30 anni da Il silenzio degli innocenti, il thriller che ha aperto gli anni ’90

Un romanzo inedito

Thomas Harris è uno scrittore statunitense nato nel 1940. Possiamo dire che ha due fondamentali caratteristiche (oltre alla buona scrittura): è poco prolifico (6 romanzi in 45 anni) e terribilmente schivo. Non rilascia infatti interviste dal 1976, anno in cui, ancora non certo famoso, vende i diritti cinematografici del suo primo romanzo, un thriller dal titolo Black Sunday.

Questo gli permette di concentrarsi a pieno sulla stesura del suo secondo libro, Red Dragon (1981) e del suo seguito: Il silenzio degli innocenti (che in inglese si intitola letteralmente “il silenzio degli agnelli” – The silence of the lambs). Ed è questo romanzo del 1988 a diventare la scintilla di una corrente della cinematografia americana dei prossimi anni ’90. 

Fine degli anni ’80. Next.

Negli anni ’80 il cinema si era infatti sbizzarrito con storie fantastiche ed effetti speciali e i registi della nuova generazione (Spielberg, Lucas, Carpenter, Cronenberg, Raimi, Scott…) avevano dipinto la settima arte con vere e proprie icone che sarebbero durate nell’immaginario del pubblico nel loro stretto legame con quel cinema definibile come “fumettoso” e in generale col mondo del fantastico, del soprannaturale, fantascientifico o non plausibile.

Mancava da anni un thriller nudo e crudo (crudissimo in questo caso, forse) e quel thriller sarebbe stato di li a poco Il silenzio degli innocenti.

Nel 1989 la Orion Pictures acquista i diritti del romanzo e il regista Jonathan Demme (purtroppo scomparso da pochi anni nel 2017 in seguito a complicazioni legate sia ad un tumore che al cuore) inizia le riprese del film il 15 novembre 1989.

Grandi attori.

Per la parte del serial killer Hannibal Lecter, ex psichiatra e criminologo, detenuto da otto anni nel manicomio criminale di Baltimora con l’accusa di aver ucciso alcuni suoi pazienti e di averne divorato i corpi, viene scelto l’attore britannico Anthony Hopkins. Il ruolo lo porterà ad un successo straordinario. Stesso successo che investirà l’attrice scelta per la parte dell’agente Clarice Starling, una ventottenne Jodie Foster. 

E con una trama come quella di Harris in cui una giovanissima agente dell’FBI è costretta a farsi aiutare da un serial killer per catturarne un altro (uno psicopatico assassino, terrore di giovani donne formose che aggredisce e scuoia), in cambio di ricordi salienti della sua vita personale e due attori di tale calibro e bravura a interpretare due personaggi così originali e sensati, oltre che credibili… il thriller è servito al pubblico su un piatto d’argento.

Un thriller adulto

Ma è un thriller pieno di elementi adulti. L’angoscia per il presente, quella per il passato. Una donna sola in un mondo di uomini. I colleghi dell’FBI, che vedono Clarice come una preda, tanto e forse di più degli omicidi vicini di cella del Dottor Lecter. E poi lui, il male assoluto che male assoluto non è. Anzi, lucida impersonificazione della vita stessa, che spreme, domanda, invade Clarice. La scava nel suo intimo in cambio di importanti rivelazioni, per puro sadismo o forse no. Per pura curiosità, per creare un affetto, un legame impossibile per lui da troppi anni. Un rispetto. E così la aiuta, come fa la vita con le sue lezioni più terribili, la porta a realizzarsi come donna, come agente, ma facendole vedere quanto sia fasulla la sua carriera, sbagliato il sistema per il quale porta tanto rispetto e devozione. Clarice e Hannibal, forse più simili di quanto loro stessi possano credere o forse no. Punti di vista.

Il rapporto viene approfondito dal sequel di Ridley Scott girato a Firenze nel 2001, con Hannibal. E, pur totalmente diverso, film a mio avviso comunque degno di nota. 

