplay mi sono dovuta ridimensionare di brutto e quindi questa mia caratteristica si è persa in nome di un gioco più velocizzato. Che poi non me l’ha chiesto nessuno, me lo sono messa in testa io. Sarà stato anche che con la Dimitrescu alle spalle stare lì a cercare il gioiello incastonato nel muro non mi sembrava saggio, però ho lasciato indietro TROPPO per essere in modalità “saltella allegro tra i Lycans”. La paura mi ha fregata.

Io non gioco in modalità più difficili perché se devo stare lì a calcolare ogni mia mossa per sfuggire ad un nemico, conservare munizioni e guardarmi in giro allora non mi diverto più, mi agito e basta. Come quando mi chiedono: perché non vai sulle montagne russe? È divertente!

Ho capito, ma non lo è per me. Io sulle montagne russe proverei l’esatto opposto del divertimento, scendere dopo un giro non mi farebbe sentire elettrizzata, mi farebbe solo provare una sensazione sgradevole e perdere tempo. Lo stesso vale per la modalità hard ed estrema dei videogiochi: non mi diverto. E l’ho capito guardando giocare la modalità Village of Shadows di Village.

Divertentissima e da brivido da spettatore, ma giocarci per me sarebbe stata una sofferenza e non un divertimento.

Tralasciamo il fatto che morirei mille volte. Sì, certo, morirei anche più di mille volte, ma alla fine ce la farei perché è da quando avevo sei anni che, se mi impunto, ci posso pure mettere una vita ma la pazienza non mi manca e prima o poi risolvo. Chiedete a Jesse Faden di Control, lei lo sa.

È che, soprattutto nei Resident Evil, mi devi dare la possibilità di ammazzare tutti i nemici, tutti, non ne voglio in giro manco mezzo, invece nelle modalità estreme lo scopo è sempre quello di aggirarli e conservare munizioni per i boss.

Eh no, eh? La compravendita e lo sperpero di denaro in situazioni di estremo pericolo sono la mia specialità, per non parlare del potenziamento delle armi a caso e della necessità di tenere in ordine l’inventario che si perde dopo i primi venti minuti di gioco. Ed io per superare le modalità più difficili dovrei perdermi tutta questa gioia?

No, nel senso, intendo perdermi la gioia di cazzeggiare con l’inventario e tutto il resto, invece di prestarci la massima attenzione. Certo che si può gioire di compravendita oculata e conservazione delle munizioni soprattutto in modalità estreme e mettersi alla prova in più e più modi, ma non fa per me.

Io per esempio ho visto giocare Village of Shadows da Leopardus91 ed è stata una montagna russa (tanto per rimanere in tema) di emozioni, ma mentre guardavo dicevo: io manco alla decima volta che giocherò a Village utilizzerò mai questa modalità, perché non posso ammazzare tutti. E per me non c’è gusto.

L’hoarder che si scatena nei miei gameplay non solo vorrebbe collezionare tutti gli oggetti disponibili, ma anche fare strage di mostri totale. Non mi sentirete mai dire, “Beh, questa mutazione licantropa la lasciamo qui a gironzolare e intanto noi proseguiamo”. Assolutamente mai. E quindi vai di spreco di munizioni.

Quando uscì il primo Resident Evil mi ricordo che dovetti fermarmi al primo incontro con un ragno perché non avevo materialmente i colpi per sconfiggerlo. Ho finito per la prima volta Resident Evil l’anno scorso. Chris deve aver cercato per vent’anni quei colpi in giro e alla fine deve averli trovati. Amo Village, l’ho amato, si sarà capito.

Purtroppo la storia è un coacervo di tutto ciò che non sopporto. Mi sono emozionata seguendo l’avventura di Jesse Faden all’interno dell’FBC, ma seguendo quella di Ethan ho riso tantissimo e non credo fosse esattamente ilarità quello che il gioco voleva ispirare. Quella è una sensazione mia immutabile, non significa che denigrerò il resto del gioco.

Seguendo Leopardus91 in più ho potuto ascoltare la versione italiana e alcune traduzioni sono proprio da punto interrogativo laddove la versione originale invece era chiara e mi chiedo sempre come sia possibile; è anche vero però che partiamo da un’originale che sbaglia la pronuncia della Dimitrescu e quindi alla fine il nostro lavoro di traduzione va più che bene, mi sento di dire in questo preciso caso. Questi i punti dolenti.

Ma l’aspetto survival e tutto il resto mi hanno dato ore di grandissimo divertimento. Ci sono giochi che forniscono il pacchetto completo, storia e giocabilità insieme, ad esempio per me titoli come Death Stranding, i due The Last of Us, i due The Evil Within… Altri in cui ci si può accontentare anche del solo piacere di giocare. In quello Resident Evil mi ha deluso solo in pochissime occasioni.

E Village è davvero un gioco da giocare e da guardare, più e più volte, senza timore di annoiarsi.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.
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