Joker (2019) – Recensione – Todd Phillips

Joker è un film che sovverte e al tempo stesso conferma la genesi di uno dei villains più famosi della storia dei fumetti.


In Joker, mentre si osserva la straordinaria interpretazione di Joaquin Phoenix e si mettono insieme tutti i pezzi di questa storia, non si è tanto sicuri di chi sia dalla parte della ragione. Arthur è un uomo che sta cercando con tutte le sue forze di inserirsi nella realtà di Gotham, di viverci dentro da normale cittadino; i suoi sforzi sono sovrumani perché ostacolati dai suoi problemi mentali che lo portano spesso a non comportarsi in modo conforme alle regole della società.

Se nel panorama di film ambientati nella nostra realtà questo è un tema che ha abbastanza stufato (la persona con problemi mentali che è trattata male e infine esplode e passa dalla parte del torto), in Gotham City è semplicemente la cosa più plausibile del mondo. Ecco, guardare questo film con la consapevolezza che siamo a Gotham lo rende ancora più interessante.

Al di là di Joaquin, che è straordinario, e della sceneggiatura ottima, a me fa impazzire il fatto che Gotham City è un mondo a parte in cui non sei del tutto sicuro di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Ed è proprio questo uno dei punti di forza del film: forse per la prima volta ho avuto la percezione fortissima che Gotham City è un posto in cui o sei ricco sfondato o sei un criminale, non c’è via di mezzo, e che nessuno, ma proprio nessuno è dalla parte della giustizia, quella fatta di buon senso e rispetto verso il prossimo.

Personalmente mi sono trovata spesso a pensare che in quel posto ha più senso Joker che Batman, che la maggior parte della gente che vive lì dovrebbe imparare che a volte chi viene vessato risponde, e risponde al massimo della brutalità a cui gli abusi subìti l’hanno portato. Il film è bravo a far intuire, poi, che in Gotham City la genesi di un villain come Joker è esattamente la stessa di quella di un supereroe come Batman; la linea che divide l’uno dall’altro è così sottile quanto sottile è la differenza tra bene e male, sempre più difficile da stabilire da quelle parti.

Joker è uno di quei film che fermano il tempo, che vorresti non veder mai finire perché la storia che racconta cattura e diventa sempre più interessante.
Anche chi non sa nulla dell’universo DC ha la percezione che il finale di questo film sia in realtà l’inizio di qualcosa di molto più grande. L’altro punto di forza del film è l’averci parlato finalmente del Joker senza Batman. Questo è Joker e basta, il villain senza la sua nemesi. Cambia tutto.

Nell’universo dei fumetti si sa quanto è importante che ogni supereroe abbia la sua nemesi. Ma è vero anche il contrario e cioè che ogni villain ha la sua nemesi in un supereroe. Il fatto che qui Joker si esprima non in funzione di Batman, ma solo per se stesso, rovescia il punto di vista quel tanto che basta a farti pensare, almeno per un po’, che in quell’orrore di città l’unico supereroe potrebbe essere giusto lui.

Arthur definisce la sua vita “a comedy” e in quel modo sono state impostate certe parti del film in cui si passa da scene tragiche a quel tocco di comicità che è proprio delle commedie. Perfino le scritte dei titoli di testa e di coda hanno il sapore delle commedie anni settanta. In realtà nella vita di Arthur non ci sono motivi per ridere ed è crudelmente ironico che una delle sue patologie sia una sorta di risata isterica prolungata che scaturisce nei momenti meno opportuni.

Arthur dice “The worst part of having a mental illness is people expect you to behave as if you don’t” (La cosa peggiore dell’avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che tu ti comporti come se non l’avessi) e per tutta la durata del film si avrà la sensazione che gli sforzi immensi di Arthur possano essere ripagati, che lui possa trovare il modo di mettere su una faccia felice, di dipingersi addosso una faccia felice, e far combaciare quella risata isterica con il suo aspetto e la sua anima.

Ma siamo a Gotham City e lì se non sei il Joker, sei solo un pagliaccio che finisce preso a calci per strada. E diventa più facile scegliere chi diventare dei due.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.
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