Autorialità di un regista

Eppure Demme riesce al meglio a sfruttare trama e doti attoriali dei suoi protagonisti. Il silenzio degli innocenti è stato e rimane l’apice della sua autorialità, lui che era uno dei registi della scuderia del suo maestro Roger Corman (che dire!) e che quindi di grandi mostri non poteva che essere un esperto. Lui che ha saputo dare vita ad un film strutturalmente complesso, lineare nella trama si, ma complesso nell’animo dei suoi personaggi. Da Lecter a Clarice Starling, al serial Killer Buffalo Bill. Tutto in questa sceneggiatura va a confluire in un film perfetto che chiude definitivamente gli anni ’80 per aprire in bellezza una nuova era del cinema, quella di quegli anni ’90 che riporteranno nelle trame e nel modo di presentare i propri personaggi una cupezza e una veridicità che al cinema da forse troppo tempo ormai mancavano quasi completamente. Certo gli anni ’80, come detto all’inizio di questo pezzo, con la loro fumettosità e la loro peculiare vena fantastica si iniettano negli anni ’90, ma questi saranno comunque intrisi di storie reali, vicine al sentire di una nuova era politica per l’America e per il mondo. Basti pensare ad un altro film di Demme di soli tre anni dopo come Philadelphia. 

Il silenzio degli innocenti usciva nei cinema americani il 30 gennaio 1991. 30 anni fa.

Arrivava in Italia il 5 marzo dello stesso anno.

“È un mostro. Uno psicopatico puro. È così raro catturarne uno vivo. Dal punto di vista scientifico, Lecter è il nostro elemento più prezioso”.

 

Quale curiosità sul film.

Il silenzio degli innocenti diventa un successo enorme e agli Oscar del marzo 1992, in cui si premiano i film dell’anno precedente diventa il Miglior Film dell’anno 1991. Ma si guadagna anche un primato che condividerà solo con due film precedenti (Accadde una notte di Frank Capra del 1934 e Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman del 1975), cioè quello di vincere la statuetta per miglior film, miglior regia (Jonathan Demme), miglior attrice (Jodie Foster), migliore sceneggiatura (Ted Tally) e miglior attore (Anthony Hopkins). I 5 oscar fondamentali. Unico thriller a possederli.

Jonathan Demme, Jodie Foster e Anthony Hopkins agli Oscar del 1992, dove vinsero per Il silenzio degli innocenti come miglior film, miglior regia (Demme), miglior attore (Hopkins) e miglior attrice (Foster)
(AP Photo/Reed Saxon)

La locandina del film è una sfinge testa di morto (Acherontia atropos), una particolare falena che ha un disegno sul dorso assomigliante a un teschio. Osservando attentamente questo teschio si nota che è formato da sette donne nude, in verità una miniatura di una foto fatta realizzare dal pittore spagnolo Salvador Dalí molti anni prima. 

Demme avrebbe preferito Meg Ryan al posto di Jodie Foster. Per fortuna la scelta è poi caduta su quest’ultima.

La critica

“Da una superproduzione con tutti i crismi di lusso, esce invece una traduzione letterale del libro, con tutte le sue incredibilità e le sue rozzezze ben confezionate dalla perfezione assoluta della regia, del montaggio, della fotografia, e dall’interpretazione di due ottimi attori impegnati a farci accettare una schermaglia che ha dell’incredibile.” (Irene Bignardi, “La Repubblica”)

“Si deve comunque proprio a Demme se il film non è del tutto da buttar via perchè, nonostante i sanguinosi grovigli certi climi sono evocati con le giuste tensioni.” (Gian Luigi Rondi, “Il Tempo”)

 

Stefano Chianucci

Stefano "TheMoviemaker" Chianucci - Nato a Firenze, dopo la laurea in Storia della Musica per Film con una tesi sulla musica di Star Wars, ha vissuto a Roma dove ha lavorato in alcune fiction italiane brutte brutte. Ora di nuovo a Firenze, si occupa di formazione. Sembra serioso come Darth Vader ma se lo conosci meglio è l’anima della festa come Voldemort!
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