Oltre Lo Specchio Festival – Recensioni Sparse – Cine60

Tre film di stampo fantascientifico recensiti nei consueti 60 secondi. Cosa ne penso di ANONYMOUS ANIMALS, DEAD DICKS e THE ANTENNA, dopo averli visti grazie ad Oltre Lo Specchio Festival 2020!

 

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Anonymous Animals (2020) – Baptiste Rouveure – Recensione

Non posso negare che alla lettura della sinossi del film e al primo occhio buttato sulla sua locandina, la mia curiosità era salita a mille. La foto in copertina di quest’alce antropomorfa, vestita da cacciatore umano e con lo sguardo rivolto verso un’affascinante foresta montana, era riuscita nell’intento di destare la mia attenzione. Dopo pochi minuti dalla pressione del tasto play, però, ho dovuto smontare il mio sognante entusiasmo.

Anonymous Animals è semplice: gli animali cacciano, gli esseri umani sono le prede.
L’idea risulta affascinante, seppur banale, e le possibilità nella costruzione di un mondo distopico avente come base questa premessa erano molteplici. Purtroppo mal sfruttate. La mancanza di una trama dal giusto piglio, le incongruenze di un mondo appena scoperto e le evidenti magagne tecniche non riescono a tenere alta né la tensione né l’interesse.

Le due trame raccontate tramite il montaggio intrecciato non hanno mordente, l’assenza di dialoghi non aiuta l’approfondimento caratteriale. Il film si riduce ad un semplice mostrare gli esseri umani trattati da animali da degli animali che si comportano da esseri umani. Se non fosse per le teste da animali, Anonymous Animals non avrebbe nulla di caratteristico. Le motivazioni che portano alcuni esseri umani “da macello” ad essere puliti e vestiti di tutto punto pur essendo all’interno di un mattatoio, gli animali ad essere vestiti da cacciatori e con abitudini umane e non animali senza avere le loro peculiari abilità di specie… tutti fattori che portano ad una estraneazione dal contesto che non ci permette di prendere sul serio nulla di ciò che vediamo.

Fotografia dal colorgrading ballerino, piatta, con quadri scomposti e oggetti tagliati dall’inquadratura, una regia che utilizza vari movimenti di camera e scelte artistiche inutilmente, recitazioni decenti, ma che non emozionano e dulcis in fundo… un montaggio che pare randomico grazie a degli stacchi privi di tempismo e dissolvenze a nero veramente casuali.

Mi dispiace per il regista Baptiste Rouveure, ma almeno in questo caso, non buona la prima.

Dead Dicks (2020) – Chris Bavota & Lee Paula Springer – Recensione

Dopo la delusione del film descritto in precedenza, Dead Dicks è riuscito a risollevare le sorti della mia serata. Commedia black con base fantascientifica che incuriosisce fin dall’inizio e riesce a mantenersi su livelli decenti per tutta la sua durata, toccando temi come l’amore fraterno e la depressione.

Una giovane donna entra in casa di suo fratello e trova il suo cadavere impiccato nell’armadio, nemmeno il tempo di piangerlo che alle sue spalle appare suo fratello nudo mangiando cereali che appare sorpreso quanto lei di vedere un suo clone morto.

Da questo incipit la trama va complicandosi con battute e gag simpatiche, seppur non eccelse. Tecnicamente il film si palesa molto più amatoriale che indipendente, per colpa di una fotografia casalinga e non particolarmente profonda. La recitazione dei due protagonisti e una scrittura sufficiente riescono a tenere tranquillamente in piedi il lungometraggio che si lascia guardare volentieri fornendo qualche spunto di riflessione interessante.

Nulla di trascendentale, sia chiaro, ma il duo Chris Bavota & Lee Paula Springer hanno successo nel tentativo di produrre un film dai toni commediali, splatter il giusto e fantascientifici il necessario.

The Antenna (2019) – Orcun Behram – Recensione

Film turco dallo stampo horror psicologico, ma non troppo, The Antenna di Orcun Behram si presenta nelle sue fasi iniziali con una fotografia ben composta e una scenografia in grado di comunicare una macabra sensazione di vuoto.

Un portiere condominiale si trova a fare da factotum nel suo luogo di lavoro in un giorno speciale: il giorno in cui tutta la città avrà installato delle particolari antenne paraboliche su tutti i suoi tetti. Il suicidio del tecnico installatore e gli strani avvenimenti che si desteranno nel corso della giornata porteranno il nostro protagonista ad affrontare un liquido nero pece dalle intenzioni sinstre.

Come accennato in apertura di paragrafo, la fotografia del film e la scenografia sono sicuramente i punti forti del film. Una composizione bilanciata, una buona nitidezza e inquadrature interessanti comunicano perfettamente l’idea del regista. Le ambientazioni spoglie, fredde e statiche invece incutono un velato senso di inquietudine. Plauso anche alla realizzazione del liquido nero, nemesi del protagonista, che nelle scene in computer grafica non perde mai eccessivamente in realismo.

La trama punta all’estraneazione degli spettatori nei riguardi della televisione e di come quest’ultima sia eccessivamente presente nelle nostre routine quotidiane. O almeno… questa è la chiave di lettura che il vostro affezionatissimo è riuscito a carpire da una messa in scena non particolarmente esaustiva che fa della sua cripticità il suo cavallo di battaglia, ma anche tallone di Achille. Lo svolgersi del secondo atto, infatti, appare confusionario e più attento nel cercare di suscitare ansia e paura che nel raccontare una trama con la sua tesi e antitesi.

Un’occasione sprecata purtroppo, che sa comunque tenere un certo interesse fino al finale, ma dubito riesca a convincere qualsiasi appassionato del genere.

Artista di Schrödinger. Fotografo e Videomaker freelance, ossia disoccupato perenne tra un progetto e l'altro. Tra cinema, videogiochi e cartoni animati, cerca la gnosi spirituale per poter sopportare chi segue il mainstream più del proprio cuore. Fincher, Lynch, Noè e Lanthimos i suoi punti di riferimento, che lo guidano in un turbinio di cinico romanticismo. In 60 secondi consiglia film, riuscendo a infilare qualche tecnicismo e qualche insulto. La sua filosofia si traduce in "Non sono misantropo, è che mi disegnano così."