Black Mirror – Approfondimento Stagione 1 Episodio 2 – Fifteen Million Merits

Il protagonista di questa storia mi ricorda un po’ un rapper, un artista underground degli anni ’90, ma anche di oggi. Poi vi spiegherò perché. Molti degli episodi di Black Mirror non hanno contesto.

Trovo questa particolarità di Black Mirror eccezionale soprattutto da un punto di vista narrativo; come dicevamo è difficilissimo far capire in un’ora scarsa in che universo ci troviamo, cosa muove tale universo, quali sono i suoi valori, i suoi difetti. Difficile tratteggiare un personaggio tanto bene da farti affezionare ad esso o quantomeno da farti interessare alla sua storia. Appunto, i racconti brevi di cui parlavo e che se non sei un grande scrittore sono una forma narrativa insidiosa.

Il secondo episodio della prima stagione di Black Mirror è piuttosto pittoresco, forse più degli altri.

È tutto immerso nel virtuale; pubblicità, canali di intrattenimento, social, avatar, valuta, tutto è virtuale tranne chi muove questo immenso meccanismo e cioè esseri umani. Rinchiusi in questi edifici dove vivono e lavorano, ogni giorno si alzano e cominciano a pedalare su delle cyclettes guadagnando meriti e accumulandoli. Con quelli poi possono comprare cose per i propri avatar (vestiti, accessori, come per i personaggini di Animal Crossing), avere una dose di dentifricio per lavarsi i denti, comprare cibo alle macchinette…E possono pagare per la rimozione dei messaggi pubblicitari che sono a raffica, ovunque, martellanti. Occasionalmente, se di meriti ne hanno veramente tanti (15 milioni appunto), possono comprarsi un biglietto per partecipare ad un talent show ed aspirare ad una vita migliore.

Ma così come gli esseri umani di questo universo non sanno bene per cosa stanno pedalando, di fatto non sanno neanche per cosa vogliono diventare famosi. Oddio, da dove comincio coi paragoni con la nostra società moderna? Quanti sono oggi a pedalare e pedalare senza sapere dove stanno andando, senza sapere a quale motore stanno dando energia, per chi lo stanno facendo? È l’esatta descrizione di molti dei lavori che ci si ritrova a fare oggi, sfruttati, sottopagati, con la sensazione di non star facendo nulla di utile.

E quanti aspirano così a diventare famosi, ricchi, avere una vita migliore? E nemmeno importa per cosa si diventa famosi, basta esserlo. Bing, il protagonista, in questo è strano. Non sembra essere interessato ai meriti, non sembra essere interessato alla fama. Lavora e basta. Non è dato sapere se pedalare è un obbligo per tutti, ma pare di sì visto che si finisce in queste prigioni a ventun anni, almeno sembra che per certe classi sociali non ci sia altra scelta. Se sei mediamente carino pedali, se sei brutto raccogli immondizia. Quelli veramente belli invece possono aspirare ai talent show.

Sta di fatto che Bing ha ereditato da suo fratello morto questi quindici milioni di meriti e all’interno della struttura fa una vita migliore degli altri suoi colleghi, perché si può permettere cose costose come la rimozione di un annuncio pubblicitario o un pranzo decente durante la pausa. In tutta questa squallida tristezza che succede? Arriva una nuova ragazza a sostituire un declassato e Bing, dopo averla sentita cantare, se ne innamora. E lei è anche molto bella, può aspirare al talent show. Bing le regala i suoi meriti, rimanendo quasi a secco lui stesso, pur di darle l’opportunità di sfondare come cantante.

Bing ha il cuore al posto giusto. In quella società c’è davvero la convinzione che sfondare nel mondo dello spettacolo porti ad una vita migliore. Quando Bing propone questa cosa ad Abi compie un vero gesto nobile e dettato da genuino altruismo. Lei ha una voce bellissima, è bellissima, perché non dovrebbe riuscire? Ma la società in cui vivono è merda ed è merda quel fantomatico mondo dello spettacolo. Abi, dopo una toccante esibizione con una canzone che poi farà da colonna sonora a quasi tutte le stagioni di Black Mirror, viene convinta che la sua unica strada come intrattenitrice è il porno e che è sempre meglio che pedalare, no?

E così Bing ritorna alla sua bicicletta, avvilito, disperato per la fine che Abi ha fatto e non può più nemmeno skippare le pubblicità che passano, con la ragazza in abiti succinti presentata come la nuova diva del porno, perché non ha più abbastanza meriti per farlo. È qui che Bing mostra la sua ultima prova di nobiltà d’animo. Si arma, si mette a pedalare senza spendere più un merito, prepara un numeretto del cavolo per presentarsi al talent show e mesi dopo, quando può permettersi un altro biglietto, si presenta di fronte ai giudici.

Puntandosi un pezzo di vetro al collo farà un monologo colmo di rabbia e risentimento nei confronti della società, di chi la muove, delle profonde ingiustizie che vi regnano. Esattamente come farebbe un cantante rap, che denuncia orrori ed ingiustizie di un mondo che spolpa gli altri per profitto e poi li sputa, e ad altri ancora nemmeno dà una possibilità. E proprio come la stragrande maggioranza degli artisti che fanno la stessa cosa oggigiorno, Bing si ritrova alla fine a piegare la testa ed accettare di entrare proprio in quel sistema di cui ha denunciato ogni orrore.

