Freaks Out – Recensione Senza Spoiler – Gabriele Mainetti

Freaks Out – Recensione SENZA SPOILER

Attualmente nelle sale italiane il nuovo film del regista romano Gabriele Mainetti. Un film che non sembra italiano, eppure è italianissimo. Ecco la nostra recensione senza spoiler!

Dopo che il sito ha pubblicato la RECENSIONE con spoiler, sentivamo il bisogno di aiutare chi fosse ancora in difficoltà nel capire se andare o meno al cinema a vedere Freaks Out e volesse una recensione senza spoiler… beh eccola!

Che si può dire dell’ultimo film di Gabriele Mainetti? È da giorni che me lo domando, da quando è finita la proiezione e si sono accese le luci in sala. Che giudizio si può esprimere di fronte ad un film del genere? E così ho riflettuto, ripercorso con la mente questa o quella scena, riso tra me e me, e per un attimo ho sentito risalire, lungo i condotti lacrimali, un po’ di commosso dispiacere per questo o quel personaggio.

Senza rendermene conto, sono spuntati particolari, scene di indubbia maestria, inquadrature simili a quadri di un grande direttore della fotografia come Michele D’Attanasio, che non solo ha fatto miracoli in Lo chiamavano Jeeg Robot, ma è stato anche applaudito in Tre piani, l’ultimo film di Nanni Moretti, dove la fotografia è davvero bella. Ma guardando un film straordinario come Freaks Out si fatica a credere che si tratti di un prodotto nostrano.

Una scena tratta dal primo film di Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot

E non perché “il cinema italiano non è più quello di una volta”, oppure perchè “non è nulla in confronto al cinema americano”, o ancora perchè “e che noia il cinema italiano, fa veramente pena” e altri commenti che ci tocca sentire da questo o da quello spettatore, naturalmente mossi da un radicato pregiudizio (come chi ha purtroppo detto che La scuola cattolica sia un cattivo film, perché è entrato in sala già col pensiero che non gli sarebbe piaciuto).

Insomma, come può l’Italia fare bei film? Così va, alle volte. Ma in questo caso, quando mi tocca constatare con fatica che è italiano, è perché ha qualcosa di totalmente lontano e così poco italiano, che potrebbe benissimo essere stato girato ad Hollywood. È qualcosa di totalmente diverso da quello cui siamo stati abituati negli ultimi anni, perché se è vero che le commedie italiane pare che s’assomiglino tutte, lo stesso si può dire per i bei film. Quei film di struggente poesia che ha prodotto ultimamente l’Italia, si vede che sono italiani, hanno un marchio inconfondibile, con qualche rara eccezione. Mostrano l’appartenenza alla penisola.

Un film del genere, così bello, nuovo, credibile, non sembra italiano. Potrebbe averlo girato un regista straniero, difficilmente europeo, perché i riferimenti sono a Chaplin, sono a Roma di Alfonso Cuaron (nel modo in cui si conclude il film), sono al cinema dei supereroi, a Stranger Things, a Dumbo di Tim Burton, a Tarantino, ad una determinata cultura popolare e al cinema popolare, che l’Italia ignora.

È “un cinema nel cinema” quello di Gabriele Mainetti. Quando si vedono questi quattro supereroi, chiamati non a caso ‘fantastici 4’ dal cattivo del film, si rimane attoniti.

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I fantastici 4 italiani e il loro capo Israel (Giorgio Tirabassi)

Quando si assiste a scene di guerra, ambientazioni naziste, inquadrature che sembrano prese da Bastardi senza gloria, il tutto girato con un tono divertente, esperto… insomma, quando si assiste ad un film così (quanto sono difficili le recensioni senza spoiler!) e si esce con un tale senso di soddisfazione dalla sala, la prima cosa che sovviene, dopo la constatazione piena di sorpresa che si tratti di un film italiano, è un moto di orgoglio.

Allora, pure noi possiamo prendere a pesci in faccia l’America! Pure noi possiamo fare un film di supereroi, guerra, nazismo, dal sapore internazionale ma in romanesco, ambientato a Roma. Anche noi possiamo fare dei film così belli, così poco italiani, eppure così tanto rappresentativi della nostra cultura.

Franz, il cattivo di Freaks Out

Freaks Out è un film dal sapore internazionale. Gabriele Mainetti, questo regista romano con i controfiocchi, con la sua cultura americana e il suo amore per gli albi a fumetti, non solo ha dimostrato in Lo chiamavano Jeeg Robot che l’Italia può avere un supereroe, ma adesso dimostra che l’Italia può uscire dai suoi confini pur restando italiana, fare un film di guerra, mettere su un’impalcatura complessa, commovente e divertente al contempo, con un bellissimo cast, una bellissima sceneggiatura, un soggetto interessante, parlare di viaggi temporali… tutto questo è divenuto possibile.

E la scenografia? Che meraviglia… in questa Roma bombardata, questo straordinario tendone del circo tedesco, dapprima così grande e poi così piccolo, microscopico come questi piccoli nazisti, in confronto a questi quattro grandi eroi. All’Italia basta solo una cosa: avere registi come Mainetti. E non abbiamo idea di quanto ne abbia bisogno. Anzi, forse dopo aver visto un film del genere, di cui potreste faticare a trovare difetti, ne avrete pienamente il sentore. Forse, non abbiamo bisogno di supereroi, ma di super-registi.

Badate alla protagonista, Aurora Giovinazzo, epica quanto il film. O a Pietro Castellitto, per non parlare del cattivissimo Franz, interpretato con immensa bravura da Franz Rogowskj. Veramente un cast strepitoso. Mi sa che vado a rivedermelo pure oggi questo grande, grandissimo film, ITALIANO. E chi l’avrebbe mai detto?

Nasce nella provincia barese in quel del '94 con l'assoluta certezza di essere Batman. È in grado di vedere sette film al giorno e di finirsi una serie tv in tempi sovrumani. Peccato che abbia anche una vita sociale, altrimenti adesso sarebbe nel Guinness dei primati...