Benvenuti in questa nuova piccola rubrica dal titolo WATCHLIST!
Qua non troverete mai Il padrino o 2001: odissea nello spazio. Non vogliamo consigliarvi pietre miliari della cinematografia che, se vi trovate sul nostro sito, avrete quasi sicuramente già visto.
In questa pagina apriamo una serie di consigli su film non certo minori ma che nella storia della settimana arte, talvolta anche ingiustamente, non hanno trovato lo spazio che meritavano.
Vi presento La vita di O-Haru – Donna galante di Kenji Mizoguchi
Mizoguchi, insieme a Ozu e Kurosawa rappresenta per me una parte del trittico imprescindibile del cinema giapponese. Questo film è un vero manifesto del femminismo per ogni tempo.
Il film, presentato nel 1952 al festival di Venezia, vede al centro della storia la figura di una donna rovinata e sottomessa dall’avidità e dalla meschinità dell’uomo, in un contesto affascinante realizzato dal regista nei minimi particolari, dando alla vicenda un realismo sorprendente.
La storia di O-Haru che nel 1658 si innamora di un uomo di una classe sociale più bassa della sua e per questo viene esiliata con tutta la famiglia da Kyoto. Che trova un’occasione di rivalsa come concubina di un nobile signore, dopo una memorabile scene di ricerca della ragazza perfetta, che sulla pelle non abbia neanche un neo. E che una volta sfruttata per partorire l’erede della famiglia, viene comunque cacciata dal palazzo e si ritrova a fare la prostituta. La sfortuna di O-Haru che alla fine trova un brav’uomo che la sposa e con il quale apre un negozio di ventagli. L’uomo viene ucciso da un ladro e lei di nuovo sulla strada decide di farsi monaca.
Fin quando un creditore chiede indietro dei tessuti donati sottobanco alla donna da un suo commesso. Ma con quei tessuti O-Haru ha già composto un magnifico kimono, che allora stizzita si toglie e getta in faccia al creditore. Scoperta nuda con l’uomo da una monaca viene cacciata anche dal monastero. Una serie di scene che non finisco qui di elencare e che ci raccontano le penose vicende della donna nel XVII secolo in Giappone. Una pietra miliare del cinema giapponese. Che ancora oggi fa molto riflettere.
E la regia pacata di Mizoguchi. Che mostra ogni sfumatura dell’animo umano con la sua macchina da presa e che senza mai avvicinarsi troppo ai soggetti sembra voglia dirci: E’ così… e purtroppo è ancora così.
Buona visione!
Stefano Chianucci
Vota o Commenta