Viene assunto come intrattenitore per fare quello stesso tipo di discorso una volta alla settimana di fronte a tutti, ma stavolta dalla sua lussuosa camera con vista, piena di comfort e senza dover mai più pedalare in vita sua. Diventa uno di loro. Quella stessa denuncia fatta con così tanta fatica e rabbia perde ogni tipo di significato una volta portata in quel sistema che criticava. Come battersi tutta la vita per dei principi e poi, pur di entrare in politica e sedersi sulla tanto amata sedia, scegliere un partito che quei principi li rinnega dal primo all’ultimo.

Come fare il giornalista ed essere sovvenzionato da una serie di potenze di cui non potrai mai denunciare le brutture, no? Sono i datori di lavoro. Così Bing si trasforma da possibile V ad un ipocrita qualunque che fa finta di contrastare un meccanismo in cui invece vive, mangia e sguazza. Che poi sarà pure una gabbia d’oro, ma sempre gabbia è, tanto per citare Tiziano. Baratta i suoi valori per una vita migliore e quella possibilità che gli danno di parlare alla gente e farsi ascoltare si perde proprio nel fatto che coloro che vengono accusati e denunciati sono gli stessi che consentono a lui di fare quella trasmissione. E il cerchio si chiude; nessuno prenderà mai le parole di Bing per qualcosa di più dello spettacolo settimanale di un ipocrita.

Il sistema sapeva già come vincere su un’insurrezione del genere, l’ha sedata nel modo migliore, mettendo il culo al caldo e dando un contentino all’unica persona che aveva tirato su la testa per quei cinque secondi. Almeno a Bing è andata meglio che a Abi, perché anche in questa società la donna viene ridotta ad oggetto sessuale per il piacere maschile. Tra le due cose chiaro che anch’io sceglierei la fine che ha fatto Bing, piuttosto. Ecco, mi sono chiesta… Cosa farei io in questo contesto? Perché nel mio mondo, questo mondo qui, non sarei mai quella che rinnega i propri principi per nessun motivo. Non mi vedreste mai ad una delle trasmissioni televisive italiane di oggi nemmeno per pubblicizzare il mio libro.

Non assocerei la mia faccia o mi farei pagare da qualcuno che poi, che ne so, fa esperimenti sugli animali, o si produce in esternazioni omofobe. Dovrebbero fregarmi alla grande perché succeda una cosa del genere, non sarebbe mai per mio volere. Ma in quel mondo lì, che cosa mai potrebbe fregarmene? Per chi dovrei battermi in una situazione già così squallida? No, farei quello che ha fatto Bing. Certo il problema è che essendo percepita come donna a me toccherebbe sicuramente un’altra sorte, e lì probabile che piuttosto ammazzerei qualcuno, ma nell’ipotesi di fare la fine di Bing sì, accetterei, che mi frega del resto dell’umanità? Continuassero a pedalare.

C’è una cosa che viene ribadita in questo episodio di Black Mirror e che io sostengo da una vita: l’intrattenimento è di fondamentale importanza per la nostra cultura.

Io non posso sentir dire: è solo un telefilm, è solo un video gioco, è solo un libro. Noi siamo ciò che per anni, anni e anni ci hanno mostrato in televisione, ci hanno fatto sentire in radio, ci hanno fatto leggere. Chi pubblica, produce intrattenimento ha l’obbligo assoluto morale di variare i contenuti che ci vengono propinati perché tutti abbiano rappresentazione, perché i messaggi siano diversi e non ci sia nessun tipo di indottrinamento da nessun mezzo di diffusione di massa.

E così non è. Siamo indottrinati da una vita. Sul sesso, sulla sessualità, su come si vive, su cosa è giusto, cosa è sbagliato, cosa è strano e cosa è normale. E così anche nel mondo di Bing. Se pedali e lavori sodo puoi diventare famoso! Invece no, non funziona così. Ma tutti ci credono, perché quello sentono dire dalla televisione ventiquattr’ore su ventiquattro. Questo è un episodio, secondo me, di pura rassegnazione.

E una menzione speciale va al montaggio ellittico mentre Bing si massacra di lavoro; c’è un palese omaggio a Requiem for a Dream, perché la musica sotto ricorda tantissimo Summer Overture. Se non avete mai visto Requiem for a Dream ve lo consiglio e vedrete quanto bene si sposa con questo episodio di Black Mirror.

Scrivere rappresenta tutto ciò che sono, il resto è aria. Conviviamo in tanti nella mia testa e stiamo tutti una favola. Amo ciò che si lascia interpretare: non ho bisogno di sapere tutto, ditemi qualcosa, il resto me lo invento io. Libri, film, serie tv, videogiochi, manga, comics, anime, cartoni, musica... da tutto ciò che è intrattenimento posso imparare tanto e posso soprattutto trarre ispirazione, quindi ringrazio che esista. Ciò non significa che io non possa criticare anche ciò che amo, lo amo ugualmente senza per quello esserne accecata. It's fine to be weird. Live free or die. Canzoni della mia vita: The Riddle (Five for Fighting), Una Chiave (Caparezza), Dream (Priscilla Ahn). Film della mia vita: Donnie Darko, Predestination, Big Fish, The Shape of Water, Men & Chicken... Non esistono sessi, non esiste una sola forma d'amore, non è tutto bianco, non deve sempre vincere la maggioranza se la maggioranza è ferma nel Medioevo.