Dopo WandaVision anche la seconda serie Marvel approdata su Disney+, The Falcon and The Winter Soldier, giunge al suo episodio finale, perfetta esemplificazione dell’essenza del prodotto.
“Un mondo, un popolo” si rivela perfettamente in linea con le aspettative configurandosi come un solido episodio che, come ogni terzo atto di un cinecomic che si rispetti, porta sullo schermo una buona dose di scene d’azione e di combattimento ben dirette, coreografate e post-prodotte, per poi chiudere ogni arco narrativo rendendo The Falcon and The Winter Soldier una serie che, al contrario di WandaVision, risulta perfettamente autoconclusiva, nonostante la sua appartenenza ad un universo produca continui rimandi a prodotti passati e indizi per quelli futuri.
La redenzione di John Walker
I ribaltamenti e i colpi di scena principali, più o meno inaspettati, sono fondamentalmente due: la scoperta dell’identità di Power Broker, la doppiogiochista Sharon Carter che sicuramente avremo modo di vedere in prodotti futuri nella sua reale essenza, crea un sussulto non indifferente ma resta comunque entro un certo limite di prevedibilità; la nuova piega scelta per John Walker, invece, risulta positivamente spiazzante, invertendo la parabola discendente avviata dal personaggio sin dal primo episodio per una possibile graduale redenzione, non più attuabile per mezzo della figura di Captain America, che Walker stesso ha contribuito ad infangare con le sue azioni, ma attraverso una nuova iniziativa, apparentemente anti-eroistica, promossa dalla Contessa Valentina Allegra de Fontaine, che si presenta come una risposta “marveliana” alla Suicide Squad di casa DC. John Walker, ribattezzato sul finale con il nome fumettistico U.S. Agent, rientra in possesso del lume della ragione e ritorna a fare del bene ispirato dall’aurea dell’amico defunto Lemar Hoskins, preferendo così alla vendetta nei confronti di Karli Morgenthau il salvataggio di un gruppo di civili messi in pericolo dal gruppo dei Flag-Smashers, che saranno poi messi definitivamente al sicuro dall’intervento di Sam Wilson, neo-Captain America, in una sequenza di salvataggio che potrebbe ricordare vagamente, in una scala irrisoriamente inferiore, Spider-Man 2 di Sam Raimi, in cui un Peter Parker interpretato da Tobey Maguire tenta di salvare centinaia di innocenti dall’attacco ad un treno da parte di Doctor Octopus.
Tra Thanos e GRC
Sam Wilson si riconferma l’assoluta colonna portante della serie nella sua nuova veste di Captain America, molto fumettistica e calzante a pennello, mantenendo perennemente una posizione di centralità nelle inquadratura che lo vedono affiancato al team dei buoni e configurandosi come assoluto show-stealer nelle sequenze di combattimento e di salvataggio aereo, contornate da un’ottima resa fotografica notturna e un uso praticamente impeccabile dell’effettistica speciale. Arriva al culmine il rapporto tra Karli e Sam, con quest’ultimo che prova in ogni modo a fermare l’ira indotta della leader dei Flag-Smashers, ma Sharon riuscirà ad uccidere per scopi puramente personali la ragazza ponendo il tutto come difesa nei confronti di Wilson, in una scena che culmina non con il pathos atteso e dovuto, con una morte di Morgenthau abbastanza frettolosa, che porta ad un immediato pentimento forzato ed anticlimatico. Il tutto sfocia in un momento di eccessiva ed ingiustificata retorica che tende a riassumere tutti i punti cardine della serie quando, in maniera eccessivamente didascalica, Sam, nei panni di Captain America, mostra ai funzionari del GRC come Karli non fosse una terrorista, ma come in realtà avesse subito eccessivamente le conseguenze di una politica stringente, ingiusta, non attenta ai diritti umani, evidenziando invece quanto la classe dirigenziale possa risultare fatale per intere comunità, se non addirittura per il mondo intero, alla pari di un semi-dio come Thanos, con un accostamento analogico dalla potenza inaudita e che, come evidenziato nelle recensioni degli scorsi episodi, mostra la maturità di un prodotto che sposta il suo focus da galassie lontane e nuovi universi per concentrarsi sul nostro mondo, più che mai vessato e in pericolo.
Captain America and The Winter Soldier
La terza parte dell’episodio produce un senso di appagamento notevole, facendo approdare alla loro meta tutte quelle questioni aperte durante le prime puntate che culminano in un punto di arrivo, non definitivo, per i protagonisti. A minaccia sventata Bucky fa tesoro delle parole di Sam ed avvia ufficialmente il suo vero percorso di ammenda, partendo dalla rivelazione al signor Nakajima, uno dei suoi pochi amici, della colpevolezza del Soldato d’Inverno nell’omicidio del figlio, prefigurando un futuro luminoso e libero da tormenti, incubi e sensi di colpa lancinanti. Sam Wilson, invece, dopo aver riscattato la figura di Captain America attuando una rivoluzione epocale e donando giustizia al suo popolo, pone uno sguardo al passato per rendere il futuro un tempo migliore: omaggia Isaiah Bradley, suo mentore morale durante tutto l’arco della durata di The Falcon and The Winter Soldier, e ciò che la sua sofferenza ha rappresentato per le sorti del mondo intero, rendendo nota la sua storia attraverso una statua e una targa allo Smithsonian. Il lieto fine della mini-serie è marcato da quel “Captain America and The Winter Soldier“ che invade lo schermo prima dell’avvento dei titoli di coda e che rende gli spettatori veramente consapevoli per la prima volta di come questa serie sia entrata nel cuore dei fan del Marvel Cinematic Universe e non, che ora non possono fare altro che aspettare con trepidazione l’appena annunciato quarto film dedicato a Captain America.
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